10/08/2023, 08.52
TURCHIA - VATICANO - GMG
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Danyel, da Antiochia alla Gmg: dal Papa il ‘coraggio’ per ‘rinascere’ dal sisma

di Dario Salvi

Il 17enne era parte della delegazione turca presente alle giornate di Lisbona. Il ricordo ancora vivo del terremoto e l’impatto della distruzione che “é ancora oggi enorme”. Dall’incontro con Francesco la forza per “essere coraggiosi” e rinascere “come Gesù”. Vicario generale dell’Anatolia: i giovani “pietre vive con le quali metteremo al loro posto le pietre crollate della cattedrale”.

Milano (AsiaNews) - La Turchia si sta “lentamente riprendendo” dal drammatico terremoto del febbraio scorso, con il suo carico di morte e distruzione, ma “non posso dire lo stesso della mia città, Antakya” dove “l’impatto è ancora oggi enorme”. È quanto racconta ad AsiaNews il 17enne Danyel Murt, parte della delegazione che ha partecipato alla XXXVII Giornata Mondiale della Gioventù, che si è tenuta dal 2 al 6 agosto a Lisbona. Tuttavia, proprio nelle giornate portoghesi trascorse con papa Francesco e i coetanei di tutto il mondo il giovane individua la forza per ricostruire. Qui “entrano in gioco” le parole del pontefice che, nell’incontro privato il 3 agosto in nunziatura a margine degli impegni ufficiali della Gmg, si è rivolto ai ragazzi e alle ragazze provenienti da diverse aree del Paese dicendo loro: “Siate coraggiosi! Credo - afferma - che saremo coraggiosi e risorgeremo come Gesù”. 

Il giovane è originario di Antiochia, cuore della devastazione del sisma che ha colpito il 6 febbraio scorso la Turchia e la Siria, provocando quasi 60mila morti e centinaia di migliaia di nuovi rifugiati interni o fuggiti all’estero. Egli ha un fratello maggiore di 22 anni e, dopo il terremoto, ha trascorso col resto della famiglia un periodo a Mersin, per poi trasferirsi a İskenderun dove vivono tuttora. Il giovane, come spiega p. Antuan Ilgıt, vicario generale del Vicariato apostolico dell’Anatolia che ha contribuito all’intervista, frequenta la parrocchia e partecipa alla messa in una cappella risparmiata dal crollo, mentre la cattedrale porta ancora i segni della devastazione. 

“Suonando la chitarra - sottolinea il vicario - Danyel anima le messe. Come responsabile della pastorale giovanile lo seguo” nel percorso di crescita ed è “attivo, partecipe agli incontri”. Il giovane frequenta l’ultimo anno di liceo e si prepara all’esame universitario, per proseguire con studi in ingegneria, perché “sogna di diventare il Ceo di una multinazionale”.  Le giornate trascorse alle Gmg di Lisbona, conferma p. Antuan, “hanno reso molto felici i ragazzi, perché si sono sentiti valorizzati, ascoltati e non dimenticati. Tornano in Turchia pieni di speranza verso il loro futuro e quello della Chiesa di Turchia. Sono pietre vive con le quali metteremo al loro posto le pietre crollate della cattedrale. Come ha detto Mons Paolo Bizzeti [il vicario d’Anatolia] sulla falsariga delle parole del papa: ‘I giovani cristiani della Turchia saranno la luce della nazione’”. 
Ecco, di seguito, l’intervista con il giovane pellegrino turco alla Gmg di Lisbona:

Che ricordo hai dell’incontro privato con papa Francesco, quali emozioni hai vissuto e cosa ti è rimasto impresso?
Al momento dell’ingresso nella sala dove il papa ci avrebbe ricevuto, ero nervoso e stressato, ma quando lui è entrato ho sentito una grande pace. Era come se fossimo discepoli di Gesù e il papa ci avesse portato lo Spirito Santo del Signore. Era come se fossi con una persona che conoscevo da anni e stavo chiacchierando con lui. Era anche il compleanno di un nostro amico e ha festeggiato con lui e ha tagliato una torta. Questo gesto è stato la prova della sua vicinanza.

Cosa hanno rappresentato le giornate della Gmg e quale momento ti ha maggiormente colpito? 
I giorni della Gmg rappresentano per me l’unità e il vivere insieme come comunità. E in quelle giornate a Lisbona ho potuto sperimentarlo appieno. Il momento che mi ha colpito di più è stato quando tutti si sono riuniti per ascoltare l’omelia del papa e lui ci ha detto: “Siate coraggiosi”. Perché questa parola ha una grande importanza nella mia vita.

