11/09/2025, 08.44
TAGIKISTAN
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La violenza sui bambini in Asia Centrale

di Vladimir Rozanskij

Il caso di un quindicenne morto in Tagikistan per le conseguenze di una "punizione corporale esemplare" inflittagli dal padre ha riacceso i riflettori sul problema delle violenze domestiche. Secondo alcuni dati nel Paese sarebbero il 60% dei minori di 14 anni a subirle. E nonostante i divieti introdotti per legge, ad accentuare il problema oggi sono i "video dimostrativi" inviati ai parenti o caricati sui social network in cerca di approvazione sociale.

Dušanbe (AsiaNews) - Un caso recente in Tagikistan ha sconvolto non solo la popolazione locale, ma un po’ tutta la società nei Paesi dell’Asia centrale, dove vige ancora la regola “Mio figlio lo educo come voglio io”, senza intromissioni dall’alto o dall’esterno. Un padre che aveva sospetti sul fatto che il figlio avesse commesso un furto, dopo averlo picchiato a sangue lo ha legato alla macchina, trascinandolo per strada fino alla morte. Le punizioni corporali dei bambini sono ritenute normali in queste zone, le sberle per i brutti voti a scuola, e le violenze fisiche come mezzo di persuasione e fustigazione con la cintura per disobbedienze.

La vicenda in Tagikistan, a 60 chilometri dalla capitale Dušanbe, ha riguardato un padre 40enne nei confronti del figlio 15enne che avrebbe rubato 600 somoni (60 dollari), ed egli stesso ha filmato la sua punizione diffondendo il video a scopo dimostrativo. Non è il primo caso del genere in Tagikistan, come a novembre 2024, quando un altro video mostrava una donna 54enne che picchia con un bastone cinque bambini piccoli che urlano e cercano di difendersi raggomitolati a terra, un fatto avvenuto nella regione di Khatlon che riguardava la nonna materna dei nipoti tra i 3 e i 7 anni, e in quel caso la donna è stata arrestata con l’accusa di violenza sui bambini. Sempre in quella regione, un’altra donna 35enne aveva picchiato il figlio di 10 anni in strada, alla presenza dei passanti che hanno pubblicato il video del piccolo col naso sanguinante.

Le statistiche ufficiali di questi Paesi dicono che circa il 40% delle popolazioni locali ha meno di 28 anni, e solo in Tagikistan nel 2024 si era arrivati a poco meno di mille atti di violenza denunciati, per non parlare di quelli rimasti tra le mura domestiche. Molti di questi minori hanno riportato ferite e danni alla salute fisica e psicologica, di livello piuttosto grave. Questo nonostante nel 2024 il Tagikistan sia diventato il secondo Paese centrasiatico, dopo il Turkmenistan, dove le violenze corporali sui figli sono state proibite per legge, ma i dati parlano di oltre il 60% di minori di 14 anni che continuano a subirle.

Ad aprile di quest’anno anche l’Uzbekistan ha approvato la legge “sulla difesa dei bambini da tutte le forme di violenza”, in cui si proibisce ai genitori di usare le punizioni corporali come mezzo di educazione dei figli. Il motivo della scelta è stata la pubblicazione di un’inchiesta condotta dall’Unicef, secondo cui il 62% dei bambini uzbeki sotto i 14 anni subiscono regolarmente violenze in famiglia a scopi educativi. Nella relazione si indica una percentuale del 53% per i minori in Kazakistan, di cui il 38% tra gli 1 e i 2 anni, e anche ad Astana è stato consigliato di prendere misure al riguardo, in famiglia e nelle scuole. Il Kirghizistan ha dichiarato di avere l’intenzione di approvare entro quest’anno il divieto della violenza sui minori, ma finora non è stato presentato alcun disegno di legge al riguardo. Anche dalla provincia di Nooken in Kirghizistan è stato diffuso un video di un uomo che picchia sulla testa la figlia piccola, imponendole di non piangere, di mettersi il pannolino e andare a dormire.

Il direttore del Consultorio familiare “Famiglia felice” di Almaty in Kazakistan, Elžas Ertanujly, ha pubblicato un libro dal titolo “Educazione dei figli senza punizione”, spiegando che gli adulti pensano ancora di ottenere “rapidi risultati” con questi metodi. “Molti pensano: perché perdere tempo a spiegare ciò che è giusto o no, quando basta urlare e minacciare?”, commenta Ertanujly, mentre “l’aggressione verso i bambini è un segnale della debolezza degli adulti, della loro instabilità emotiva e dell’incapacità di superare lo stress della responsabilità genitoriale, a cui appaiono totalmente impreparati”. E non dipende dal livello di istruzione, ma dalla “ignoranza dei valori della famiglia”. Come afferma Madina Šaripova, psicologa di Dušanbe, “questi metodi si trasmettono di generazione in generazione, e i bambini che hanno subito violenze si rifaranno un giorno sui loro stessi figli”.

Molti osservano che proprio i mezzi moderni di comunicazione hanno accentuato il problema, con la diffusione dei “video dimostrativi” inviati ai parenti e a tutti gli utenti dei social network, in cerca di approvazione sociale. Molti di questi “castigatori esemplari” vivono in condizioni di grande povertà ed emarginazione, e cercano di “elevarsi” socialmente con la violenza domestica, che conferisce una forma perversa di “dignità tradizionale”, soprattutto per quegli adulti a cui i parenti che si trovano in migrazione lavorativa hanno affidato i loro figli, sicuri di lasciarli in buone mani.

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