10/12/2025, 08.52
RUSSIA
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La religione nella politica russa

di Vladimir Rozanskij

Nella nuova strategia di politica nazionale voluta da Putin si parla anche della questione religiosa rafforzando ulteriormente il ruolo della Chiesa ortodossa. E mettendo sullo stesso piano tra le "minacce" il terrorismo estremista e la "russofobia" nelle relazioni inetretniche e interreligiose.

Con la conferma del presidente Vladimir Putin, è stata approvata la nuova strategia di politica nazionale della Russia fino al 2036, l’anno in cui dovrebbe concludersi a norma di legge il suo ultimo mandato presidenziale, all’età di 84 anni, salvo ulteriori proroghe. Nel settore delle possibili minacce da prevenire, si parla anche della questione religiosa, che è comunque ben presente nelle “strategie nazionali” da oltre un decennio, su insistenza della stessa Chiesa ortodossa russa che vuole sottolineare il proprio ruolo cruciale come “incarnazione ed espressione dell’anima del popolo russo”.

Nella strategia ufficiale vengono evidenziati gli scopi, i principi e le priorità della politica della Federazione, per garantire la sicurezza a tutti i livelli nazionali e regionali. Nel nuovo documento si sottolineano i cambiamenti nella “condizione attuale delle relazioni interetniche all’interno della Federazione Russa”, richiamando la definizione precedente della Russia come “uno dei principali Stati multietnici del mondo”, che ora viene integrata con il concetto che “la politica nazionale si basa sull’esperienza storica dell’istituzione e dello sviluppo della Russia come uno Stato-civilizzatore samobytnoe”, cioè “in forza della sua identità”, inserendo uno dei termini più specifici del movimento slavofilo ottocentesco.

A questo si lega l’affermazione sul ruolo unificatore del “popolo russo istitutore dello Stato”, un’espressione che nei testi classici della cultura russa si lega direttamente all’azione della Chiesa ortodossa, e che nel 2020 è stata inserita nella nuova costituzione putiniana in termini meno espliciti. Anche nella precedente formulazione della “strategia” si parlava del “ruolo di collegamento sistematico” del popolo russo rispetto agli altri popoli. Si sottolinea che in base agli ultimi censimenti si evidenziano oltre 190 diverse etnie in Russia, con una maggioranza assoluta di russi (80,85%).

Nel contesto dei conflitti in corso, nel documento vengono presentate molto più dettagliatamente le “minacce alla sicurezza nazionale”, a cominciare dalle “azioni intraprese dagli Stati non amichevoli per la destabilizzazione delle relazioni interetniche e interreligiose, per la disgregazione della società russa e la distruzione della sua unità interna”. Tra questi pericoli si sottolinea il tentativo da parte di persone che hanno ottenuto la cittadinanza russa di “diffondere ideologie di terrorismo, estremismo e neo-nazismo, mentalità russofobica, idee radicali basate su specifiche posizioni nazionali e religiose”, mettendo insieme le influenze occidentali e orientali anche dal punto di vista religioso.

Si condanna la “russofobia crescente in ambito internazionale, il discredito della lingua e della cultura russa”, minacce legate chiaramente all’Ucraina, ma anche che confliggono con “le religioni tradizionali della Russia, distorcendo la verità storica e annullando la memoria storica della Grande Guerra Patriottica e di altri eventi importanti della storia russa, e i ruoli dei popoli della Russia in queste vicende”. Si denuncia la concentrazione “inopportuna” di etnie particolari in alcuni territori, legata a processi migratori “ispirati dall’esterno”.

Lo scopo della nuova strategia è “il rafforzamento dell’unità del popolo multietnico della Federazione russa e dell’identità russa comune, mantenendo la multiformità etno-culturale, linguistica e religiosa per lo sviluppo integrale e la stabilità sociale della nazione”. Non si parla più delle “istituzione democratiche”, né della “garanzia della parità dei diritti e delle libertà della persona”, escludendo la formazione di partiti politici legati “alla razza, all’etnia o all’appartenenza religiosa”. Il politologo Vadim Trukhačev, insieme ad altri esperti, osserva che con questa impostazione sarebbe stato necessario inserire una lista esplicita dei popoli nativi della Russia, mentre si evidenziano solo alcuni dei popoli minori, escludendo quelli ben più significativi legati ai territori dell’Asia centrale. L’identità russa si difende quindi con un sempre maggiore isolamento, benedetto dall’autorità esclusiva della Chiesa ortodossa.

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