Il futuro delle migrazioni dal Tagikistan
Secondo un'analisi della Banca eurasiatica per lo sviluppo per il più povero tra i Paesi dell'Asia Centrale ci vorranno ancora trent'anni per fermare l'esodo dei propri giovani in cerca di lavoro. Ma anche a Dushanbe i cambiamenti demografici e le tensioni xenofobe in Russia stanno inizando a frenare il fenomeno, con cambiamenti che potrebbero iniziare a vedersi entro una decina d'anni.
Dushanbe (AsiaNews) - Secondo le previsioni della Banca eurasiatica per lo sviluppo Edb, la fine dell’epoca delle migrazioni lavorative per i cittadini del Tagikistan dovrebbe realizzarsi tra circa trent’anni, e i primi segnali di una riduzione del fenomeno si potrebbero notare entro una decina d’anni. Nella relazione macroeconomica di settembre, gli autori ritengono che l’intensità della migrazione dipenderà dall’avvicinamento dei parametri demografici e degli stipendi dei tagichi a quelli dei russi, il principale termine di paragone e di orientamento.
Insieme al Tagikistan, anche gli altri Stati dell’Asia centrale e del Caucaso, principali esportatori in Russia di forza lavorativa, ridurranno progressivamente lo scarto degli stipendi rispetto a quelli dei russi, come già si comincia a notare dai dati degli ultimi 4-5 anni. La differenza non verrà completamente annullata, ritengono gli esperti, ma è destinata a ridursi sempre di più nel corso degli anni, e questo farà diminuire anche la necessità di mantenere i livelli attuali di migrazione lavorativa in queste regioni in cui è presente la banca Edb.
Il fattore demografico avrà ugualmente un impatto significativo, in quanto per le migrazioni sono necessari gruppi numerosi di popolazione in età giovanile, pronti a cercare lavoro all’estero. Il flusso di giovani lavoratori centrasiatici è stato fondamentale per la Russia nel trentennio post-sovietico a fronte di un notevole calo demografico, soprattutto nei territori della Siberia. Negli ultimi decenni la natalità in Tagikistan, Kirghizistan e Uzbekistan ha superato di molto le percentuali non solo della Russia, ma dell’intera media mondiale. Eppure gli analisti prevedono cambiamenti anche in questo settore, con una progressiva riduzione della natalità verso le percentuali dei Paesi a maggiore sviluppo economico.
Secondo la relazione della Edb, in Tagikistan il numero di nuovi nati si sta lentamente riducendo di 1-2 persone ogni mille, ricordando che la migrazione lavorativa è motivata principalmente dalla necessità di mantenere le numerose famiglie con l’invio dei soldi guadagnati dalla Russia o da altri Paesi. Nel 2024, le voci degli “stipendi lavorativi” e dei “trasferimenti di denaro da persone fisiche” hanno raggiunto quasi la metà (47%) dell’intero prodotto interno lordo del Tagikistan, una delle massime percentuali in questo campo a livello mondiale.
Il Tagikistan è il più povero dei cinque Paesi dell’Asia centrale, e uno dei più poveri al mondo, e non è stato in grado nella fase dell’indipendenza di offrire posti di lavoro dignitosi ai suoi cittadini. Le recenti tensioni anti-migranti che si sviluppano in Russia prendono di mira in particolare proprio i tagichi, soprattutto dopo l’attentato al Krokus City Hall di marzo 2024, e una delle conseguenze di questo fenomeno è lo stimolo a modernizzare e rendere più efficienti i processi produttivi, agricoli e commerciali all’interno del Paese, insieme alla ricerca di partner più disponibili, a cominciare dalla Cina. Il paradosso è che la xenofobia russa possa operare a vantaggio degli stranieri come i tagichi, costretti a prendere più sul serio la propria esigenza di progresso e di ricerca del benessere della popolazione.
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