02/05/2022, 11.45
HONG KONG-CINA
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Il voto ‘patriottico’ non piace ai giovani di Hong Kong

Vigilia di elezioni per la scelta del nuovo capo dell’esecutivo cittadino. Voto appannaggio di un comitato ristretto pro-Pechino: uno dei tanti motivi che ha spinto i nuovi votanti a disertare le legislative di dicembre. Tra 18 e 30 anni si è presentato alle urne solo il 7% degli aventi diritto.

Hong Kong (AsiaNews) – Le elezioni “patriottiche” non piacciono ai giovani di Hong Kong. Il dato emerge da un’analisi della Hong Kong Free Press (Hkfp), basata sui flussi elettorali relativi alle legislative del 19 dicembre. Lo studio arriva alla vigilia del voto per scegliere il nuovo capo dell’esecutivo cittadino, che l’8 maggio vede concorrere un candidato unico scelto da Pechino: John Lee, ex numero due della leader uscente Carrie Lam. 

Lontano da ogni standard democratico, il voto per la leadership della città è appannaggio di un comitato elettorale filo-Pechino, che le autorità locali considerano “rappresentativo” di tutti gli elettori: in realtà è formato da 1.462 membri a stragrande maggioranza allineati con il  Partito comunista cinese, che decideranno per più di 7 milioni di cittadini.

Nel marzo 2021 il governo centrale ha approvato una legge che permette solo ai “patrioti” di amministrare Hong Kong: un modo per escludere i candidati democratici dalle competizioni elettorali cittadine. Si tratta della seconda risposta repressiva di Pechino alle proteste pro-democrazia del 2019: dopo che nel giugno 2020 Xi Jinping ha imposto una draconiana legge sulla sicurezza nazionale, i principali leader democratici della città sono finiti in prigione o in esilio, oppure hanno abbandonato la politica attiva.

Alle ultime legislative ha votato solo il 30,2% degli elettori. Il dato peggiore dal 1995, quando è stato introdotto il voto per il Legco (il Parlamento locale) nell’allora colonia britannica. Alle elezioni del 2016 aveva votato invece il 58,3% degli aventi diritto: a quelle per i consigli distrettuali del novembre 2019, stravinte dai candidati democratici sull’onda delle proteste anti-establishment scoppiate pochi mesi prima, aveva partecipato il 71% dei votanti.

Secondo quanto riporta la Hkfp, su 1,3 milioni di votanti a dicembre, solo 6.269 nuovi elettori si sono presentati alle urne: è il 6,69% degli aventi diritto per la fascia d’età tra i 18 e i 20 anni: un vero crollo dal quasi 60% del 2016. Se si considera la categoria tra 18 e 30 anni, si arriva a poco più del 7%. I più partecipativi sono stati gli elettori tra 66 e 70 anni (48,5%) e con più di 71 (45,6%).

La maggioranza della popolazione, soprattutto le nuove generazioni, ha preferito snobbare o boicottare un esercizio elettorale privo delle indispensabili garanzie di pluralismo politico. Lam aveva incassato lo schiaffo dicendo che in un’elezione l’affluenza non è importante: a suo dire la scarsa partecipazione significava che l’esecutivo stava facendo un buon lavoro e che gli elettori non erano incentivati a scegliere nuovi legislatori che controllassero il suo operato.

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