19/08/2011, 00.00
VIETNAM – CINA
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Hanoi, giro di vite contro le proteste di piazza anticinesi

In una nota ufficiale si minacciano “tutte le misure necessarie” contro le manifestazioni di attivisti e nazionalisti. Nelle scorse settimane la capitale è stata teatro di dimostrazioni contro le mire di Pechino nel Mar cinese meridionale. Confermate in appello le condanne di quattro attivisti per la terra.
Hanoi (AsiaNews/Agenzie) – Le autorità vietnamite minacciano di reprimere con la forza qualsiasi manifestazione in chiave nazionalista e anti-cinese. Nelle scorse settimane si sono registrate diverse dimostrazioni di piazza, per protestare contro le mire di Pechino nel Mar cinese meridionale. Ora Hanoi, dopo aver raggiunto un accordo di massima con il governo cinese (cfr. AsiaNews 04/08/2011, Mar cinese meridionale: Pechino e Hanoi vicine all’accordo, ma è crisi con Manila), promette di usare il pugno di ferro per reprimere il dissenso. Intanto il tribunale di Ho Chi Minh City ha confermato in appello le condanne di quattro attivisti per la terra.

In una nota pubblicata da Hanoi Moi, organo ufficiale del Partito comunista vietnamita, si legge che verso “quanti disobbediranno in modo deliberato, cercando di riunirsi illegalmente e causando disordini di piazza… le autorità applicheranno tutte le misure necessarie”. Il documento sottolinea inoltre che le recenti proteste sono state sfruttate da “forze contrarie allo Stato”, che intendono colpire “l’unità nazionale” e “creare divisione fra Cina e Vietnam”.

Nelle scorse settimane quasi ogni domenica si sono registrate manifestazioni di piazza ad Hanoi, alle quali hanno partecipato centinaia di persone che manifestavano contro le rivendicazioni territoriali di Pechino nel Mar cinese meridionale (isole Spratly e Paracel). Si tratta di un evento raro in Vietnam, dove il regime comunista mantiene da sempre uno stretto legame con la Cina e reprime ogni forma – pubblica e privata – di dissenso. Le manifestazioni anti-Pechino distruggono l'aura nazionalista di cui si è sempre avvolto il Partito comunista vietnamita, smascherandola comei vuota retorica. Allo stesso tempo rischiano di essere un bacino in cui far convergere tutto il dissenso causato dal governo per corruzione, mancanza di democrazia, ingiustizie.

Nel luglio scorso due marce per le vie della capitale sono state disperse dalla polizia. Esperti di politica internazionale spiegano che Hanoi ha “sfruttato” in un primo tempo le proteste, per manifestare il proprio scontento con Pechino. Una volta raggiunto un accordo, il regime comunista vietnamita è tornato ad usare il pugno di ferro contro il dissenso.

Intanto un tribunale di Ho Chi Minh ha confermato in appello la condanna a quattro attivisti per la terra. Dopo cinque ore di dibattimento in aula, i giudici della Suprema corte d’appello del popolo della ex Saigon hanno ribadito gli otto anni di galera per Tran Thi Thuy e sette a Pham Van Thong. Piccolo sconto sulla pena, invece, per il pastore Duong Kim Khai, che ha vista ridotta di un anno la condanna a sei di prigione e sei mesi in meno (rispetto agli iniziali cinque anni) per Cao Van Tinh. Per entrambi il processo si è svolto in un tribunale della provincia meridionale di Ben Tre e ai parenti è stato proibito di assistere all’udienza.

In passato i quattro attivisti si sono battuti per i diritti sulle proprietà terriere nella regione del delta del Mekong. Dopo aver scontato la condanna in carcere, essi dovranno trascorrere altri cinque anni agli arresti domiciliari.
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