08/03/2007, 00.00
CAMBOGIA
Invia ad un amico

Come “salvare” i processi ai Khmer Rossi

I giudici cambogiani e quelli internazionali discutono su come prevenire il possibile fallimento dei processi ai Khmer Rossi. Dopo una lunga serie di rinvii si vuole arrivare al dibattimento prima che gli imputati e i testimoni muoiano.
Phnom Penh (AsiaNews/Agenzie) - Potrebbero non cominciare neanche quest’anno i processi che puntano a mettere sul banco degli imputati i leader sopravvissuti del brutale regime dei Khmer rossi. A fermarli, problemi inerenti le differenze procedurali: i giudici stranieri richiedono il pieno rispetto delle regole giuridiche internazionali mentre i cambogiani affermano che la preminenza deve essere data alle leggi locali.
 
Cambogia e Nazioni Unite dopo cinque anni di trattative, nel giugno del 2003, hanno trovato un accordo per la creazione di un tribunale che giudicasse i crimini perpetrati tra il 1975 e il 1979 dal regime di Pol Pot. In quegli anni nei cosiddetti "killing fields" sono morte circa 2 milioni di persone.
 
A maggio del 2006 il più alto organo giudiziario della Cambogia ha nominato 30 giudici per presiedere il tribunale che dovrebbe processare per genocidio gli ex dirigenti Khmer Rossi ancora in vita. Il ministro della Giustizia Ang Vong Vathana ha riferito che il Consiglio supremo della magistratura ha approvato la nomina di 17 giudici cambogiani e 13 di altri Paesi, indicati dall'Onu, aggiungendo "Spero che il processo si aprirà in un futuro prossimo".
 
Per i giudici internazionali l’incontro che deve svolgersi questa settimana, durante il quale sono in programma più di 100 questioni da affrontare, rappresenta l’ultima possibilità per garantire che i processi si svolgano secondo regole internazionali. Con una recente affermazione l’ufficio del tribunale ha dichiarato che “tutti i giudici sono ben consapevoli dell’importanza dell’imminente incontro”.
 
Se però non si raggiungerà un accordo, il gruppo di giudici stranieri chiederà alle Nazioni Unite di ritirarsi. Ma i magistrati locali continuano ad affermare con determinazione che la legge cambogiana deve avere primaria importanza davanti alle corti speciali e che si sentono ingiustamente accusati di essere l’unica causa dei rinvii.
 
Come ha detto il giudice francese Marcel Lemonde all’AFP “esiste un unico punto sul quale i giudici internazionali sono d’accordo, questi processi dovrebbero svolgersi velocemente oppure non si dovrebbero tenere”. Il tempo è la questione centrale se si vuole portare gli anziani membri Khmer Rossi davanti alla corte.
 
La morte, avvenuta l’anno scorso, del comandante militare Ta Mok, soprannominato "il macellaio", che era stato incarcerato insieme a Duch, comandante del centro di interrogazione e tortura Tuol Sleng situato a Phnom Penh per crimini di guerra, genocidio e crimini contro l'umanità, ha accresciuto la paura che molti imputati e testimoni chiave possano morire prima che venga fatta giustizia. Ad oggi nessuno dei leader dei Khmer Rossi è stato processato: Pol Pot è morto nel 1998 e molti dei suoi uomini più fidati vivono ancora in Cambogia, in piena libertà.
TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
È morto il compagno Duch, l’unico Khmer Rosso ad aver chiesto perdono
02/09/2020 08:38
Khmer Rossi, si aprono gli uffici per "preparare" i processi
12/12/2005
Psichiatra cambogiano vince il Nobel dell'Asia: aiuta le vittime dei Khmer rossi
31/08/2022 11:23
Il tribunale Onu libera la cognata di Pol Pot: problemi di salute
17/09/2012
Phnom Penh, si avvia a conclusione “l’inutile processo” al compagno Duch
23/11/2009


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”