23/06/2010, 00.00
INDIA – MYANMAR
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Elezioni birmane: la “roadmap” della giunta, per evitare la sconfitta del ‘90

La dittatura militare ha emanato una Costituzione fittizia e messo al bando i principali movimenti di opposizione, per assicurarsi la vittoria. Dipartimento di Stato Usa: il voto non gode di “legittimazione internazionale”. Nel 1990 in lizza 235 partiti, oggi solo 42. Ministro in esilio: “il governo è il solo concorrente in gara”, ma “non tutti i generali vincono tutte le battaglie”.
New Delhi (AsiaNews) – La parola d’ordine per le elezioni in Myanmar del 2010 è “che non si ripeta un altro 1990”. Per questo la giunta militare al potere ha attuato una cosiddetta “roadmap”, ratificando “in modo vergognoso” la Costituzione nel 2008 quando il Paese era in ginocchio a causa del ciclone Nargis, con un 94% di consensi cui “non crede alcun birmano o straniero”. È quanto afferma ad AsiaNews Tint Swe, membro del Consiglio dei ministri del National Coalition Government of the Union of Burma (NCGUB).
 
Il gruppo è costituito da rifugiati del Myanmar dopo le elezioni del 1990 vinte dalla Lega nazionale per la democrazia (Nld) e mai riconosciute dalla giunta militare. Fuggito in India nel 1990, Tint Swe dal dicembre del 1991 vive a New Delhi e si batte per la libertà e i diritti umani nel Paese d’origine. Egli spiega che i militari hanno manovrato per “prolungare la detenzione di Aung San Suu Kyi”, Nobel per la pace ed icona dell’opposizione democratica, e grazie a un “nuotatore americano hanno trovato un motivo assurdo per continuare a tenerla imprigionata”. A questo, sottolinea, si aggiunge la legge elettorale che “riporta una clausola secondo cui chi è condannato o imprigionato non può partecipare al voto, compresa Aung San Suu Kyi e altre 2mila persone”.
 
Sulle elezioni birmane è intervenuto anche il Dipartimento di Stato Usa, secondo cui il voto “non gode di legittimazione a livello internazionale”. Riferendosi al Paese con il vecchio nome di Birmania, ora Myanmar, l’organismo statunitense ritiene che “le elezioni programmate per quest’anno non saranno né libere, né giuste”. Tint Swe afferma che nel 1990 i partiti “erano incoraggiati a registrarsi e ricevevano incentivi” perché “nessuno potesse vincere con ampio margine di voti”. Memori del trionfo della Nld, ora i militari hanno escluso i prigionieri politici e hanno preteso “ingenti somme di denaro per partecipare” alla competizione. “Nel 1990 vi erano 235 partiti – commenta – e ora solo 42 potranno essere presenti alle elezioni 2010”.
 
Il ministro in esilio aggiunge inoltre che nel 1990 il governo fungeva da arbitro, mentre oggi “è il solo concorrente in gara” e militari, poliziotti, funzionari e organizzazioni sociali devono votare per l’Union Solidarity and Development Party, guidato dal premier in carica e diretta emanazione della giunta militare. “Non vi saranno elezioni libere – chiosa Tint Swe – e i rappresentanti dei movimenti democratici sono fuorigioco”.
 
L’attivista e politico birmano, infine, non risparmia la comunità internazionale: “è brutto – commenta – terribile, inaccettabile e deprecabile che le nazioni estere continueranno a parlare di affari interni del Myanmar”. I governi mondiali cercano potenziali nuovi partiti nel futuro Parlamento, ma non vi è nulla di credibile e il punto di riferimento rimane la Nld, sebbene sia ufficialmente sciolta. Tuttavia, Tint Swe non è pessimista, perché “il seme della democrazia è stato piantato”. Già nel 1990, conclude, il dipartimento interno dell’intelligence ha sbagliato le previsioni sul voto e “non tutti i generali vincono tutte le battaglie”.
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