13/09/2023, 12.56
EAU - LIBIA - MAROCCO
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Dal Marocco alla Libia, la diplomazia degli aiuti degli Emirati

Le due nazioni del Nord Africa colpite dal sisma e dalle alluvioni lottano per portare aiuti a una popolazione in ginocchio. Ma l’elemento politico e diplomatico prevale sull’emergenza. Fra i pochi attori a beneficiare di credito e apertura vi sono gli Eau, che da tempo hanno rafforzato la politica di investimento e di espansione nel continente africano. 

Abu Dhabi (AsiaNews) - In Nord Africa la portata delle devastazioni sta assumendo dimensioni sempre più ampie col passare dei giorni: il terremoto che ha colpito il Marocco il 9 settembre scorso ha già causato circa 3mila vittime e migliaia di feriti o di persone senza casa, con le zone dell’Alto Atlante fra le più colpite e difficili da raggiungere, case in terra e pietra rase al suolo che hanno contribuito ad aggravare il bilancio. Ed è di queste ore la notizia di oltre 5300 morti e quasi 10mila dispersi in Libia per il passaggio della tempesta Daniel, che ha scatenato pesanti alluvioni e provocato la fuoriuscita di ingenti cumuli di acqua da alcune dighe. 

Comunità martoriate di entrambi i Paesi aspettano da giorni gli aiuti necessari, spesso dovendo seppellire i propri morti senza aiuti dal governo o dalle agenzie internazionali. E se, in alcuni casi, i ritardi possono essere giustificati dalla oggettiva mancanza di infrastrutture e dal danneggiamento delle poche rimase, l’ostacolo maggiore è rappresentato dalla politica. A partire dal Marocco, che ha accolto l’offerta di assistenza solo da Spagna, Gran Bretagna, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Il ministero degli Interni di Rabat giustifica la scelta sottolineando che “la mancanza di coordinamento” risulterebbe “controproducente” nella risposta al sisma di magnitudo 6,8 che ha abbattuto migliaia di edifici; all’atto pratico il governo ha chiuso la porta in faccia a molti, in primis la Francia, e declinato l’offerta di apertura dello spazio aereo del “nemico” algerino. 

Discorso diverso per la Libia, martoriata da oltre un decennio di conflitti interni e divisa fra due governi rivali (Tripoli, la storica capitale e Bengasi, che controlla l’est) in un gioco contrapposto di alleanze nella regione del Nord Africa e del Medio oriente (Mena) e su scala globale. I danni maggiori si contano nella città costiera di Derna, nella parte orientale, con auto, case, interi quartieri spazzati via dalla violenza delle acque. I funzionari locali hanno invocato aiuto e il loro leader, Khalifa Haftar, ha auspicato il sostegno della Banca centrale libica, di cui di recente è stata annunciata la riunificazione fra est e ovest sebbene il percorso verso l’unità sia ancora lungo, come diviso resta il Paese. Dal febbraio 2022, l’ex Jamahiriya del colonnello Muammar Gheddafi è separata in due coalizioni politiche e militari rivali: il Governo di unità nazionale a Tripoli, guidato dal premier Abdulhamid Dabaiba, riconosciuto dalla comunità internazionale e sostenuto soprattutto dalla Turchia; dall’altra il Governo di stabilità nazionale, un esecutivo parallelo basato in Cirenaica, anche se il vero potere è nelle mani del generale Haftar.

In questo quadro controverso, una delle pochissime nazioni che ha visto aperte le porte di entrambi i Paesi sono gli Emirati Arabi Uniti (Eau), fra i primi a inviare aiuti e squadre di soccorso in Marocco nelle fasi successive al sisma. E proprio in queste ore sono atterrati all’aeroporto Benina, in Libia, due aerei cargo della Mezzaluna rossa emiratina carichi di cibo, medicine e generi di prima necessità. Al contempo il presidente Eau Sheikh Mohamed bin Zayed Al Nahyan ha inviato un duplice messaggio di cordoglio in altrettante telefonate al premier Dabaiba e al generale Haftar, confermando la vicinanza e gli aiuti “al popolo” libico e alle due diverse fazioni. 

La presenza di Abu Dhabi in Libia risale al 2011, con l’inizio delle rivolte legate alla Primavera araba e lo scontro interno all’islam con i Fratelli musulmani, per poi cristallizzarsi in un sostegno (militare) ad Haftar. Un rapporto che ha raggiunto il suo apice fra il 2019 e il 2020 a colpi di droni, armi e finanziamenti ai mercenari sudanesi ingaggiati nel conflitto. Tuttavia, la mancata avanzata del generale ha spinto gli Emirati a riequilibrare la politica, soprattutto con l’ingresso Onu nei negoziati e il conseguente rimpasto nell’esecutivo libico riconosciuto dalla comunità internazionale, unito alla firma degli Accordi di Abramo con Israele. All’emergere dell’attuale premier a Tripoli si è accompagnata una politica estera degli Eau improntata al pragmatismo, alla stabilità economica e alle partnership commerciali, archiviando l’approccio muscolare del passato.

Il cambiamento, visibile anche in Yemen dove Abu Dhabi ha sostenuto a lungo una fazione indipendentista e ribelle nel sud in lotta contro l’Arabia Saudita - grande rivale, sebbene sulla carta alleato della regione -, ha permesso agli Emirati di puntare sull’elemento economico. Tanto che oggi gli Emirati stanno battendo tutti i record affermandosi come il principale fornitore di Investimenti esteri diretti (Ide) in Africa, avendo destinato 59,4 miliardi di dollari in settori chiave e in forte crescita come infrastrutture, energia, trasporti, logistica e tecnologia. Il continente e i suoi 1,2 miliardi di abitanti offrono ampi margini di sviluppo, come emerge dagli scambi commerciali degli ultimi anni, tuttora in rapida ascesa. Un rapporto della società di consulenza immobiliare Knight Frank conferma che gli Eau sono la principale fonte Ide per l’Africa fra gli Stati del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg). White&Case, uno studio legale globale, aggiunge che negli ultimi 10 anni gli Emirati sono diventati il quarto investitore globale in Africa dopo Cina, Europa e Stati Uniti. Con 5,6 miliardi di dollari distribuiti in 71 progetti, gli Emirati guidano lo sviluppo economico e si sono affermati - anche in una situazione di emergenza come quella attuale in Marocco e Libia - come un partner di riferimento.

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