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CAMBOGIA
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I luoghi simbolo del genocidio dei Khmer rossi patrimonio Unesco

di Lisa Bongiovanni

Per il premier Hun Manet è un “dono significativo” della Cambogia al mondo e un simbolo di “memoria, riconciliazione, giustizia”. I siti comprendono il carcere M-13, il Museo del Genocidio di Tuol Sleng (S-21) e il Centro del Genocidio di Choeung Ek. La decisione presa durante la 47ª sessione del Comitato a Parigi.

Milano (AsiaNews) - Un “dono significativo” della Cambogia al mondo, potente simbolo di “memoria, riconciliazione, giustizia, educazione, costruzione e protezione della pace”. Così il primo ministro Hun Manet ha salutato l’iscrizione nel patrimonio Unesco dei “Siti commemorativi cambogiani: da centri di repressioni a loghi di pace e riconciliazione”, simbolo del genocidio dei Khmer rossi guidati da Pol Pot negli anni ‘70 del secolo scorso. Il capo del governo di Phnom Penh si è pronunciato dopo l’annuncio ufficiale giunto ieri, in occasione della 47ma sessione del Comitato del Patrimonio mondiale in corso a Parigi (Francia). “Questi siti [che comprendono il carcere M-13, il Museo del Genocidio di Tuol Sleng (S-21) e il Centro del Genocidio di Choeung Ek, ndr] offrono all’umanità - ha aggiunto Manet - un esempio di come una nazione possa risollevarsi da una tragedia”. “Non dimenticando, ma ricordando - ha concluso - e trasformando questi ricordi in una forza di pace”.

Nella capitale francese è in corso la 47ª sessione del Comitato del Patrimonio Mondiale Unesco. In coincidenza con i 50 anni dall’ascesa dei Khmer Rossi, sono presenti tra i candidati tre siti simboli del genocidio cambogiano. Rappresentano le diverse fasi del sistema repressivo che sterminò un quarto della popolazione e sono tra i pochi luoghi riconosciuti dall’Unesco come testimonianza diretta di un genocidio. Il nome ufficiale, concordato col re Norodom Sihamoni, è: “Siti commemorativi cambogiani: da centri di repressione a luoghi di pace e riflessione”. I tre luoghi documentano i crimini contro l’umanità perpetrati dai Khmer Rossi e corrispondono a tre momenti distinti nel processo sistematico di eliminazione del dissenso avviato dal regime di Pol Pot.

L’M-13, situato nella provincia di Kampong Speu a circa 50 km dalla capitale, fu una delle prigioni più importanti dei primi Khmer Rossi. Qui dal 1971 al 1975 Kaing Guek Ieu, noto come compagno Duch (nome di battaglia), capo della polizia interna, ha sperimentato i primi metodi di interrogatorio e tortura, ancor prima che il regime prendesse il pieno potere sul Paese. Dal 1975 l’attività dell’M-13 si spostò alla prigione S-21e Duch ne divenne capo. Nel cuore di Phnom Penh, è stato il principale centro di detenzione fino al 1979. Secondo le stime attuali, 18.063 uomini, donne e bambini sono stati incarcerati, interrogati e torturati nel S-21. I prigionieri venivano poi portati nel terzo sito, Choeung Ek, per essere giustiziati. Ex cimitero cinese a circa 10km dalla capitale, venne scelto perché lontano dagli sguardi indiscreti. 

Questi siti hanno anche avuto anche una funzione probatoria. Qui vi si conservavano foto, confessioni estorte e registri meticolosi delle torture. Nel 2006, grazie a un accordo tra Cambogia e Nazioni Unite, è stato istituito un tribunale ibrido - il cosiddetto “modello cambogiano” - in cui giudici internazionali e locali hanno collaborato per la ricostruzione del caso. Questi luoghi furono perlustrati dagli stessi giudici e sono stati fondamentali durante il processo. Tuttavia, malgrado le prove, sono state eseguite solo tre condanne. Il primo ministro Hun Sen, ex membro dei Khmer Rossi, si è opposto a ulteriori processi da parte del Tribunale ed è stato negato l’accesso a potenziali testimoni che ricoprono cariche di governo.

Questi luoghi, insieme ad Auschwitz-Birkenau e ai memoriali del genocidio in Rwanda, rientrano tra i pochissimi riconosciuti ufficialmente dall’Unesco che testimoniano e documentano le dinamiche di sterminio pianificato e della repressione su base politica, etnica e religiosa. Inoltre, sottolinea l’Unesco, i tre siti sono tra i pochi esempi di commemorazione di crimini di massa in una società buddhista.

Nel M-13, nell’S-21 e a Choeung Ek le vittime furono in larga parte appartenenti alle élite pre-rivoluzionarie: gli ufficiali dell’esercito, i poliziotti e soprattutto i magistrati, sterminati al 99%. La categoria degli insegnanti venne completamente cancellata. Anche le minoranze religiose ed etniche subirono un’accanita repressione: venne eliminato l’84% dei monaci buddhisti, il 33,7% dei musulmani Cham, il 48,6% dei cattolici, il 38,4% dei cinesi e il 37,5% dei vietnamiti. Il tasso di mortalità complessivo stimato si attesta tra il 20% e il 29% della popolazione: circa un quarto dell’intero Paese. La Cambogia ora vanta cinque siti patrimonio Unesco: il parco archeologico di Angkor, il tempio di Preah Vihear, il complesso del tempio di Sambo Prei Kuk, il sito archeologico di Koh Ker e i siti commemorativi del genocidio cambogiano di recente iscrizione.

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