19/01/2010, 00.00
INDIA
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Il Partito comunista marxista in India proibisce ai leader di praticare la fede

di Nirmala Carvalho
La direttiva contenuta in un recente documento interno. K.S. Manoj, dirigente del Pcmi ed ex parlamentare, si dimette perché crede “in modo profondo” nella sua religione. Commenti su questo diktat ormai datato, contrario anche alla Costituzione indiana.

New Delhi (AsiaNews) – “In un documento del Partito comunista marxista indiano (Pcmi) che circolan tra i comitati di base, è indicato che i leader non devono partecipare a funzioni religiose. Questo per me è difficile, perché credo in modo profondo nella mia religione”. K.S. Manoj spiega perché di recente ha lasciato il Pcmi, per seguire la sua fede.

Con il Pcmi, K.S. Manoj, cattolico, è stato eletto al Lok Sabha, la Camera Bassa del Parlamento nazionale indiano, nel 2004 nella circoscrizione di Alappuzha, quando ha sconfitto il parlamentare uscente V.M. Sudheeran del Partito del Congresso (Pc). Nelle elezioni del maggio 2009 è stato invece battuto  in modo netto dal candidato del Pc, K.C. Venugopal. Si è dimesso dalle cariche del Pcmi il 9 gennaio proprio per questo contrasto tra la sua fede religiosa e il credo politico. Ha mandato le dimissioni tramite un semplice fax al comitato locale del Pcmi di Thumboli e a quello distrettuale di Alappuzha.

Manoj ha spiegato che “il documento del Pcmi del 3 dicembre 2009 dice alle pagine da 82 a 94 che i parlamentari nazionali e locali e i dirigenti del Partito non possono partecipare a funzioni religiose o organizzarle. Questo significa che come cattolico non potrei praticare la mia fede”.

Dice che ritiene la sua fede religiosa più importante dell’ideologia del partito. Insiste che anche la Costituzione indiana riconosce ad ognuno il diritto a praticare la propria religione, per cui nel fax ha chiesto “che il partito riconsideri questo suo divieto”.

Padre Paul Thelakat, portavoce del Sinodo cattolico siromalabarico, dice in esclusiva ad AsiaNews che “il dottor Manoj ha lasciato il Pcmi perché ha riscontrato che la sua fede cattolica non è compatibile con l’ideologia del partito. Ha detto, tra l’altro, che non vuole stare in un partito dove lo considerano un cittadino di seconda classe per la sua fede. Egli sperava che i credenti potessero lavorare nel partito con piena libertà e dignità, per costruire una società di uguali e senza discriminazioni e sfruttamenti. Ma si è dimesso quando ha visto che così non era”. “Queste dimissioni – prosegue - evidenziano la contraddizione tra il materialismo dialettico del Pcmi e il suo tentativo di far partecipare i credenti. Ci sono molti membri del partito che vanno in chiesa o in moschea o al tempio, ma ora il Pcmi dice che i suoi membri possono essere credenti praticanti ma i leader no, debbono abbracciare il materialismo. Questo è solo avere una doppia misura e applicare dentro il partito una sorta di sistema di caste. Il Pcmi non avrà futuro, se non lascia questa ideologia ormai datata e si apre ai valori spirituali e costituzionali”.

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