18/05/2007, 00.00
ISRAELE - GIORDANIA
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Minacce arabe a Teofilo III, nuovo round fra il Patriarca ed il suo predecessore

Il Consiglio ortodosso centrale di Giordania e Palestina ha minacciato di destituire l’attuale guida della comunità greco-ortodossa di Gerusalemme, che non si sarebbe impegnato per riottenere le terre vendute dal suo predecessore. Quest’ultimo, spiega un esperto, è da dietro le quinte il vero oppositore del Patriarca.
Gerusalemme (AsiaNews) – La minaccia del governo giordano di destituire dopo due anni l’attuale Patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme apre un nuovo capitolo nello scontro, costellato di corruzione, fra Teofilo III ed il suo predecessore, Ireneo I. Lo spiega ad AsiaNews un esperto che, dalla Terra Santa, commenta i recenti ribaltamenti politici nei confronti della locale comunità greco-ortodossa.
 
Il Consiglio ortodosso centrale di Giordania e Palestina ha affermato in un comunicato emesso lo scorso 17 maggio che il Patriarca “si era impegnato sin dalla sua elezione a fare tutti gli sforzi necessari per riportare alla chiesa ortodossa quelle terre che erano state vendute dal suo predecessore a degli affaristi israeliani”.
 
Secondo il testo, il capo della chiesa greco-ortodossa di Terra Santa “non ha mantenuto l’impegno, e per questo potrebbe essere rimpiazzato al più presto”.
 
Proprio lo scandalo della vendita dei terreni aveva convinto due anni fa il Sinodo di Gerusalemme a destituire il precedente Patriarca e declassarlo al rango di monaco. Per la sua sostituzione, però, si è scatenato un caso diplomatico. Secondo varie leggi e consuetudini, infatti, ogni nuova nomina all'interno del Patriarcato deve essere approvata dai governi di Giordania, Palestina ed Israele.
 
I primi due governi, a due mesi dall’elezione di Teofilo III, ne hanno confermato la nomina. Il caso israeliano, invece, non si è ancora risolto proprio perché nello scandalo della vendita delle terre sono coinvolti affaristi ebrei.
 
Ad oggi, non vi è stato ancora alcun pronunciamento ufficiale, e da Gerusalemme alcune fonti confermano che il silenzio israeliano, dettato esclusivamente da motivi politico-economici, non verrà interrotto finché non vi sia “una porta d'uscita sicura con la quale salvare la faccia”.
 
Con il cambio di rotta di Amman, spiega l’esperto, “si profila un possibile ribaltamento della situazione, con due governi contrari ed uno a favore. La chiesa ortodossa non può certo tornare indietro, dato che la nomina è stata approvata persino dal Sinodo pan-ortodosso di Costantinopoli”.
 
Inoltre, continua, “secondo alcuni si tratta di una lotta interna per il potere: la decisione del governo giordano sarebbe stata provocata dalla pressione di un influente gruppo di ortodossi arabi, che vogliono rimpiazzare Teofilo con il vescovo Attalah Hanna, che proprio il Patriarca ha promosso alla dignità episcopale”.
 
La “fazione araba”, conclude, “sarebbe appoggiata da Ireneo I che, nonostante sia greco, preferisce sostenere l’attuale potere forte contro le decisioni del Sinodo di Gerusalemme e di Costantinopoli”.
 
Qualunque sia la verità, l’attuale situazione “desta preoccupazione nella Custodia di Terra Santa”. Lo dice ad AsiaNews il p. Atanasio ofm, che spiega: “Come cristiani, abbiamo bisogno di rimanere uniti in questa terra. Con Teofilo III abbiamo un buon rapporto, e condividiamo la stessa visione su molti problemi comuni. La sua destituzione ci preoccupa, anche se non abbiamo ancora capito bene cosa sta succedendo”.
 
Per il p. David Jaeger, “questi avvenimenti dimostrano una volta di più quanto sia pericoloso far dipendere le nomine religiose dai poteri politici”.
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