30/03/2015, 00.00
INDONESIA - FILIPPINE
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Indonesia, la Chiesa prega per una filippina condannata a morte ma ritenuta innocente

di Mathias Hariyadi
Mary Jane Fiesta Veloso, 30 anni e madre di due figli, verrà giustiziata nei prossimi giorni. Nel 2010 è stata arrestata perché sorpresa in aeroporto con 2,6 kg di eroina. La giovane è stata sfruttata come corriere: ignorava il contenuto della borsa. La Corte suprema ha respinto di recente l’ultima istanza di grazia.

Jakarta (AsiaNews) - Il sacerdote gesuita p. Bernhard “Teddy” Kieser, docente all’università cattolica di Sanata Dharma (Usd) di Yogyakarta, nello Java centrale, ha promosso veglie di preghiera per una giovane donna filippina, condannata a morte in Indonesia per traffico di droga. La donna è da molti ritenuta innocente. La Corte suprema (Ma) ha respinto la richiesta di grazia avanzata dalla 30enne Mary Jane Fiesta Veloso, che dovrebbe essere giustiziata nei prossimi giorni nel carcere di massima sicurezza di Nusakambangan, la cosiddetta “Alcatraz” indonesiana.

Il sacerdote e professore, padre spirituale della giovane nel braccio della morte, ha lanciato una campagna personale per la sua liberazione. P. Bernhard si è rivolto anche al vescovo di Purwokerto mons. Julianus Sunarka, responsabile della parrocchia di Cilacap e dell’area di Nusakambangan, chiedendogli di promuovere in tutta la diocesi la campagna di preghiera. Egli sta cercando anche di coinvolgere l’ambasciata filippina a Jakarta, che finora non si è curata della sorte - giudiziaria e personale - della concittadina.

Mary Jane Fiesta Veloso, donna semplice e madre di due figli, all’età di 25 anni si è trasferita in Malaysia per lavorare come collaboratrice domestica. Un faccendiere locale, attivo nel reclutamento e nello smistamento delle lavoratrici nelle varie famiglie, le affida un incarico: trasportare una valigia - di cui la giovane filippina ignora il contenuto - e consegnarla ad alcune persone che avrebbe incontrato all’aeroporto indonesiano di Yogyakarta.

Giunta a destinazione, Mary Jane viene controllata dalla polizia di frontiera che scopre, all’interno della sacca, 2,6 kg di eroina, per un valore complessivo di circa 500mila dollari. Siamo nell’aprile del 2010 e da allora inizia il calvario giudiziario e personale della donna.

Nel corso del processo non ha potuto ricevere un’assistenza adeguata e solo di recente, grazie all’interessamento del sacerdote, il suo dramma ha iniziato a circolare all’interno della comunità cattolica prima, e poi in seno all’opinione pubblica. Tra l’altro in un primo momento la giovane ha nascosto alla famiglia la sua situazione e, solo di recente, i parenti hanno potuto incontrarla in carcere. 

Una risonanza e un’attenzione ben diversa rispetto al clamore suscitato da altre vicende che hanno invece conquistato le pagine di cronaca internazionali, come il disabile mentale brasiliano che rischia anch’egli di essere giustiziato. Vicende giudiziarie che si legano a doppio filo alla campagna di “tolleranza zero” lanciata dalle autorità indonesiane contro il narcotraffico, che spesso finisce per colpire solo criminali comuni o vittime innocenti.

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