21/10/2005, 00.00
SIRIA - LIBANO - ONU
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Il rapporto Mehlis, un colpo al cuore del regime siriano

di Jihad Issa e Youssef Hourany

Damasco cerca di contestare il documento e chiede ai media arabi di negarne la veridicità, ma anche nelle moschee c'è eco della preoccupazione con la quale si aspetta la riunione del Consiglio di sicurezza.

Damasco (AsiaNews) – Una vera bomba politica che colpisce al cuore il regime siriano: questa la prima valutazione che si dà in Libano alla pubblicazione del rapporto Mehlis, secondo il quale "tutto porta a credere ragionevolmente che la decisione di assassinare Rafic Hariri non ha potuto essere presa senza l'approvazione di alti responsabili della sicurezza siriana e che il crimine non avrebbe potuto essere organizzato senza la complicità dei loro omologhi libanesi".

La prima reazione da parte siriana è venuta dal ministro dell'informazione, Mehdi Dakhlallah, che ha definito il documento "parziale, politicizzato e lontano dalla verità". Si tratta, ha aggiunto, "di un manifesto politico contro la Siria", "basato sulle testimonianze di persone note per la loro ostilità al nostro Paese". In una conversazione telefonica con il nostro corrispondente a Damasco Jihad Issa, il ministro ha criticato duramente il rapporto, contestandone il contenuto soprattutto per ciò che concerne l'affermata stretta collaborazione con l'attentato del genero del presidente Assad, il generale Assaf Chawkat. Il ministro ha annunciato che il governo siriano sta preparando una nota politico-informativa e risponderà all'Onu per via diplomatica. Tutto l'interesse degli Stati Uniti verso il Libano, a suo parere, è dovuto in primo luogo al fallimento della sua politica in Iraq e la causa principale che ha creato tutto questo conflitto con gli americani bisognerebbe cercarla in Iraq e non in Libano. Per migliorare i rapporti tra la Siria e gli Stati Uniti, in definitiva "bisognerebbe fare qualcosa sul piano irakeno". Damasco intanto sta chiedendo a tutti i mezzi di comunicazione e soprattutto alle televisioni arabe che trasmettono via satellite di dare avvio ad una campagna contro il rapporto. Per impedire una falsa lettura del rapporto si chiede alla comunità internazionale di leggerlo "in modo imparziale", perché "è molto influenzato dallo stato attuale delle cose che derivano dal peggioramento dei rapporti tra la Siria e la comunità internazionale".

La replica del ministro libanese del'istruzione, Khaled Qabbani,  che ha giudicato il rapporto "altamente tecnico, basato su prove e niente affatto politicizzato" lascia intravedere gli sviluppi, polemici e politici, della questione. Fonti diplomatiche occidentali a Beirut affermano da parte loro che il giudice tedesco ha dato prova di precisione e di serietà nelle investigazioni.

A Damasco come a Beirut c'è attesa per quanto avverrà martedì prossimo, quando il Consiglio di sicurezza dell'Onu si riunirà proprio per affrontare la discussione sul rapporto Mehlis. A sollevare preoccupazione sono anche le implicazioni dell'affermazione del giudice Mehlis, che tocca alla Siria "chiarire una parte considerevole di tutto ciò che non ha trovato risposta".

Oggi intanto, nel  primo giorno dopo la diffusione del rapporto i siriani si sono svegliati preoccupati. Le vie delle città si sono riempite di striscioni che inneggiano al presidente Assad: "siamo con te Bachar, leone degli Arabi", "Siamo innocenti! Chiedete agli americani che ha ucciso Hariri!", "America via dall'Iraq e saremo in pace".

Dello stesso tono le loro prediche di questo venerdì del mese di Ramadan nelle moschee, con diffuse accuse di aver falsificato la situazione. "Il nostro problema reale con gli americani - ha detto cheikh Hassan Safi, imam di Homs - non è dovuto alla situazione del Libano, ma bisognerebbe cercarlo nel vicino Iraq". Nelle moschee si segnala un generale clima di frustrazione e di disagio: ci si chiede se è vero ciò ha detto Mehlis, oppure se fa parte di una politica internazionale che vuole piegare i siriani.

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