25/05/2024, 10.05
IRAN
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Kermanshah: demolito il Masih Hospital, fondato da missionari ai primi del ‘900

La struttura, progettata dall’architetto iraniano-armeno Markar Galstiants, era fra i numerosi nosocomi e istituzioni fondate dai missionari presbiteriani americani a inizio del secolo scorso. Quattro anni fa si era salvato dall’abbattimento, il direttore del Patrimonio della città lo aveva definito “prezioso” e “storico”. 

Teheran (AsiaNews) - Non solo chiese domestiche, ma anche gli ospedali finiscono nel mirino degli ayatollah in Iran, che in questi giorni vive un periodo di lutto per lo schianto dell’elicottero che ha ucciso il 19 maggio scorso il presidente Ebrahim Raisi. Un nosocomio finanziato e costruito oltre un secolo fa da missionari presbiteriani americani, e confiscato all’indomani della nascita della Repubblica islamica nel 1979, sarebbe stato demolito dopo una disputa sulla proprietà che si è trascinata a lungo. È quanto denuncia Article18, sito specializzato nel documentare le repressioni in atto nel Paese contro le minoranze religiose, soprattutto quella cristiana, secondo cui il Masih (Messia) Hospital, nella cittadina occidentale di Kermanshah, è andato distrutto. La struttura era uno dei numerosi ospedali e altre istituzioni fondate dai missionari nei primi anni del 1900.

Già quattro anni fa il nosocomio aveva rischiato l’abbattimento, per poi essere salvato dopo una feroce disputa e aver riacquistato il suo status di ospedale “registrato” sul piano nazionale. Si era già diffusa la pandemia di Covid-19 e il sistema sanitario iraniano aveva vacillato a lungo sotto il peso dei contagi e il numero - spesso sottostimato - delle vittime. Commentando la decisione all’epoca Omid Ghaderi, direttore generale dell’Ufficio del patrimonio culturale della città, aveva definito l’edificio “prezioso” e “storico”, progettato dal famoso architetto iraniano-armeno Markar Galstiants e che, per questo, sarebbe stato protetto. In precedenza era stato bersaglio di diversi atti di vandalismo negli ultimi anni, tra cui un tentativo di incendio doloso nel marzo del 2020.

La battaglia per la tutela della struttura non è servita a salvarlo dalla demolizione. Una disputa che si era venuta a creare prima di tutto con il proprietario, che aveva richiesto a lungo la demolizione per stravolgerne la destinazione d’uso. E dopo anni di controversie, la decisione finale di abbatterlo che è stata portata a termine il 22 maggio scorso.

Il proprietario aveva sostenuto che l’edificio, inutilizzato da 20 anni, non valeva più la pena di essere conservato, dato che era stato gravemente danneggiato da un incendio e sarebbe diventato la dimora di vagabondi e tossicodipendenti. Di contro, un portavoce dell’organizzazione locale per il patrimonio culturale ha dichiarato che verrà presentata una denuncia per la demolizione, perché non sarebbe stata autorizzata, aggiungendo che non verrà concesso il permesso di costruire un altro immobile sul terreno a meno che non sia una replica esatta del vecchio ospedale.

L’ospedale Masih è una delle numerose istituzioni gestite da cristiani confiscate in seguito alla rivoluzione del 1979, quando i missionari che avevano fondato scuole, ospedali e istituzioni per non vedenti sono stati costretti a lasciare l’IIran con montare di un sentimento anti-estero. Molte delle strutture abbandonate, fra cui l’ospedale Masih, hanno continuato a funzionare sotto la nuova leadership musulmana, ma altre sono state lasciate vuote e in seguito riadattate, come l’ex casa del vescovo anglicano dell’Iran a Isfahan, che è stata recentemente trasformata in un museo. 

Il sistema sanitario della Repubblica islamica, pur essendo fra i più solidi della regione mediorientale, ha attraversato una fase di criticità con il Covid-19 anche a causa della difficoltà di reperimento dei farmaci, a causa delle sanzioni occidentali per il programma nucleare. Di recente, invece, è esplosa la crisi delle infermiere a causa della fuga all’estero di molte operatrici: un’emergenza confermata anche da un membro della leadership del Consiglio medico iraniano (Irimc) secondo cui gli ospedali oggi sono ben al di sotto degli standard internazionali per il trattamento dei pazienti. Abolghasem Talebi, membro del Consiglio supremo Irimc, ha dichiarato alla radio di Stato nel marzo scorso che la forte disparità tra Repubblica islamica e lo standard globale per il rapporto infermieri-letto evidenzia lo stato critico del sistema sanitario.

Ogni anno, prosegue il funzionario, quasi 3mila infermieri lasciano l’Iran, una cifra enorme che contrasta con le 10mila che vengono formate nello stesso periodo negli istituti di settore. Questo esodo di massa, ha proseguito Talebi, crea un “disastro” per il sistema sanitario nazionale che impiega attualmente circa 240mila infermieri e che, anche con gli sforzi di reclutamento, rimane ben al di sotto degli standard internazionali accettati. Migliaia di operatori hanno lasciato il Paese negli ultimi anni, soprattutto a causa dell’aggravarsi della crisi economica, delle difficili condizioni di lavoro e della mancanza di libertà sociali e politiche. I media stimano che circa 16mila medici, compresi gli specialisti, sono emigrati dal 2020, facendo temere una crisi della sanità pubblica.

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