La Russia in Siria un anno dopo
A una anno dalla caduta del regime di Bashar al-Assad Mosca non ha più nessun ruolo attivo all’interno della Siria. Ma al-Sharaa è andato in Russia a incontrare Putin e le relazioni tra i due Paesi sono improntate al pragmatismo, dipendendo comunque Damasco dal petrolio e dal grano russo. Il nodo delle basi aeree e del porto di Tartus.
Mosca (AsiaNews) - Un anno fa i ribelli islamici della Siria hanno rovesciato in modo travolgente il regime di Bashar al-Assad, che era al potere a Damasco da quasi da un quarto di secolo, mettendo fine a una guerra civile in corso dal 2011 e a decenni di violenta dittatura. Il nuovo governo di Ahmed al-Sharah ha però ancora un lungo percorso da compiere, in quanto i tanti problemi della Siria non si sono certo risolti, e anche la presenza dei russi, già sostenitori di Assad che ora si trova a riposo a Mosca, non è ancora del tutto dissolta.
La sera dell’8 dicembre il centro di Damasco e di tante altre città siriane è stato illuminato da tante luminarie e fuochi d’artificio, ovunque risuonavano musiche festose, con centinaia di migliaia di persone che festeggiavano per la strada il primo anniversario della liberazione. Le manifestazioni continuano ancora per giorni, cercando di dimenticare la lotta del governo contro i continui scoppi di conflitto interconfessionale e interetnico, e le enormi difficoltà delle condizioni sociali ed economiche della popolazione. Quattordici anni di guerra intestina, a cui tante potenze esterne hanno preso parte, ha cancellato non meno di mezzo milione di vite umane, e milioni di profughi siriani sono dispersi in tutto il mondo.
I vertici attuali della Siria stanno ancora cercando di capire come fare a ricostruire l’intero Paese, ridotto in gran parte a un cumulo di rovine, e soprattutto come restaurare le istituzioni statali e locali, per riuscire a governare i circa 25 milioni di siriani rimasti in patria (e in vita). Il nuovo presidente as-Sharah ha girato il mondo in cerca di aiuti, dall’Arabia Saudita alla Turchia, dalla Francia agli Stati Uniti, dove nel 2013 era stato definito “uno dei terroristi ricercati più pericolosi”, con una taglia da 10 milioni di dollari anche solo per qualche informazione su di lui. Ora ha incontrato due volte il suo nuovo amico Donald Trump, ottenendo la cancellazione di molte sanzioni, parlando a settembre dalla tribuna dell’Onu, il primo presidente siriano a farlo dopo 58 anni.
Infine a ottobre si è recato a Mosca, per incontrare Vladimir Putin, rimanendo due ore e mezza a colloquio, senza rilasciare alcun commento. Il presidente russo, secondo informazioni diffuse in seguito a Damasco, ha fatto capire di voler conservare le basi aeree militari in Siria a Hmeimim e Qamishli, continuando ad utilizzare il porto di Tartus sul Mediterraneo, dislocazioni ritenute strategiche per la Russia verso l’Africa, dove la presenza russa e la sua influenza sui governi di diversi Paesi appare sempre più intensa.
Apparentemente, la Russia non ha nessun ruolo attivo all’interno della Siria, e la maggior parte dei suoi soldati ha lasciato il Paese. Le basi militari e i diversi progetti commerciali dipendenti da Mosca sembrano completamente abbandonati, mentre il porto di Tartus sotto Assad era di fatto controllato dai russi, e ora i pochi russi rimasti devono chiedere permessi per qualunque movimento e attività. Comunque una certa presenza russa è rimasta, anche se al-Sharah avrebbe potuto obbligare tutti ad andarsene. Il nuovo leader siriano dimostra in questo un notevole pragmatismo, superiore ai dettami ideologici e ai ricordi della guerra civile, in cui i russi difendevano il regime di Assad.
La Russia era e rimane il principale fornitore di petrolio e grano in Siria, che vengono importati con enormi sconti rispetto ad altri Paesi. La Russia rimane comunque un membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu, e le armi che girano in Siria sono per lo più quelle russe, e al-Sharah ha sempre bisogno di Mosca per garantire la sicurezza del suo governo. Un problema che non si può risolvere senza l’appoggio della Russia è il rispetto della convenzione del 1974 per la divisione delle forze tra Israele e Siria nelle colline del Golan, che gli israeliani hanno infranto subito dopo la caduta di Assad, occupando diversi territori di confine a lungo difesi proprio dai russi. Uno dei principali consiglieri di al-Sharah è il fratello maggiore, Makher ai-Sharah, medico che ha studiato in Russia ed è sposato con una russa, Tatiana Zakirova, e che oggi segue le relazioni con Mosca per conto del governo di Damasco.
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