Il rompicapo di Pechino tra Afghanistan e Pakistan
Dopo aver puntato sugli spazi aperti dal ritiro degli Stati Uniti, la Cina oggi deve fare i conti con i nuovi venti di guerra tra Kabul e Islamabad che colpiscono anche le migliaia di cinesi che lavorano una delle più importanti direttrici della Belt and Road Initiative. Mentre i talebani arruolano contingenti della diaspora uigura.
Dushanbe (AsiaNews) - Come commenta su Azattyk il giornalista Abubakar Siddiq, la Cina ha considerato l’uscita degli americani dall’Afghanistan nel 2021 come una possibilità di estendere la sua influenza sulla regione, ottenendo l’accesso alle ricchezze minerarie e garantendo una maggiore sicurezza dei suoi confini dalle azioni dei gruppi estremistici. Ora però gli interessi di Pechino sono minacciati dai nuovi scontri armati tra Afghanistan e Pakistan, che prendono di mira anche i lavoratori cinesi e le ditte vicine alle frontiere, anche dalla parte del Tagikistan, coinvolgendo quindi l’intera regione centrasiatica.
Il Pakistan è un importante alleato della Cina, e Pechino vuole trovare la chiave per normalizzare le relazioni tra Kabul e Islamabad, attraverso i meccanismi di collaborazione economica. Il direttore per le ricerche su questi Paesi nell’Istituto per il Vicino Oriente di Washington, Marvin Weinbaum, osserva che “le ambizioni della Cina dipendono dalla stabilità nei rapporti tra i due Paesi in conflitto permanente, cosa che non sta accadendo”, con scontri in corso ormai dal mese di ottobre che hanno provocato la morte di decine di persone.
Il Pakistan ha chiuso le frontiere con l’Afghanistan, e si teme lo scoppio di una vera e propria guerra tra i due, con una tensione che non si registrava ormai da anni. I pakistani accusano gli afghani di aver offerto ospitalità al gruppo estremistico Tehrik-e Taliban Pakistan (Ttp), che sta scatenando un'insurrezione sempre più potente all'interno del Pakistan. Dopo l’armistizio di ottobre continuano ad accendersi focolai di scontri lungo tutto il confine, e a fine novembre i talebani hanno accusato il Pakistan di attacchi aerei sul territorio afghano, con la morte di una decina di persone, quasi tutti bambini.
Weinbaum afferma che Pechino è particolarmente preoccupata che questi sconti possano far saltare tutti i progetti infrastrutturali in questi Paesi, una parte importante della nuova visione dei “corridoi di mezzo” per i trasporti commerciali, e pare che “attualmente la Cina non abbia alcuna leva da usare per normalizzare questa situazione”. Il corridoio cinese-pachistano Kpek è in via di realizzazione con un investimento da 60 miliardi di dollari, all’interno della grande Belt&Road Initiative. Finora Islamabad ha ricevuto circa 25 miliardi dal momento dell’avvio del corridoio nel 2015.
Migliaia di cittadini cinesi lavorano in Pakistan, dove le autorità locali hanno formato speciali reparti di polizia per proteggerli, con centinaia di posti di controllo e passaggio, con una serie di limitazioni intorno ai mega-progetti in corso. La Cina ha quindi concluso un accordo per l’estrazione di petrolio e di terre rare in Afghanistan, venendo incontro alla grave carenza di mezzi economici del governo dei talebani. L’intenzione è quella di estendere il Kpek anche all’Afghanistan, visto come un ponte tra l’Asia meridionale e quella centrale.
Dal 2022 la Cina aveva riattivato il forum diplomatico di alto livello per la collaborazione tra Pakistan e Afghanistan, intervenendo come mediatrice in diversi incontri tra i ministri degli esteri dei due Paesi, con numerosi appelli all’astensione da ogni tipo di conflitto. Anche il direttore del sito Khorasan Diary, Ihsanulla Tipu Mehsud, ritiene che “la Cina ha la priorità della difesa dei propri interessi nella regione, che possono riflettersi sui progetti a livello globale”. I gruppi estremisti stanno aumentando velocemente, compresi quelli direttamente aggressivi contro i cinesi, e la provincia afghana nord-orientale del Badakšan rischia di trasfromarsi in un grande focolaio di combattenti.
Il Badakšan è una regione montuosa che confina con il Pakistan, ed è l’unico itinerario di terra che unisce l’Afghanistan con la provincia cinese dello Xinjiang. Qui sono stati uccisi cinque lavoratori cinesi durante due attacchi, e altri sono rimasti feriti mentre lavoravano per un’azienda di estrazione aurifera cinese-tagica, e non è il primo caso di scontri nella zona. Non si conosce il numero di lavoratori uiguri impegnati in questi cantieri, ma i talebani riuniscono contingenti dalla diaspora uigura per lanciarli all’assalto da diverse regioni dell’Afghanistan, rendendo sempre più drammatica la situazione.
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