11/10/2011, 00.00
MYANMAR
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Il governo birmano libererà oltre 6mila detenuti. Anche (forse) prigionieri politici

L’annuncio è stato dato oggi dalla Tv di Stato, scatterà da domani e riguarda anziani, malati e persone “migliorate” dopo un “adeguato” periodo in cella. Tra questi vi potrebbero essere “alcuni prigionieri politici”, ma non vi sono conferme sui numeri. Il declino del generalissimo Than Shwe e gli “spiragli” di democrazia.
Yangon (AsiaNews) – Questa mattina la televisione di Stato ha annunciato la liberazione, prevista per domani, di 6.359 detenuti rinchiusi nelle carceri di Paese. Al momento non è chiaro se e quanti di loro sono “prigionieri politici”, imprigionati per reati di opinione o per la loro battaglia pro democrazia in Myanmar. Nei giorni scorsi la Commissione per i diritti umani – organismo ufficiale, creato di recente – ha lanciato un appello al presidente Thein Sein per la liberazione dei “prigionieri di coscienza”. Nella lettera, pubblicata dai media di Stato, i membri della commissione auspicano che quanti “non costituiscono una minaccia alla stabilità della nazione”, possano essere rilasciati per contribuire alla ricostruzione del Paese.

In un comunicato diffuso dal canale MRTV 4 si spiega che gli oltre 6mila carcerati interessati dal provvedimento di grazia sono “anziani, disabili o in precarie condizioni di salute, quelli la cui morale e comportamento sono migliorati dopo aver trascorso un adeguato periodo di tempo” in cella. E in quest’ultima categoria potrebbe rientrare una parte – ma non vi sono conferme – degli oltre 2mila detenuti politici birmani. L’annuncio della tv di Stato segue settimane di voci e speculazioni circa un provvedimento presidenziale di amnistia e la pubblicazione del documento della Commissione per i diritti umani, in cui si auspica la liberazione dei “prigionieri di coscienza”. Una fonte governativa, in condizioni di anonimato, ha dichiarato all’Associated Press che “alcuni detenuti politici” saranno interessati dal provvedimento di grazia. In prigione vi sono giornalisti, attivisti per i diritti umani e la democrazia, monaci e uomini dello spettacolo – come il popolare attore comico Zarganar, arrestato durante l’emergenza provocata dal ciclone Nargis – molti dei quali in precarie condizioni di salute.

L’interruzione dei lavori della diga di Myitsone – nello Stato Kachin, nord del Myanmar al confine con la Cina – che ha fatto infuriare Pechino, principale partner commerciale del Myanmar; la richiesta di maggiore libertà di stampa e minori censure nei media; la partecipazione di Aung San Suu Kyi alla vita politica del Paese e una possibile “riabilitazione” del suo partito, la Lega nazionale per la democrazia (Nld), bandito dalle elezioni generali del 7 novembre 2010. La ex Birmania attraversa una fase di cambiamenti politici e sociali dalla portata storica, anche se gli sviluppi sono ancora poco chiari. Con il passaggio ad un governo “civile”, seppur formato e sostenuto da militari ed ex ufficiali in divisa, fra i quali lo stesso presidente, il Myanmar sembra aver abbandonato la “linea dura” che ha caratterizzato il ventennio di regime militare del generalissimo Than Shwe. L’uscita di scena del vecchio dittatore pare aver garantito maggiori spazi di libertà per la nazione. Del resto la leadership militare era divisa fra l’ala oltranzista e repressiva vicina a Than Shwe, e il movimento parzialmente riformista dell’attuale presidente Thein Sein, considerato “il volto buono” del regime.

Come ha scritto AsiaNews già nel settembre 2010 – a due mesi dal voto generale – le elezioni rappresentavano per il “generalissimo” l’estremo tentativo di garantire la continuazione del regime dittatoriale, per operare da dietro le quinte e controllare la nazione. Una mossa per evitare di cadere in disgrazia, come successo ai suoi predecessori Ne Win e Saw Maung, sconfessati durante i funerali” (cfr. AsiaNews 20/09/2010 Elezioni birmane: la mossa di Than Shwe per garantirsi “funerali con onore”). Tuttavia l’attuale classe dirigente pare intenzionata a modificare la rotta, aprendo alla comunità internazionale e lasciando intravedere “spiragli di democrazia. (DS)
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