09/10/2025, 13.59
ISRAELE - PALESTINA - EGITTO
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Baskin: per la prima volta Israele e Hamas nella stessa stanza per la tregua a Gaza

di Gershon Baskin

AsiaNews pubblica la riflessione dell’attivista politico e mediatore sull’accordo di pace (alla prima fase) a Gaza. Già protagonista della liberazione del soldato Shalit, ha operato anche in questi mesi dietro le quinte per raggiungere il cessate il fuoco. Fra la debolezza di Biden, la guerra a tutti i costi dell’esecutivo Netanyahu e la forza di Trump nell’imporre la pace (con turchi e arabi). 

Gerusalemme (AsiaNews) - “Alle 2 del mattino tutti i partecipanti ai negoziati sono entrati in una grande sala con tavoli e sedie disposti a quadrato. La delegazione israeliana si è seduta proprio di fronte alla delegazione di Hamas. Era la prima volta nella storia che funzionari israeliani e funzionari di Hamas sedevano nella stessa stanza. L’accordo è stato firmato e ora dobbiamo aspettare che venga pienamente attuato. Ora possiamo ricominciare a respirare”. Gershon Baskin, attivista politico israeliano, fondatore di Ipcri (Israel Palestine Creative Regional Initiative) e già editorialista del Jerusalem Post, fra i massimi esperti del conflitto israelo-palestinese, è fra quanti hanno lavorato in questi mesi per la firma dell’accordo siglato nella notte fra Israele e Hamas. Già mediatore e protagonista del rilascio del soldato israeliano Gilad Shalit, per quasi cinque anni e mezzo in mano ad Hamas, parte della delegazione israelo-palestinese ricevuta a ottobre 2024 da papa Francesco, egli ha seguito da vicino lo sviluppo delle trattative adoperandosi per aprire e mantenere attivi canali di dialogo. Soprattutto con gli Stati Uniti e il fronte palestinese, a fronte di una leadership israeliana votata alla guerra.

Oggi, in una lunga riflessione rilanciata su X e concessa ad AsiaNews per la pubblicazione, ripercorre le tappe principali della mediazione, conclusa col primo incontro faccia a faccia fra le parti. Una mediazione difficile, partendo dalla debolezza dell’ex presidente Usa Joe Biden e ripartita con nuovo slancio sotto Trump. La nostra agenzia lo aveva intervistato nel maggio scorso e, nell’occasione, lui stesso insisteva sull’importanza di fermare la guerra, per garantire il ritorno degli ostaggi; un obiettivo primario per il Paese, mentre il governo e lo stesso primo ministro Benjamin Netanyahu hanno insistito nel conflitto (anche) per “sopravvivere a livello politico”.

Di seguito il testo completo di Baskin. Traduzione a cura di AsiaNews:

Questa è sicuramente una mattina in cui si può festeggiare. La guerra sta finendo. L’uccisione e la distruzione si fermeranno. Gli ostaggi israeliani torneranno a casa - i vivi e i defunti. Per i palestinesi, ci saranno festeggiamenti con il rilascio dei prigionieri e dei detenuti palestinesi da Gaza. Israeliani e palestinesi saranno in grado di respirare di nuovo.

Innanzitutto, dobbiamo tutti ringraziare il presidente [Usa Donald] Trump e il suo emissario Steve Witkoff, e naturalmente Jared Kushner, che hanno contribuito a esercitare una forte pressione su Israele e Hamas. Trump e Witkoff hanno fatto in modo che il primo ministro del Qatar, il ministro dell’intelligence egiziano e il capo dell'intelligence turca fossero tutti insieme per la spinta finale. È stata una mossa brillante. Trump ha costretto [il premier israeliano Benjamin] Netanyahu ad accettare l’accordo e i qatarioti, gli egiziani e i turchi hanno costretto Hamas ad accettarlo.

Ci sono ancora dettagli che non conosciamo, ma ciò che è importante è che questo accordo è una dichiarazione di fine guerra, non un cessate il fuoco temporaneo. Ci sono garanzie che la guerra non riprenderà una volta che Hamas avrà rilasciato tutti gli ostaggi. Non conosciamo i dettagli esatti di tali garanzie: ho avanzato alcune proposte ai negoziatori statunitensi e di Hamas, ma al momento non so quali siano state le conclusioni. Non conosciamo nemmeno con certezza i nomi dei prigionieri palestinesi che saranno rilasciati e quali siano i termini del loro rilascio.

Quello che dovremmo sapere è che questo accordo avrebbe potuto essere concluso molto tempo fa. Hamas aveva accettato tutte le stesse condizioni nel settembre 2024 in quello che è diventato noto come “Accordo delle tre settimane”, che avevo ricevuto per iscritto e tramite messaggio vocale in arabo e in inglese. Ma a quel punto la risposta dei negoziatori israeliani era stata che “il primo ministro [Netanyahu] non era d’accordo a porre fine alla guerra”. Anche se la proposta dell’“Accordo delle tre settimane” è arrivata sulla scrivania del presidente [Usa Joe] Biden, il suo responsabile, Bret McGurk, ha rifiutato di abbandonare il pessimo accordo che stava negoziando.

