08/06/2012, 00.00
SRI LANKA
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Abusi sulle lavoratrici migranti, lo Sri Lanka blocca i contratti con 600 agenzie straniere

di Melani Manel Perera
La maggior parte si trova in Medio oriente, soprattutto in Arabia saudita. Ministero per l’Impiego estero e Sri Lanka Bureau of Foreign Employment (Slbfe) propongono corsi di formazione per mandare all’estero manodopera qualificata. Rispetto allo scorso anno, le lavoratrici migranti sono diminuite del 40%.

Colombo (AsiaNews) - Lo Sri Lanka Bureau of Foreign Employment (Slbfe) ha deciso di rescindere i contratti con oltre 600 agenzie di collocamento estero (la maggior parte delle quali è in Arabia saudita), per tutelare i diritti delle srilankesi che lavorano fuori. La decisione arriva in seguito a episodi di abusi e discriminazioni ai danni dei lavoratori migranti, circa 1,8 milioni di persone, il 45% dei quali è rappresentato da donne. Inoltre, Dilan Perera, ministro per l'Impiego estero, ha dichiarato di voler organizzare corsi di formazione, per rendere più qualificate le srilankesi che cercano lavoro all'estero.

La maggior parte delle lavoratrici che dallo Sri Lanka partono per cercare lavoro, trova impiego come domestiche e cameriere, restando spesso vittime di violenze, abusi e torture. Per fermare questa situazione, da qualche tempo lo Slbfe ha avviato programmi di sostegno e preparazione per queste donne, ottenendo già qualche risultato: nell'ultimo anno, il numero delle donne che cercano lavoro in Medio oriente è sceso del 40%. Inoltre, secondo dati elaborati dall'ufficio, il numero di lavoratori migranti qualificati è cresciuto del 50%.

Contattati da AsiaNews circa la riduzione del numero di donne migranti, alcuni uomini sostengono di "apprezzare" questa nuova tendenza, perché il Paese "dovrebbe mostrare al mondo che anche qui ci sono donne istruire, capaci e competenti".

Già nel 2011, lo Slbfe aveva sospeso i contratti con 445 agenzie, 166 delle quali solo in Arabia saudita. In Sri Lanka il dibattito intorno ai lavoratori migranti - donne in particolare - si è infiammato quando nel giugno del 2007 Rizana Nafeek è stata condannata a morte in Arabia saudita per il presunto omicidio di un neonato, figlio della famiglia da cui era andata a lavorare come cameriera a soli 17 anni. 

 

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