08/06/2017, 11.19
QATAR - GOLFO - IRAN
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Golfo: Riyadh detta condizioni per la fine della crisi. Doha guarda a nuove alleanze

Il Qatar smentisce le voci di panico fra i cittadini e le lunghe file ai supermercati per accaparrarsi il cibo. Le persone commentano con ironia il blocco saudita. Ankara approva l’invio di truppe in Qatar in un’ottica di mutua difesa. Si tratta una soluzione della controversia. Intanto Doha rilancia la rete di rapporti con Cina, India, Russia.

 

Doha (AsiaNews) - La stampa araba filo saudita ha rilanciato notizie relative a un panico diffuso fra i cittadini del Qatar, in seguito alla rottura dei rapporti diplomatici e alla chiusura dello spazio aereo e dei valichi di confine via terra.  Fra le voci, smentite dai vertici di Doha attraverso filmati sul web, le presunte file davanti ai supermercati e la frenesia nella corsa all’accaparramento di derrate alimentari.

Nella capitale del Qatar la vita scorre come nulla fosse successo. Anzi, nonostante i divieti di critica e provocazione nei confronti dei Paesi del Golfo, i cittadini commentano con sarcasmo sui social media e ridicolizzano il blocco economico imposto da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (Eau). Nel mirino degli internauti in particolare l’embargo sui latticini e sulla frutta e verdura, che sono stati ormai sostituiti da prodotti freschi giunti direttamente dalla Turchia. Dei container pieni di formaggi e yogurt di marca Marajj, prodotta in Arabia Saudita e giunti ieri a Doha, sono stati rispediti al mittente dopo il diniego di ingresso da parte della dogana. Il Qatar, infatti, è ben lungi dall’essere isolato; al contrario, la crisi divampata nei giorni successivi alla visita ufficiale del presidente Usa Donald Trump nella regione non ha fatto altro che dividere le nazioni della regione in due blocchi. Da una parte l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrain; dall’altra il Qatar, l’Oman e metà dello Yemen e, in minima parte, anche il Kuwait.

Questa crisi ha spaccato il Consiglio di Cooperazione dei Paesi arabi del Golfo in due. La chiusura degli spazi aerei invece ha spinto il Qatar ad avvicinarsi ancor più all’Iran, il nemico numero uno che Riyadh e Abu Dhabi chiedono invece di combattere.

Sul piano militare, il Parlamento turco ha approvato ieri pomeriggio una risoluzione per inviare truppe in Qatar in base all’accordo di mutua difesa siglato nel 2014. Di certo vi è che le parole del presidente Usa Trump hanno riavvicinato ancor più Doha e Mosca. Inoltre, il rifiuto tedesco, britannico e francese di aderire in pieno alla campagna anti-Qatar ha spinto il ministro saudita degli Esteri al-Jubair a ricorrere al termine “sorella” per Doha. Il suo discorso di ieri è sembrato per molti analisti ed esperti un passo indietro da parte di Riyadh dopo una settimana di continua escalation della tensione. Dal canto suo il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti Anwar Karkash ha affermato ieri di volere un “cambiamento della politica” in Qatar e non “del regime”.

L’improvvisa campagna di lotta al terrorismo islamico lanciata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati contro il Qatar è fonte di ilarità per i cittadini arabi, che ben conoscono l’origine di Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico] e da chi è stato sostenuto per anni. Certo, questo non sminuisce il ruolo avuto dal Qatar né tantomeno quello dell’emittente televisiva al-Jazeera di cui Riyadh chiede ora la chiusura definitiva. Nella serata di ieri una fonte vicina al palazzo del potere a Doha, dietro anonimato, ha riferito ad AsiaNews di una possibile soluzione della crisi in termini favorevoli al Qatar, senza sottostare alle richieste di Riyadh e Abu Dhabi. “Domani - ha aggiunto la fonte - l’emiro Tamim Ben Hamad al-Thani sorprenderà tutti con una soluzione impossibile da rigettare”.

Fra le condizioni imposte da Riyadh e Abu Dhabi (10 per l’esattezza) per la riapertura dei rapporti diplomatici interrotti con Doha figurano: la rottura di rapporti con l’Iran, la chiusura definitiva dell’emittente televisiva al-Jazeera e di una serie di organi di stampa finanziati dal Qatar. Fra questi il quotidiano londinese in lingua araba al-Qods (Gerusalemme) fondato nel 1989, il sito news online Ashark al-Awsat, la rete televisiva Al Arabi Al Jadid creata in un primo momento dall’intellettuale arabo Asmi Bshara per competere con al-Jazeera; e ancora, la versione araba del quotidiano inglese Huffington Post e il quotidiano al Khalij al Jadid. Un’altra condizione è anche quella di espellere tutti gli attivisti dei Fratelli musulmani e di Hamas dal Qatar, con la chiusura delle loro sedi nel Paese e il congelamento dei loro conti bancari. A questa si aggiunge il blocco delle attività di molte “associazioni caritatevoli islamiche” attive nel Qatar e da tempo criticate anche dal Dipartimento di Stato Usa per i doni di “natura sospetta”. Beneficiari partiti e movimenti operativi in Paesi martoriati da guerre civili e dai venti della cosiddetta “Primavera araba”.

Dall’Egitto, che non ha mai perdonato al Qatar il sostegno dato ai Fratelli musulmani e all’ex presidente Morsi, arriva intanto un altro segnale di rottura: ieri, infatti, è arrivato l’ordine di cambiare i nomi di tutte le moschee costruite da cittadini del Qatar con nomi diversi da quelli dei benefattori che le hanno fatto edificare grazie al loro denaro.

Mentre dal Golfo arrivano segnali positivi di attenuazione della crisi - vedi l’ordine di cessare le campagne denigratorie contro il Qatar nella stampa saudita e degli Emirati -, in attesa di una soluzione giunge improvvisa la notizia della ricostituzione del “Fronte di salvataggio nazionale del Qatar”. Si tratta di un movimento dissidente sciolto subito dopo il passaggio dei poteri dal nonno dell’attuale emiro del Qatar a suo padre, ex emiro del Paese.

La rottura, anche se sanabile, ha comunque lasciato segni di cambiamenti indelebili nei rapporti fra i Paesi arabi del Golfo fino a pochi anni fa compatti nelle decisioni e sempre uniti in materia di politica ed economia estera. Il Qatar, inizialmente isolato, ne esce rafforzato e ha iniziato a rivedere le alleanze regionali e internazionali con Cina, Russia, Iran, India, fra i migliori candidati a un rafforzamento nei legami, senza sacrificare le alleanze in Occidente. Tuttavia, fonti interne in Qatar parlano di pressioni subite dal ministro della Difesa Khaled al-Atiya nelle ultime ore; egli sarebbe stato sottoposto a interrogatori, tenuti segreti dalla stampa, per presunte responsabilità nella diffusione sull’agenzia di stampa ufficiale delle frasi attribuite all’emiro del Qatar. Il riferimento è alle presunte dichiarazioni su Teheran attribuite all’emiro Sheikh Tamin bin Hamad al-Thani, risultato di un’azione di pirateria informatica secondo i vertici dell’Emirato, il casus belli che ha innescato lo scontro con i sauditi.

Secondo rivelazioni non confermate da altre fonti, il ministro al-Atiya sarebbe perfino sfuggito ad un tentativo (fallito) di assassinio avvenuto nel corso delle ultime 24 ore.(PB)

 

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