11/04/2022, 08.56
RUSSIA
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Invasione Ucraina, l’ingannevole consenso dei russi per Putin

di Vladimir Rozanskij

Sondaggi governativi e indipendenti danno gradimento popolare del presidente russo all’80%. Dati falsati dai timori degli intervistati a esprimersi liberamente. In realtà il Paese è diviso sull’appoggio alla guerra in corso. Molti esprimono solo un senso di “patriottismo”.

Mosca (AsiaNews) – Tutti i sondaggi realizzati tra la popolazione russa, sia quelli controllati dallo Stato sia quelli indipendenti, mostrano una grande crescita del consenso per Vladimir Putin. Prima dell’inizio della guerra contro l’Ucraina, il gradimento del presidente russo era quasi ai minimi storici (una risicata maggioranza), mentre oggi è tornato al trionfale 80% dei tempi dell’annessione della Crimea.

Un fattore molto evidente sono i roboanti servizi televisivi statali, che magnificano il corso vittorioso della “operazione militare speciale” in Ucraina, senza citare quasi mai il numero crescente delle perdite tra i soldati russi. Senza del resto usare le parole “guerra” e “invasione”, proibite dal lessico ufficiale pena gravi sanzioni, la televisione trasmette in diretta i frequenti discorsi del presidente, con gli appelli a prendere le armi e difendere la patria, come lo spettacolare comizio del 18 marzo allo stadio olimpico di Mosca.

Nei giorni scorsi il più autorevole tra i centri di ricerca sociologica in Russia, l’istituto Levada, ha pubblicato i risultati degli ultimi sondaggi: mostrano un costante sostegno popolare alla politica aggressiva presidenziale. Eppure, insieme al consenso si nota tra la popolazione una notevole reticenza a parlare apertamente e onestamente degli eventi in corso, quella che la London School of Economics definisce la “falsificazione delle preferenze” in campo statistico-sociologico. Resta da capire se questa posizione nasconda una critica alla dirigenza russa, o sia solo indifferenza rispetto a un’informazione chiaramente parziale.

Secondo alcuni ricercatori, come Filipp Čapkovskij e Max Šaub, “è chiaro che il timore delle repressioni può portare ad alterare le dichiarazioni sulle proprie preferenze, ma è difficile dimostrare questo meccanismo sociale”. Per questo è stato usato dai sondaggisti un meccanismo di raccolta dati detto “Toloka”, usato normalmente nel marketing: sono state raccolte in breve tempo 3mila risposte a una lista di domande riguardanti pratiche come i matrimoni omosessuali, la limitazione del diritto all’aborto, la guerra in Ucraina, i sussidi ai cittadini russi sulla soglia della povertà e altre, senza chiedere il consenso a questi punti, ma soltanto il numero complessivo di quelli approvati.

A metà dei rispondenti era stato incluso il punto sulla guerra in Ucraina, e non all’altra metà, e a tutti era stata inserita la domanda generica “approvate la guerra?”, a cui rispondere direttamente di sì o di no. Dai risultati si evidenzia che il 68% è a favore della guerra, ma dalla “lista speciale” dei questionari tale consenso è appena superiore al 53%. Il commento dei ricercatori è che i russi non dicono effettivamente la verità su questo punto.

Sull’opinione pubblica influiscono le censure informative, ad esempio la mancata comunicazione del ritiro delle truppe russe da Kiev, che era considerata l’obiettivo principale della campagna bellica, e anche il fatto che nessuna delle città occupate si possa considerare sotto il controllo totale delle truppe russe. Per non parlare delle stragi di civili a Bucha e in altre località, che quando i russi si rivolgono alla stampa estera vengono tacciate come una messinscena degli ucraini, mentre all’interno vengono semplicemente ignorate.

Molti esperti chiedono al Levada di pubblicare anche il “coefficiente delle risposte”, cioè il numero di quanti hanno accettato di rispondere, rispetto a chi si è rifiutato. Il direttore del Levada, Denis Volkov, non ha finora accettato di commentare questa richiesta, limitandosi ad ammettere che le percentuali di consenso erano state fissate “dall’alto” già prima dell’inizio delle azioni militari. Egli ha anche osservato che un consenso così scontato e “costruito” non appare comunque monolitico, e in definitiva si può affermare che “una metà della popolazione sostiene il presidente senza se e senza ma. Nella metà rimanente esistono molti dubbi: non si approva la guerra, ma si ritiene un dovere esprimere il proprio patriottismo”.

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