16/08/2017, 11.03
VIETNAM - TAIWAN
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La Chiesa vietnamita porta a Taiwan le proteste delle vittime della Formosa

“All'estero per farci ascoltare”. Mons. Paul Nguyên Thai Hop, vescovo della diocesi di Vinh, in visita a Taipei col Comitato di sostegno alle vittime. Al centro delle proteste vi sono i criteri con cui governo vietnamita e Formosa hanno deciso l’importo dei compensi. La provincia di Nghệ An esclusa dall’elenco delle quattro province interessate dai risarcimenti.

Hanoi (AsiaNews) – Mons. Paul Nguyên Thai Hop, vescovo della diocesi di Vinh (nella provincia centro-settentrionale di Nghệ An) ha guidato una delegazione a Taiwan, dove ha sede la multinazionale Formosa Plastics Group. Il comitato condotto dal prelato ha avanzato le richieste e sostenuto la causa dei pescatori vietnamiti colpiti dal disastro marino dell'aprile 2016, di cui la compagnia taiwanese è responsabile.

La fuoriuscita di liquami tossici da un’acciaieria della Formosa ha inquinato più di 200 chilometri di costa lungo le province costiere del Vietnam centrale. I circa 12mila metri cubi di veleno riversati ogni giorno nelle acque del mare hanno causato la morte di circa 115 tonnellate di pesci.  Oltre 40mila pescatori e gli operatori del settore turistico sono da allora senza lavoro, mentre l’economia della regione è in ginocchio. La Formosa ha pagato 500 milioni di dollari Usa per la bonifica e la compensazione delle vittime, ma il lento e irregolare versamento dei fondi da parte del governo vietnamita ha suscitato le proteste dei cittadini, che continuano ad essere organizzate a più di un anno di distanza dalla tragedia.

In un’intervista rilasciata a Radio Free Asia, mons. Nguyên racconta la visita del Comitato di sostegno alle vittime del disastro marino e l’incontro con personalità coinvolte in azioni legali contro la Formosa, per i danni ambientali provocati nel corso degli anni a Taiwan. Il vescovo critica l’atteggiamento “da vittima” che la Formosa ha assunto nel suo Paese d’origine e denuncia la complicità del governo vietnamita, che collabora con la compagnia per alleviare l'impatto dei risarcimenti. Mons. Nguyên ricorda inoltre che molte volte le autorità di Hanoi hanno represso i sostenitori delle vittime.

Il vescovo di Vinh spiega che ad oggi il numero delle persone risarcite supera quello di chi ancora attende i pagamenti. Tuttavia, al centro delle proteste della Chiesa vietnamita vi sono i criteri, non basati su specifiche analisi dei danni, con cui Stato e Formosa hanno deciso l’importo dei compensi. Altro motivo di disaccordo è l’esclusione di Nghệ An dall’elenco delle quattro province interessate dai risarcimenti (Hà Tĩnh, Quảng Bình, Quảng Tri e Thừa Thiên-Huế). “Abbiamo sollevato la questione alle autorità di Nghệ An. – afferma il prelato –  Per fortuna, esse hanno riconosciuto di essere in debito con la popolazione, ma non hanno ancora i soldi per compensarla”. Inoltre, la somma di 500 milioni è destinata a coprire solo il 2016. “E per i mesi successivi?”, chiede mons. Nguyên.

La Chiesa sostiene le popolazioni colpite ed è impegnata in numerose attività per la difesa dei loro diritti. I cattolici delle province centrali del Vietnam, le più colpite, sono finiti nel mirino delle autorità vietnamite a causa delle loro iniziative di protesta contro il governo per la mancata assistenza alle vittime. Diversi membri del clero cattolico e altri attivisti hanno subito molestie e arresti da parte del governo. Riguardo la sua visita a Taiwan, mons. Nguyên afferma di non aver ricevuto indicazione da parte dei suoi superiori. “Non vi erano ordini, ma vi è sempre una chiamata dalle dottrine cattoliche, in particolare da papa Giovanni Paolo II. Egli ci invita ad accompagnare le vittime ed i poveri. Inoltre, essendo i leader della diocesi di Vinh, non possiamo sederci e stare a guardare la gente che soffre. Ecco perché siamo andati all'estero per farci ascoltare, sperando di essere d’aiuto. Inoltre, ripeto che la Formosa è molto cattiva, hanno un sacco di soldi e di potere. Desiderosi di fare qualcosa per le vittime, alziamo la nostra voce per la giustizia e per far capire loro che non sono soli”.

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