28/07/2006, 00.00
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Il governo di Beirut approva la richiesta di truppe internazionali nel Libano del sud

I ministri di Hezbollah e il presidente Lahoud volevano che avessero solo il ruolo di osservatori. Al-Hayat parla di contatti tra Israele e il Partito di Dio. Vasta e favorevole l'eco all'intervento di mons. Lajolo.

Beirut (AsiaNews) – Passo significativo del governo libanese che ieri sera, superando le resistenze degli esponenti politici di Hezbollah, ha approvato il piano di pace del primo ministro Fuad Siniora che, tra l'altro, prevede "il rafforzamento delle forze internazionali delle Nazioni Unite operanti nel sud del Libano". Lo stesso Consiglio dei ministri ha anche deciso di inviare a Roma il presidente del Parlamento, lo sciita Nabih Berri, a rappresentarlo in contatti diplomatici con l'Occidente. Berri era stato indicato dagli Hezbollah come mediatore nel colloquio con il segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice.

Primi, indiretti contatti tra Israele ed Hezbollah, per il tramite della Germania e della Croce rossa, sono segnalati dal quotidiano pan-arabo al-Hayat. Secondo fonti libanesi, i contatti tra Hezbollah ed Israele sarebbero in una fase iniziale. Condotti indirettamente, non avrebbero toccato questioni concrete per un accordo, ma solo esaminato i principi generali di base per un successivo accordo.

Oggi le televisioni libanesi danno notizia che i siriani stanno costruendo trincee ai confini con Israele e Libano del sud e danno spazio all'intervento del "ministro degli esteri" del Papa, mons. Giovanni Lajolo, visto anche come una critica gli Usa. La frase di mons. Lajolo "Il Libano giardino del Medio-Oriente" è stata ripetuta da quasi tutti i mezzi di comunicazione ed è stata citata anche da molti responsabili libanesi, che hanno affermato l'importanza del ruolo della Santa Sede e del Papa Benedetto XVI. La LBCI, la televisione più seguita in Libano, ha commentato la dichiarazione della Santa Sede come una critica contro la politica degli USA in Libano e nella regione.

Spazio ha avuto anche il nuovo messaggio di Al Qaeda, nel quale il numero due della rete terroristica, l'egiziano Ayman al Zawahiri afferma che il suo gruppo non "rimarrà inerte mentre i proiettili bruciano i nostri fratelli in Libano e Gaza".  Al Zawahiri aggiunge che "tutto il mondo è diventato per noi un campo di battaglia" e che "la guerra con Israele non si ferma con un cessate il fuoco": "dobbiamo ottenere la liberazione di tutta la Palestina e di tutte le terre islamiche dall'Andalusia all'Iraq".

Sono servite più di sei ore di trattative, ieri, per arrivare all'approvazione governativa del piano di pace di Sinora, respinto mercoledì dal capogruppo parlamentare di Hezbollah, Mohammad Raad, vincendo la resistenza dei due ministri del Partito di Dio e del presidente della Repubblica, Emile Lahoud che, prima della riunione del governo, ha lanciato dure critiche contro l'amministrazione americana, che può "ammazzarci, ma non calpestarci" e contro il silenzio del mondo verso i massacri compiuti dallo Stato d'Israele. Lahoud ha definito il vertice di Roma un fallimento programmato dagli Stati Uniti e da Israele, in quanto non ha imposto il cessate del fuoco. A sbloccare la situazione la minaccia di Siniora di interrompere i negoziati per il cessate il fuoco in caso di mancata accettazione del suo piano di pace da parte di Hezbollah. Punto nodale, quello delle truppe internazionali dell'Onu nel sud del Libano, che Siniora vuole come forza di interposizione e quindi rinforzate "in numero, equipaggiamento, mandato e zona di operazione", mentre il Partito di Dio e Lahoud le volevano solo come "osservatori".

Il Consiglio dei ministri ha poi respinto la valutazione di "uno scacco" per la conferenza di Roma, in quanto non ha ottenuto un cessate il fuoco, sostenendo invece che è "un'occasione" per il Libano. È stato ugualmente posto l'accento sulla necessità di non tornare alla situazione precedente il 12 luglio e di non esporre nuovamente il Paese al pericolo.

Ieri sera, infine, l'arcivescovo maronita di Tiro, mons Nabil El Hajj, raggiunto telefonicamente da AsiaNews, ha lanciato un appello per la liberazione dei cittadini di Ain Ebel, Debel e Kozah, che sono città cristiane "dove manca tutto". Egli ha criticato la Croce rossa, che ha liberato gli stranieri di questi tre villaggi, senza pensare ai cittadini ed ha pregato il patriarca maronita, la Santa Sede e tutti i responsabili perché si muovano per liberare 25mila persone che vivono senz'acqua, senza cibo, senza latte per neonati. "Per l'amore di Dio, Aiutateci", ha concluso mons Hajj. (JH)

 

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