Danyel, come racconteresti l’incontro con giovani cattolici di tutto il mondo?
Il valore più grande di questo incontro è che siamo tutti un cuore solo e ci riuniamo nel nome del Signore. Ho incontrato e parlato con molte persone, ma ciò che mi ha colpito di più è stato quando ho interagito con i nostri fratelli e sorelle giordani con cui abbiamo viaggiato insieme [dall’Italia fino al Portogallo, passando per la Spagna in una sorta di ideale pellegrinaggio]. Per come ci siamo riuniti sotto lo stesso tetto e abbiamo trascorso del tempo insieme come una congregazione, anche se avevamo problemi e difficoltà, per le tante differenze culturali.

Il papa si è più volte rivolto ai giovani esortandoli ad “avere coraggio, non avere paura” e di “testimoniare al rientro” l’esperienza vissuta. In che modo risponderai a questo invito?
“Sii coraggioso, non aver paura!”. Questa frase, questa esortazione ha un posto speciale nella mia vita, perché sono cresciuto con la parola del Signore fin da bambino, ed è una delle parole più comuni per noi. Nella mia vita ho avuto successo in molte attività che ho intrapreso, confidando proprio nell’aiuto del Signore. Pertanto, porto la testimonianza di questa parola, di questo appello al coraggio, e al ritorno nel mio Paese, in Turchia, queste esperienze vissute saranno parte di me e occasione per condividerle con altri. 

Parlando di Turchia, e soprattutto di Antiochia dalla quale provieni, qual è la realtà a sei mesi dal devastante terremoto di febbraio?
Come Paese ci stiamo lentamente riprendendo, ma non posso dire lo stesso della mia città, Antakya. Infatti, l’impatto della distruzione è ancora oggi enorme. Oltre ai morti, la città è sottosopra e mi dispiace dire che ci vorrà più tempo per riprendersi rispetto ad altre, ma è qui che entrano in gioco le parole del papa che ci ha detto “siate coraggiosi!”. Credo che saremo coraggiosi e rinasceremo come Gesù, sotto la guida dei vertici della nostra Chiesa e di p. Antuan, che è parte di noi. 

Qual è il ricordo di quei giorni drammatici e cosa resta, oggi?
Mi sono svegliato nel momento stesso in cui è iniziato il terremoto e io e la mia famiglia ci siamo abbracciati. Mia madre e mio fratello erano molto spaventati e io li ho tranquillizzati dicendo: “Ora stiamo pregando”. La scossa si è fatta sempre più intensa e abbiamo pregato ad alta voce, recitato il Padre Nostro più e più volte mentre la terra continuava a tremare. In quell’istante ho sentito che l’edificio stava crollando e ho pensato che stavo per morire, ma da qualche parte dentro di me vi era anche un senso di pace, perché sapevo che stavo morendo con la mia famiglia ed ero in pace perché non li avrei visti andarsene via prima di me. Poi il sisma si è fermato e tutti noi ci siamo salvati. I vicini sono usciti gridando e io ho aiutato gli anziani, facendoli scendere.
Quando sono andato al piano di sotto, ho visto che l’edificio alla nostra sinistra era crollato. Poi sono andato dal mio migliore amico in fondo alla strada e l’armadio era caduto sulla testa di suo padre. Il mio amico teneva la credenza, se l’avesse lasciata avrebbe ostruito la porta e sarebbero rimasti intrappolati in casa. Sono andato ad aiutarlo a reggere l’armadio, lo abbiamo spostato e siamo usciti, e questo è ciò che mi ha detto: “Se tu fossi arrivato con 10 secondi di ritardo, avrei pensato di lasciarlo andare e di rimanere intrappolato”. Ci siamo rifugiati in una radura, acceso un fuoco e raccolto legna per cinque giorni in un’area riparata con una famiglia che non conoscevamo.

In una esperienza forte come quella del terremoto, quanto è stato importante sentirsi parte di una comunità, di una Chiesa?
In questa esperienza drammatica la fede è stata molto importante, perché gli unici ad essere con me in quel momento erano la famiglia e il Signore. Il giorno dopo il terremoto, quando siamo tornati a casa per prendere alcune cose, stavo cercando con gli occhi pieni di spavento e il mio sguardo è caduto sul rosario ai piedi del letto. Tutti i piatti e gli armadi erano caduti, ma quel rosario era ancora lì. Per questo l’ho preso e ho pregato per tutti i miei amici e i parenti che erano sotto le macerie e per quanti sono morti durante i cinque giorni in cui siamo rimasti in strada.

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