Ho incontrato i membri del team negoziale americano nell’ottobre 2024 e loro erano frustrati quanto me per l’incapacità di convincere Biden e i suoi collaboratori a prendere seriamente in considerazione l’accordo sul tavolo. I qatarioti mi hanno invitato a Doha nell’ottobre 2024 e ho presentato loro l’accordo accettato da Hamas, di cui erano pienamente a conoscenza, ma hanno detto che senza l’adozione del piano da parte degli americani non si poteva fare nulla, perché l’ostacolo era Israele, non Hamas. Questo è lo stesso messaggio che ho ricevuto dai servizi segreti egiziani: Hamas era pronto a un accordo per liberare tutti gli ostaggi, a non governare più Gaza e a porre fine alla guerra. Ma Israele non era pronto.

Il 26 dicembre 2024 ho incontrato [l’allora capo dei servizi segreti] Ronen Bar nel suo ufficio presso il quartier generale dello Shin Bet. In quell’incontro, tre settimane prima che Trump entrasse alla Casa Bianca, mi è stato chiesto di non utilizzare i miei canali segreti, perché “tra tre settimane ci sarà un accordo di cessate il fuoco”. Trump disse a Netanyahu che voleva un cessate il fuoco prima di entrare alla Casa Bianca, e Ronen Bar sapeva che sarebbe successo, cosa che avvenne il 19 gennaio 2025. Per me era chiaro che il presidente Biden proiettava la debolezza americana, mentre il presidente Trump proiettava la potenza americana.

Da quel momento, il 26 dicembre 2024, mi è stato chiaro che l’unico modo per porre fine alla guerra era che il presidente Trump decidesse che doveva finire. Da quel momento, il mio impegno principale è stato quello di comunicare con Steve Witkoff e trovare un modo per creare un canale segreto tra la parte americana e Hamas, sapendo che la negoziazione non doveva necessariamente avvenire direttamente con la parte israeliana. La parte israeliana avrebbe accettato qualsiasi cosa Trump li avesse costretti ad accettare. Nel dicembre 2024, Samer Sinijlawi ha saputo che Witkoff avrebbe parlato a una conferenza sul Bitcoin ad Abu Dhabi. Ha suggerito di investire dei soldi per andare lì e appostarci per Witkoff al fine di stabilire un primo contatto. Lo abbiamo fatto e siamo riusciti a parlargli, a scambiarci i biglietti da visita e gli abbiamo dato un articolo che Samer e io avevamo scritto insieme. Quell’investimento ha dato i suoi frutti.

Facendo un salto in avanti, dopo ore di lavoro dietro le quinte, l’8 settembre 2025 Hamas ha ricevuto dal primo ministro del Qatar la proposta americana che ho contribuito a redigere insieme ai negoziatori di Hamas. Ero al telefono con la parte americana alla stessa ora in cui i qatarioti presentavano ad Hamas la proposta americana definitiva, alle 22 dell’8 settembre. La parte americana mi ha detto che Hamas aveva in programma di dedicare il 9 settembre alla discussione della proposta e all’ottenimento di chiarimenti dagli americani, attraverso me e i qatarioti, su questioni quali i confini del ritiro israeliano e la natura delle garanzie che la guerra non sarebbe ripresa una volta che Hamas avesse rilasciato tutti gli ostaggi.

Poi Israele ha bombardato la casa di Khalil al Haya e quella fase dei negoziati è terminata. Il 10 settembre uno dei negoziatori di Hamas mi ha contattato dicendomi che tutta la leadership era sopravvissuta all’attacco e che i qatarioti avevano dato loro istruzioni di non uscire e di non usare affatto i telefoni. Hamas era convinta che l’attacco non avrebbe potuto avvenire senza l’accordo di Trump. Nonostante le smentite americane, Hamas non credeva più che Trump e gli americani stessero agendo in buona fede. Le garanzie proposte dagli americani non erano più rilevanti. Gli americani mi hanno chiesto di dire alla leadership di Hamas che essi non avevano nulla a che fare con l’attacco e che gli Stati Uniti e il presidente Trump erano ancora impegnati a raggiungere un accordo per porre fine alla guerra.

I messaggi che Hamas mi inviava erano che non avevano fiducia negli americani perché Israele non avrebbe potuto attaccare Doha senza il consenso statunitense. Il 10 settembre alle 1:22 del mattino Witkoff mi ha inviato il seguente messaggio: “Non abbiamo nulla a che fare con questo. Loro (gli israeliani) ci hanno chiesto scusa. La loro dichiarazione lo conferma. E il post del presidente su Truth Social lo attesta”. Nel periodo tra l’attacco israeliano a Doha e il 19 settembre, stavo lavorando su come tornare al punto in cui stavamo negoziando la fine della guerra, con tutti i dettagli sul tavolo. Hamas era in una fase di paralisi e non sapeva cosa fare o come tornare ai colloqui per porre fine al conflitto.

