06/06/2013, 00.00
BANGLADESH
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Dhaka, centinaia di operai di un’azienda tessile “avvelenati” dall’acqua

di Sumon Corraya
Le vittime sono ricoverate in ospedale e presentano dolori all’addome. La magistratura ha aperto un’inchiesta, ma sinora non si registrano arresti o svolte nelle indagini. Operaia denuncia: Non ci hanno soccorso. La polizia reprime con la forza le manifestazioni di piazza dei parenti delle vittime del Rana Plaza.

Dhaka (AsiaNews) - "Ho cominciato a stare male dopo aver bevuto acqua messa a disposizione dalla fabbrica tessile [in cui lavora]. Ora va meglio, anche se il dolore alla pancia è ancora forte". È quanto racconta ad AsiaNews Rohima Begum (nella foto), ricoverata al Tongi Government Hospital di Gazipur, divisione amministrativa di Dhaka. La donna è uno dei circa 600 lavoratori della Starlight Sweaters, azienda facente parte del gruppo Labib, che ieri sono dovuti ricorrere con urgenza a cure mediche per dolori acuti allo stomaco. La maggioranza ha manifestato nausee e conati di vomito prolungati. I sospetti sono concentrati attorno all'acqua, per un possibile caso di "contaminazione" - se non addirittura di "avvelenamento" - sul quale indagano le forze di polizia.

Oggi Rohima è nel suo letto di ospedale e piange per il dolore, come molti altri dei suoi colleghi. A prendersi cura di lei dottori, infermieri e i parenti, accorsi dopo aver ricevuto la notizia dell'avvelenamento. La donna denuncia che nessuno dei responsabili dell'azienda si è preso cura dei dipendenti, dopo che hanno iniziato ad accusare i primi sintomi.

Per i sanitari la causa dei malesseri è legata a una contaminazione dell'acqua distribuita all'interno della fabbrica. "Abbiamo aperto un'inchiesta" sottolineano gli inquirenti, anche se fra ieri e oggi non si sono registrati arresti o svolte nelle indagini.

Intanto, sindacati e lavoratori chiedono giustizia e che i responsabili siano processati. "Esigiamo indagini approfondite e pene esemplari" afferma Tapan Shah, segretario generale della Federazione dei sindacati del tessile.

L'avvelenamento di ieri è solo l'ultimo caso di una serie di episodi drammatici che hanno riguardato aziende e fabbriche in Bangladesh, a partire dal crollo del Rana Plaza nell'aprile scorso, che ha causato la morte di 1.100 persone e il ferimento di altre 2.500. Un disastro che ha segnato nel profondo il Paese - secondo produttore al mondo dopo la Cina per il tessile - e l'intera comunità internazionale, con diversi gruppi imprenditoriali dell'Occidente al centro delle polemiche per le condizioni in cui vengono realizzati i loro prodotti nei Paesi in via di sviluppo.

Nelle ultime settimane sono avvenute diverse manifestazioni a sostegno dei diritti dei lavoratori, che hanno fatto registrare anche scontri con la polizia. Gli operai chiedono un aumento nei salari e condizioni di lavoro migliori. L'ultima protesta - repressa con la forza - è avvenuta ieri, con centinaia di parenti delle vittime del Rana Plaza scese in piazza per chiedere un risarcimento per la morte dei loro congiunti. 

 

 

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