15/12/2015, 00.00
CINA
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Cina: graziata la moglie di Bo Xilai, in carcere un avvocato per i diritti umani

Ieri i giudici di Pechino hanno commutato in ergastolo la pena di morte emessa nei confronti di Gu Kailai, moglie dell’ex leader di Chongqing Bo Xilai, e dell’ex ministro delle Ferrovie Liu Zhijun. Pugno duro invece nel caso di Pu Zhiqiang, dissidente che critica la repressione degli uighuri e la retorica militarista di Pechino.

Pechino (AsiaNews) – L’Alta Corte del Popolo di Pechino ha annunciato di aver commutato in ergastolo la pena di morte nei confronti della moglie di un ex leader del Partito, colpevole di omicidio e corruzione. Allo stesso modo, un ex ministro delle Ferrovie – condannato per tangenti e abuso di potere – ha beneficiato di una riduzione della pena.

Gu Kailai è la moglie di Bo Xilai, ex capo del Partito di Chongqing caduto in disgrazia. La donna è stata condannata alla pena di morte dalla corte dell'Anhui nell’agosto del 2012 per l'uccisione del faccendiere britannico Neil Heywood. Il processo ha svelato una serie di crimini concatenati – dalla corruzione all’abuso di potere – grazie ai quali il governo centrale ha potuto espellere incriminare e condannare Bo.

Grazie alla sua “buona condotta in carcere”, i giudici hanno ritenuto opportuno commutare la sentenza contro Gu. Che ora, dicono diversi esperti, potrebbe beneficiare di nuove riduzioni di pena fino alla scarcerazione completa. Allo stesso modo, la Corte ha graziato l’ex ministro Liu Zhijun: il suo avvocato, Qian Lieyang, dice ora che “in un paio di anni, se tutto va bene, l’ergastolo si trasformerà in 25 anni di carcere”.

Anche se la pratica di ridurre la pena è abbastanza comune in Cina per i casi collegati alla politica, è molto raro che la decisione venga resa pubblica. Mentre sono molto pubblicizzati dai media di Stato i processi contro dissidenti e attivisti per i diritti umani, in modo da “scoraggiare” l’opposizione civile al governo. Ieri i giornali hanno dato ampio risalto all’apertura del procedimento contro Pu Zhiqiang, uno degli avvocati per i diritti umani più famosi del Paese.

Accusato di “incitare all’odio etnico” e “provocare confusione”, l’uomo rischia diversi anni di galera. In realtà, è finito nel mirino delle autorità per i suoi commenti – molto apprezzati sui social media – riguardo la repressione violenta dell’etnia uighura e contro la retorica di Pechino sulla questione delle isole contese nel Mar Cinese meridionale. All’apertura del processo si sono verificati scontri davanti al tribunale; non è chiaro quando verrà emessa la sentenza.

Il sistema giudiziario cinese ha infine rinviato una decisione molto delicata, quella relativa al caso di Nie Shubin: condannato a morte e fucilato nel 1995 con l’accusa di stupro e omicidio, era innocente. I giudici dello Shandong devono decidere chi punire per l’errore, se la polizia o gli inquirenti, ma per la terza volta di fila hanno rinviato la sentenza. 

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