Il 19 settembre, in tarda serata, Witkoff mi ha chiamato e mi ha detto: “Abbiamo un piano”. Abbiamo avuto una lunga conversazione e io ho appoggiato il piano degli americani e ho dato alcuni suggerimenti su come convincere Hamas ad aderirvi. Mi è stato chiesto di convincere la leadership di Hamas che Trump era serio e voleva finire la guerra. Negli ultimi mesi sono stato in contatto con otto membri della leadership di Hamas fuori da Gaza. Tre di loro hanno partecipato alle discussioni con me. Non ho dato suggerimenti riguardo alla parte israeliana perché per oltre un anno ho creduto che se il presidente Trump avesse deciso che la guerra doveva finire, avrebbe costretto Netanyahu ad accettare l’accordo. Ed è esattamente quello che è successo.

Ci sono ancora molte informazioni importanti che non conosciamo. Ho partecipato alle discussioni su tutte le questioni, ma non ero a Sharm el Sheikh e non so cosa sia stato deciso e cosa debba ancora essere deciso. Ma la cosa più importante in questo momento è la dichiarazione di entrambe le parti che la guerra è finita e non sarà ripresa. Gli ostaggi e i prigionieri saranno liberati nei prossimi giorni. Israele inizierà il ritiro. Per quanto riguarda le armi di Hamas, le discussioni e le proposte prevedevano che Hamas consegnasse le proprie armi (quelle in grado di uccidere più persone contemporaneamente, non necessariamente tutti i fucili) a una nuova forza di sicurezza palestinese, forse con il sostegno dell'Egitto. Hamas non avrebbe consegnato le proprie armi a Israele, ma avrebbe potuto farlo a una forza di sicurezza palestinese. Non so cosa sia stato deciso.

Il nuovo governo di Gaza deve essere un governo palestinese e non un meccanismo neo-coloniale che i palestinesi non controllano. I nomi di personalità indipendenti di Gaza con un profilo pubblico sono stati comunicati agli americani e anche ad altri attori internazionali e arabi coinvolti nel futuro e nella ricostruzione di Gaza. I nomi che Samer Sinijlawi e io abbiamo presentato a questi importanti attori erano quelli di leader della società civile di Gaza che abbiamo incontrato più volte su Zoom. Essi hanno redatto una lettera e l’hanno firmata indirizzandola al presidente Trump, che io ho consegnato a Witkoff per conto del presidente, nella quale dichiaravano la loro disponibilità a svolgere un ruolo nel governo di Gaza. Non sappiamo come sarà formato questo nuovo governo e quando entrerà in carica. Hamas ha accettato fin dall’inizio questo tipo di esecutivo, già dallo scorso anno. Non sappiamo se Mahmoud Abbas chiederà a Nasser Elkidwa di svolgere un ruolo nella governance di Gaza, cosa che egli si è detto pronto a fare.

Non sappiamo quali prigionieri palestinesi saranno liberati nell'ambito dell’accordo e dove saranno rilasciati. È possibile che sia stata concordata l’opzione di liberare coloro che Israele considera i più pericolosi per poi espellerli, ma non ne siamo ancora certi. Ho dedicato molto tempo e molti sforzi per fornire agli americani informazioni su Marwan Barghouthi. Ho inviato loro le opinioni di circa 20 israeliani molto autorevoli, la maggior parte dei quali favorevole al rilascio di Barghouthi, ma alcuni israeliani molto influenti erano contrari. Coloro che erano favorevoli hanno parlato del ruolo positivo che Barghouthi potrebbe svolgere nel portare il conflitto verso un rinnovato processo di pace. Quanti erano contrari ritenevano che Barghouthi non avrebbe svolto tale ruolo.

In conclusione di queste prime riflessioni: il presidente Trump merita il Premio Nobel per la Pace. Steve Witkoff è un negoziatore e senza di lui nulla di tutto questo sarebbe successo. Witkoff parla a nome del presidente e tutti lo sanno. Il ruolo di Jared Kushner in questo momento è stato cruciale perché nel prossimo futuro Ron Dermer [ministro agli Affari strategici e capo della delegazione israeliana a Sharm El Sheik] lavorerà per Kushner e non per Netanyahu. Portare Kushner al round finale dei negoziati è stata una mossa brillante per neutralizzare il ruolo definito di Dermer di vanificare ogni possibilità di porre fine alla guerra. Il capo dei servizi segreti turchi è molto vicino a Witkoff e ad Hamas e il ruolo intenso della Turchia è stato cruciale per esercitare pressione su Hamas affinché accettasse l’accordo e non abbandonasse il tavolo delle trattative.

Alle 2:00 del mattino tutti i partecipanti ai negoziati sono entrati in una grande sala con tavoli e sedie disposti a quadrato. La delegazione israeliana si è seduta proprio di fronte alla delegazione di Hamas. Era la prima volta nella storia che funzionari israeliani e funzionari di Hamas sedevano nella stessa stanza. L’accordo è stato firmato e ora dobbiamo aspettare che venga pienamente attuato. Ora possiamo ricominciare a respirare.

(https://x.com/gershonbaskin)

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