03/11/2004, 00.00
VATICANO - IRAQ
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Domani il Papa riceve Allawi, lo incoraggerà

Città del Vaticano (AsiaNews) - "Ora bisogna aiutare il governo Allawi". Le parole dette dal segretario di Stato vaticano, Angelo Sodano, poco più di un mese fa, il 22 settembre, fanno da sfondo all'incontro che domani il presidente del governo provvisorio di Baghdad avrà con Giovanni Paolo II. Il Papa, che è stato punto di riferimento mondiale per il fronte della pace e che contro lo scoppio della guerra ha impegnato tutte le sue forze e quelle della diplomazia vaticana, ora è apertamente schierato per la riconciliazione e la ricostruzione del Paese. E' su questa linea l'udienza ad Allawi, che ne trarrà un evidente effetto positivo sul piano internazionale, anche se potrebbe dare nuovo fiato ai proclami dei terroristi.

Dal canto suo ciò che il Papa ha sempre chiesto in tutte le vicende internazionali, ed anche in questa, è che gli interventi internazionali siano multilaterali, ossia che abbiano una significativa partecipazione dell'Onu, e non più unilaterali. Proprio incontrando il presidente statunitense George W. Bush, lo scorso 4 giugno, affermò la necessità di normalizzare, con la "attiva partecipazione" dell'Onu, il Medio Oriente, con un rapido ritorno della sovranità all'Iraq, dopo il "passo incoraggiante" della formazione del governo a Baghdad, e nuovi negoziati in Terra Santa.

Ancora il Papa, il 18 settembre, in un discorso ampio e dai toni molto preoccupati, rimarcava che "sia in Iraq, dove il ritorno alla pace civile sembra così difficile da istaurare, sia in Terrasanta, sfigurata da un conflitto senza fine che si nutre di odio e di desideri di vendetta reciproca, sia in altri Paesi straziati dal terrorismo che colpisce crudelmente gli innocenti, dappertutto la violenza rivela il suo orrore e la sua incapacità di risolvere i conflitti; non produce niente di buono ma solo odio, distruzione e morte". "Mi appello ancora una volta alle responsabilità della comunità internazionale – aggiungeva – per favorire il ritorno alla ragione e al negoziato, solo sbocco possibile per i conflitti tra gli uomini, perché tutti i popoli hanno diritto di vivere nella serenità e nella pace''.

A questa indicazione di fondo del Papa sono seguiti gli interventi del card. Sodano e poi del "ministro degli esteri" della Santa Sede, mons. Giovanni Lajolo. Il card. Sodano, senza spostare di un millimetro l'opposizione del Vaticano per la guerra, il 22 settembre paragonò il nuovo governo ad un neonato, che se anche fosse illegittimo, va aiutato a vivere. "Dobbiamo – spiegò - rimboccarci le maniche ed aiutare quelle popolazioni a vivere in pace e a riconciliarsi tra loro, ricordando anche ciò che dice sovente il Papa: 'Senza perdono non c'è pace'". Concetto ribadito una settimana dopo da mons. Lajolo, che intervenendo all'assemblea generale delle Nazioni Unite a New York ha definito imperativo "sostenere il presente governo" del premier Allawi per traghettare il Paese verso la normalità e un sistema politico sostanzialmente democratico.

Se questa è la linea "politica" della diplomazia vaticana, Giovanni Paolo II guarda alla pacificazione irachena e dell'intero Medioriente con la preoccupazione per le sofferenze delle popolazioni e per la sopravvivenza stessa dei cristiani nella regione. L'ultimo intervento in ordine di tempo è della settimana scorsa. Al termine dell'udienza generale del mercoledì, il Papa ha lanciato un nuovo appello per la popolazione che soffre, per gli ostaggi e i loro familiari, perché i cristiani restino nel Paese e contro la "cieca barbarie del terrorismo". "Accompagno ogni giorno nella preghiera - ha detto - la cara popolazione irachena, intenta a ricostruire le istituzioni del proprio Paese". "Allo stesso tempo - ha aggiunto - incoraggio i cristiani a continuare con generosità ad offrire il proprio fondamentale contributo per la riconciliazione dei cuori". (FP)

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