22/10/2025, 11.31
FILIPPINE
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La Chiesa filippina e la riforma della tutela dei minori e dei vulnerabili

La Prima Conferenza Nazionale sulla Tutela tenutasi ad Angeles è stata vissuta non solo come una serie di lezioni e workshop, ma anche come un pellegrinaggio di coscienza: una resa dei conti con gli errori del passato e un passo coraggioso verso il rinnovamento ecclesiale su questo tema.

Angeles (AsiaNews) - Nel cuore della provincia di Luzon Centrale, la città di Angeles è stata il palcoscenico di un momento storico per la Chiesa cattolica nelle Filippine. Con il tema “La nostra missione di tutela: un cammino di speranza e compassione”, la conferenza è stata organizzata dall’Ufficio episcopale per la protezione dei minori e delle persone vulnerabili (PMVP) della Conferenza episcopale cattolica delle Filippine (CBCP), in collaborazione con la Pontificia Commissione per la tutela dei minori (PCPM), il Catholic Safeguarding Institute (CSI) e la Conferenza dei Superiori maggiori delle Filippine (CMSP).

L’incontro ha riunito 300 delegati, tra cui vescovi locali, membri del clero, leader religiosi, professionisti laici, ospiti internazionali e rappresentanti delle Conferenze episcopali cattoliche di Malaysia, Singapore, Brunei e Vietnam. Secondo i dati della conferenza, erano rappresentati il 76% delle diocesi, il 71% dei vicariati apostolici e il 50% delle prelature nelle Filippine, oltre all’Ordinariato militare.

Un appello alla conversione e alla responsabilità

La conferenza si è aperta con una Messa presso la Parrocchia del Santo Rosario, presieduta dall’arcivescovo Florentino Lavarias, che ha anche tenuto il discorso di benvenuto. Lavarias ha invitato i leader della Chiesa a considerare la tutela non come un obbligo burocratico, ma come un imperativo teologico radicato nel Vangelo.

“La tutela non è solo amministrativa,” ha detto Lavarias. “È un dovere sacro che riflette la nostra vocazione a camminare insieme nella sinodalità e nella compassione.”

L’ispirazione per la conferenza nasce dai ripetuti appelli di papa Francesco affinché la Chiesa dia priorità alla protezione dei minori e delle persone vulnerabili. Nella sua lettera apostolica del 2019, il pontefice scriveva: “Garantire la sicurezza dei minori e delle persone vulnerabili è parte integrante della missione della Chiesa”. Esortava inoltre i fedeli a creare ambienti sicuri e a vivere una “conversione continua e profonda” per restaurare la credibilità della testimonianza ecclesiale.

Prospettive globali e locali

Il vescovo Luis Manuel Ali Herrera, segretario della PCPM, ha tenuto un intervento chiave sottolineando come la tutela sia un cammino condiviso di sinodalità, solidarietà e speranza. Ha invitato i leader ecclesiastici a superare il negazionismo e ad abbracciare la trasparenza, citando la Lettera di papa Francesco al Popolo di Dio del 2018, che riconosceva la gravità degli abusi e invocava una risposta comunitaria.

“La protezione non è un compito amministrativo,” ha detto Ali Herrera. “È un imperativo teologico e un mandato evangelico”. Il presule ha anche ribadito l’importanza di un approccio centrato sulle vittime, dove la sicurezza e il benessere dei sopravvissuti sono prioritari. Ha chiesto una leadership decisa e l’integrazione della tutela nella pianificazione pastorale e nella governance diocesana.

L’arcivescovo Charles Jude Scicluna, segretario aggiunto del Dicastero per la Dottrina della fede, è intervenuto tramite videomessaggio, illustrando l’eredità di papa Francesco nella promozione della protezione dei minori, come la creazione della PCPM nel 2014, l’emanazione di Vos Estis Lux Mundi nel 2019 e la revisione del Libro VI del Codice di Diritto Canonico nel 2021.

Scicluna ha sottolineato la necessità di proteggere i denuncianti da ritorsioni e di garantire la dignità degli accusati, riconoscendone i diritti e il bisogno di accompagnamento pastorale. Ha citato anche l’esortazione recente di papa Leone XIV ai vescovi affinché agiscano con decisione nei casi di abuso e rispettino la legislazione vigente.

Mons. Brendan Daly, vicario giudiziale della Chiesa cattolica in Nuova Zelanda, ha parlato dell'integrazione della tutela nel diritto canonico. Ha sottolineato che la tutela deve essere incorporata nella governance, nella cultura e nella leadership della Chiesa. Ha parlato dell’importanza della denuncia obbligatoria, della collaborazione con le autorità civili e della necessità di trasparenza e responsabilità. “La trasparenza non è opzionale,” ha detto Daly. “È essenziale per ricostruire fiducia e credibilità”.

Una rete di programmi ecclesiali per la tutela

La conferenza ha presentato una serie di programmi pensati per creare una cultura della sicurezza nella Chiesa. Il Catholic Safeguarding Institute offre servizi di educazione, formazione, ricerca, accompagnamento e consulenza. Il suo approccio si fonda sulla conversione personale e sulla fraternità, assicurando che la tutela sia radicata nei valori evangelici.

La Conferenza dei Superiori maggiori delle Filippine fornisce percorsi di protezione, prevenzione, indagine e riparazione. Altri operatori includono il Cebu Independent Safeguarding Team, le Suore Salvatoriane e alcune diocesi che hanno posto la tutela al centro delle loro attività pastorali.

L’integrazione della tutela nella formazione assicura che clero, religiosi e laici comprendano e vivano questi valori per difendere la dignità umana. L’obiettivo è creare una Chiesa in cui ogni persona - specialmente minori e soggetti vulnerabili - si senta protetta, rispettata e valorizzata.

Approfondimenti pratici sulla tutela

Durante i quattro giorni dell’evento, i delegati hanno partecipato a sessioni parallele guidate da esperti filippini e internazionali. I temi trattati includevano Diritto canonico e tutela, Sicurezza digitale, Accompagnamento delle vittime, Comprensione dei perpetratori, e Tutela nel diritto civile.

Le discussioni hanno evidenziato l’importanza di politiche e procedure efficaci, regolarmente aggiornate e coerenti con il diritto canonico e la legislazione nazionale. Si è esplorata l’importanza di pratiche rigorose di reclutamento, formazione continua e aggiornamenti, soprattutto in relazione agli abusi che si manifestano nel mondo digitale.

È stata riconosciuta come essenziale una gestione efficace dei reclami, con personale formato e autorizzato a indagare in modo imparziale e tempestivo, anche su casi storici o anonimi. Si è invitata la leadership ecclesiastica a incarnare l’integrità, applicando attivamente le politiche di tutela, assumendosi la responsabilità per tutte le parti coinvolte e mantenendo la trasparenza con rapporti pubblici regolari.

Una cultura dell’ascolto e della guarigione

La conferenza ha sottolineato che la tutela deve fondarsi su una cultura dell’ascolto. Le vittime dirette e quelle secondarie devono essere accolte con compassione, cura terapeutica e spirituale, nel rispetto della loro dignità e privacy. Questo impegno riflette la missione più ampia della Chiesa come santuario di guarigione e giustizia.

Nei saluti finali, gli organizzatori hanno ribadito l’urgenza della riforma nella tutela e l’importanza della collaborazione oltre i confini ecclesiali e culturali. La conferenza si è conclusa con un rinnovato impegno a costruire una Chiesa che protegga i vulnerabili, ascolti le vittime e agisca con coraggio e compassione.

 

Foto: National Safeguaring Conference

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