06/02/2024, 08.55
UZBEKISTAN
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La grande retata delle 'bande di strada' in Uzbekistan

di Vladimir Rozanskij

Ancora oscuri i controni di una vasta operazione antimafia che negli ultimi mesi ha colpito anche personaggi di spicco, con legami importanti con i palazzi del potere a Taškent e in altri Paesi vicini. Tra le figure più note il 70enne Salim Abduvaliev, fino a ieri presentato come "un grande imprenditore e mecenate".

Taškent (AsiaNews) - Le forze dell’ordine dell’Uzbekistan non hanno finora chiarito i dettagli delle operazioni che hanno portato nei mesi scorsi ad arresti di massa, e che sono stati definiti sulla stampa “le retate contro le bande di strada”. Anche alle richieste di Radio Ozodlik, i rappresentanti del ministero degli interni di Taškent hanno risposto che “tutti i chiarimenti necessari verranno forniti solo alla fine delle indagini”, e neppure i parenti e gli avvocati degli arrestati hanno accettato di parlare con la stampa.

Decine di persone sono ancora detenute, dopo quelli che vengono anche chiamati i “40 giorni di fuoco” tra novembre e dicembre del 2023; tra di esse vi sono anche rappresentanti di spicco del mondo criminale uzbeko come il 70enne Salim Abduvaliev, noto in tutto il mondo post-sovietico come “Salimbaj” o “Salim il riccone” e tanti altri, che hanno finora cercato di negare la loro appartenenza alle mafie locali. I raduni delle bande di strada hanno spinto a un’operazione congiunta del ministero, delle forze di sicurezza e dell’amministrazione della capitale, insieme ad altri organismi dell’Uzbekistan, per “migliorare la situazione criminogena del Paese”. Insieme a Salimbaj sono stati arrestati anche il “ladro per legge” Bakhtijar Kudratullaev, noto come Bakhti Taškentskij, il “padrino di Taškent”, e Abbas Khadžaev, detto “il sorvegliante” della capitale uzbeka.

Nel corso delle retate sono stati individuati anche altre stelle emergenti del mondo criminale, come ad esempio Saidaziz Saydaliev, noto come “l’uomo degli incroci”, anch’egli arrestato dalla polizia di Taškent. Il primo vice-capo della polizia, Doniyor Taškhodžaev, ha comunicato alla stampa che sono state presentate 38 accuse di reati gravi per estorsione, truffa, porto illegale di armi e possesso di esplosivi, possesso e commercio di narcotici e sostanze psicotrope, o semplicemente di vandalismo, per un insieme di 116 persone.

Rimangono oscure le motivazioni che hanno provocato le retate, e perché esse abbiano avuto luogo soltanto ora, visto che diversi personaggi criminali erano noti da tempo. Tutti gli avvocati delle persone arrestate hanno dovuto firmare un accordo di non diffusione dei particolari delle indagini, e un’analoga dichiarazione sarebbe stata imposta agli stessi inquisitori, tanto che la maggior parte del personale del ministero degli interni e della procura risulta all’oscuro riguardo alle operazioni in corso.

Gli eventi dei “40 giorni di fuoco” hanno suscitato in realtà un grande interesse nell’opinione pubblica, non avendo analoghi di questa portata in tempi precedenti, colpendo bande che dominavano la scena fin dai tempi sovietici. Diversi criminali arrestati avevano da tempo rapporti con persone o gruppi legati alle cerchie del potere in Uzbekistan e in altri Stati, risalendo fino alla Russia. Abduvaliev, in particolare, è noto come “grande imprenditore e mecenate”, dal gennaio 2017 ricopriva la carica di vice-presidente del comitato olimpico nazionale e guidava l’associazione di lotta sportiva, ed era un grande sostenitore dell’attuale presidente Šavkat Mirziyoyev, che nel 2016 lo aveva premiato come “migliore allenatore sportivo dell’Uzbekistan”.

Secondo i rapporti di vari servizi internazionali, “Salimbaj” conduceva un “commercio di cariche statali” e perfino di uffici diplomatici, rappresentando il Paese all’estero tramite suoi emissari. Più volte indagato e interrogato dai giornalisti, aveva sempre negato ogni attività illegale. Ora viene tenuto segreto anche il luogo della sua detenzione, e il suo arresto ha creato scandalo anche nel vicino Kirghizistan, dove aveva uomini di fiducia anche nel Žogorku Keneš, il parlamento di Biškek, con trame risalenti fino al presidente Sadyr Žaparov e al capo del comitato di sicurezza Kamčybek Tašiev. Si attendono molte altre sorprese dalle indagini in corso, in Uzbekistan e in Kirghizistan, e forse anche in altri Paesi.

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