16/02/2007, 00.00
COREA DEL NORD – VATICANO
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Il Papa ha scritto una lettera ai cattolici nordcoreani

di Joseph Yun Li-sun
Si tratta della risposta della Santa Sede ad una cartolina di auguri inviata dall’Associazione dei cattolici coreani lo scorso Natale. Verrà consegnata nel corso della prossima visita della delegazione della Caritas a Pyongyang, il 27 marzo. Guida la delegazione mons. Lazzaro You Heung.
Seoul (AsiaNews) – Il Papa ha inviato una lettera ai cattolici nordcoreani, che verrà portata a Pyongyang da una delegazione internazionale della Caritas il prossimo 27 marzo. Guida la delegazione mons. Lazzaro You Heung-sik, vescovo di Daejou e presidente della Caritas coreana. E’ la prima volta che un presule ha il permesso ufficiale di recarsi nella capitale del Nord.
 
Lo dice ad AsiaNews p. Gerald Hammond, superiore regionale dei missionari Maryknoll, rientrato ieri da una missione a Kaesong, il complesso industriale nordcoreano che ospita i progetti di cooperazione economica con la parte sud della penisola.
 
La lettera della Santa Sede, spiega il missionario, “è la risposta ad una cartolina di auguri natalizi inviata a Benedetto XVI dall’Associazione dei cattolici coreani (NKCA: National Korean Catholic Association), pochi giorni dopo lo scorso Natale. Si tratta di un passo avanti, di un segnale positivo, verso la normalizzazione dei rapporti fra la Chiesa ed il regime”.
 
Nel corso della sua ultima visita, il p. Hammond - da 47 anni in Corea del Sud, uno dei pochi occidentali a cui viene permesso di portare aiuti umanitari alla popolazione nordcoreana - è riuscito a “strappare” al governo stalinista il permesso di portare la delegazione a Pyongyang nel corso della prossima visita, che si concluderà il 31 marzo.
 
Inoltre, la delegazione – composta da mons. You e da membri delle Caritas coreana, spagnola, giapponese ed americana – potrà recarsi in visita in un ospedale che si trova sulla costa est del Paese, dove porterà aiuti di tipo alimentare e sanitario.
 
Nel corso del loro ultimo incontro con la controparte nordcoreana, i delegati Caritas hanno trovato un’atmosfera “decisamente positiva: i colloqui a sei sul disarmo nucleare che si sono conclusi a Pechino rappresentano una vittoria per tutti noi, ma soprattutto per la popolazione nordcoreana, che ha un disperato bisogno di aiuto”.
 
Il test atomico del 9 ottobre scorso, infatti, aveva provocato il ritiro di tutti i progetti di sostegno internazionale: solo la Caritas, dopo un incontro a Roma, aveva deciso di continuare la sua opera umanitaria. Ora, sottolinea il sacerdote, “riprenderanno gli interventi delle nazioni, che daranno un grande aiuto a chi soffre”.
 
I segnali di disgelo inviati dalla Corea del Nord “sono da prendere in grande considerazione, perché rappresentano una prima assoluta nella storia dei rapporti bilaterali. Tuttavia, l’ottimismo deve essere sempre consapevole che sull’argomento è facile fare due passi avanti ed uno indietro”.
 
Tuttavia, “per ora le cose procedono bene. Abbiamo invitato tre rappresentanti del governo nordcoreano all’incontro della Caritas internazionale, che si terrà a Friburgo il prossimo aprile. Non hanno ancora risposto, ma i segnali sono positivi”.
 
Rimangono però diversi dubbi sull’Associazione dei cattolici e sull’effettiva presenza di battezzati nel Paese, che da oltre 60 anni porta avanti una spietata propaganda anti-religiosa. Il presidente della NKCA è Samuel Chang Jae-un, mentre il vice-presidente si chiama Paul Kang Jin-young. Negli edifici della rettoria e del quartier generale della “Associazione cattolica” non ci sono simboli religiosi, ma solo grandi ritratti di Kim Il-sung e Kim Jong-Il, con slogan politici.
 
Nel 1987 è stata costruita una chiesa per i cattolici, dove però non viene celebrata regolarmente la messa e dove non opera alcun sacerdote: per molti, si tratta di una sorta di “specchietto per le allodole” ad uso dei turisti che riescono ad entrare in Corea del Nord. Per questo, i delegati che si recano per portare gli aiuti alla popolazione evitano di partecipare alle funzioni e di concelebrarle.
 
Lo stesso arcivescovo di Seoul ed amministratore apostolico di Pyongyang, il card. Nicholas Cheong Jin-suk, aveva ricordato ad AsiaNews che “Prima della divisione c'erano 52 parrocchie e 50 mila fedeli nel Nord, mentre nel Sud c'erano circa 100 mila fedeli. Dopo il 1949, anno in cui mons. Hong Yong-ho e tutti gli altri sacerdoti sono stati incarcerati o costretti alla fuga, nessun sacerdote è rimasto vivo nel Nord. Non siamo in grado di dire che fine abbiano fatto i fedeli, e se ancora ve ne siano”. Secondo fonti vaticane, tuttavia, essi si aggirano intorno agli 800.
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