13/09/2010, 00.00
MYANMAR
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Il regime birmano accusa oppositori e ribelli di alimentare la tensione

Le forze di sicurezza avrebbero disinnescato una serie di ordigni a Yangon e in altre aree del Paese. Per il governo e la stampa di regime si tratta di “opportunisti politici” che mirano a bloccare le elezioni “farsa” del 7 novembre. A Pegu l’esercito uccide due giovani e “compra” il silenzio delle famiglie.

Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Il regime birmano punta il dito contro i gruppi ribelli e la piccola sacca di opposizione interna, colpevoli – secondo i militari – di alimentare la tensione in vista delle elezioni generali del 7 novembre, le prime in 20 anni nel Paese del Sud-est asiatico. Le forze di sicurezza avrebbero disinnescato una serie di ordigni, a Yangon e in una zona industriale a est della città. Intanto le autorità di Pegu hanno ordinato alle famiglie di due giovani, uccisi in una “rissa fra ubriachi” che ha coinvolto ufficiali di polizia, di non parlare con i media e mettere a tacere la vicenda.

Nel fine settimana la polizia birmana ha detto di aver rinvenuto una bomba nascosta nei pressi di un popolare mercato per turisti a Yangon. In precedenza, alcuni ordigni sarebbero stati piazzati attorno a un pilone dell’energia elettrica a Thaton, circa 150 km a est di Yangon. Il regime ha subito incolpato i “gruppi ribelli”, accusandoli di voler ostacolare il cammino verso le elezioni “farsa” del 7 novembre. Sulla vicenda è intervenuto anche il quotidiano The New Light of Myanmar, vicino al regime militare, che imputa a “insorti, elementi distruttivi e opportunisti politici” il tentativo di “bloccare le future elezioni multi partito”.

In realtà, focolai di tensione si estendono anche ad altre zone del Myanmar. A Pegu le autorità hanno imposto il silenzio ai parenti di due giovani, uccisi a colpi di arma da fuoco da ufficiali dell’esercito. Il fatto è avvenuto il 4 settembre e, a distanza di due giorni, i corpi sono stati cremati in tutta fretta. Le vittime sono Soe Paing Zaw, di 18 anni, e Aung Thu Hein, di 23 anni. I militari parlano di “rissa fra ubriachi” e avrebbero inoltre cercato di “placare” l’ira delle famiglie, offrendo loro una somma di denaro come “compensazione” per chiudere la vicenda.

Già in passato la dittatura militare ha cavalcato l’arma dei gruppi ribelli e della resistenza interna, accusandoli di essere responsabili di attentati e violenze, per accrescere la repressione. Nell’aprile di quest’anno, in occasione del capodanno birmano (il Festival dell’acqua), una serie di ordigni ha devastato due aree della festa provocando morti e feriti. Esperti di politica birmana, all’indomani della strage che avrebbe causato oltre 30 morti e 75 feriti, hanno spiegato  che il regime stesso avrebbe compiuto il gesto per “alimentare una strategia della tensione” e reprimere l’opposizione in vista del voto. Nei mesi seguenti sono scattate le misure attuative della legge elettorale che hanno, di fatto, eliminato la Lega Nazionale per la Democrazia e Aung San Suu Kyi dal voto.  

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