Leone XIV a Rom, Sinti e Caminanti: 'Ricordate all’umanità il paradigma della vita cristiana'
Prevsot ha celebrato il Giubileo delle comunità gitane, ricordando i 60 anni dal primo incontro con San Paolo VI. Lodata la "fede esemplare in opere e parole" dei gruppi "intineranti". Spesso emarginati dalle società "progredite". A operatori e diocesi: "Adeguate attenzioni pastorali per crescita umana integrale".
Città del Vaticano (AsiaNews) - “La speranza è itinerante”. Così titola l’evento giubilare dedicato a “fratelli e sorelle Rom, Sinti e Caminanti”. Stamane papa Leone XIV nell’aula Paolo VI, in Vaticano, ha incontrato pellegrini e pellegrini giunti a Roma “da tutte le parti d’Europa - alcuni anche da fuori Europa”, come ha detto nel suo intervento. Evidenziando da subito la tradizione nomade che segna queste popolazioni; un perenne movimento accompagnato da una “fede forte”, e da una “solida fiducia che non cede alle fatiche di una vita spesso ai margini della società”, ha sottolineato Prevost.
L’augurio del papa per esse è per una pace “nei cuori”, rivolto anche a operatori e operatrici - anch’essi presenti all’appuntamento odierno - che “instancabilmente camminano” al loro fianco. L’udienza cade esattamente 60 anni dopo il primo momento di incontro tra la Chiesa cattolica e le comunità Rom, Sinti e Caminanti: quello con San Paolo VI a Pomezia, il 26 settembre 1965. Dopo il 1965 molti altri ne sono seguiti, “in diversi contesti, segno di un dialogo vivo e della cura pastorale speciale per voi”, ha ricordato Prevost. “Dio Padre vi ama e vi benedice, e anche la Chiesa vi ama e vi benedice”, ha continuato.
Sono la musica, i canti, i colori e gli strumenti della tradizione a fare da contorno all’appuntamento, che diviene una festa. Le popolazioni oggi rappresentate sono “testimoni viventi” di esistenze umane che gravitano intorno a tre “centralità”. Il papa ha spiegato: “Confidare solo in Dio, non attaccarsi ad alcun bene mondano, mostrare una fede esemplare in opere e parole”. E ha aggiunto: “Per quasi mille anni siete stati pellegrini e nomadi in un contesto che, progressivamente, ha costruito modelli di sviluppo rivelatisi per molti aspetti ingiusti e insostenibili”. Per l’apparente incompatibilità con le società “progredite”, queste ultime nella Storia hanno “puntualmente scartato” le popolazioni Rom, Sinti e Camminanti.
Dando così vita a una emarginazione diffusa, ponendo le popolazioni che oggi festeggiano il loro Giubileo “ai margini delle città, ai margini dei diritti, ai margini dell’educazione e della cultura”. Il cui effetto è stato un peregrinare “senza pace e senza accoglienza”. “Prima nelle carovane stagionali poi negli accampamenti situati nelle periferie delle città, dove talora vivete ancora senza corrente elettrica e acqua”, ha denunciato il papa. E il modello di società che ha “scartato”, ha aggiunto, è lo stesso che ha creato senza tregua “le più grandi ingiustizie sociali a livello globale: enormi disuguaglianze economiche tra persone e popoli, crisi finanziarie senza precedenti, disastri ambientali, guerre”.
“Ma noi, nella fede in Gesù Cristo, sappiamo che ‘la pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo’”, ha continuato Prevost. “E, dunque, sempre più ci rafforziamo nell’idea che proprio i valori che i poveri portano avanti con grande dignità e orgoglio sono quelli a cui tutti dobbiamo guardare per cambiare rotta”. In queste ultime parole risuona il tema della prima esortazione apostolica di papa Leone XIV, Dilexi Te, “sull’amore verso i poveri”. “La vostra presenza nelle periferie dell’Occidente è infatti un segno a cui fare riferimento in ordine all’eliminazione di molte strutture di peccato, per il bene e il progresso dell’umanità verso una convivenza più pacifica e più giusta, in armonia con Dio, col creato e con gli altri”, ha aggiunto.
Richiamando quindi le parole dei predecessori, il papa agostiniano ha richiamato le parole di Benedetto XVI, che sottolineava il rifiuto del possedere. “Anche oggi liberatevi da ogni tentazione di possesso, da ogni ingiusto attaccamento alle cose, per restare itineranti nello Spirito, poveri di spirito, e per questo beati”, ha detto. “Non scoraggiatevi! Essendo più vicini alla condizione di Cristo povero e umiliato, voi ricordate all’umanità quale è il ‘paradigma della vita cristiana’”. La cultura che accompagna le popolazioni Rom, Sinti e Caminanti porta con sé una “bellezza salvifica”. E richiamando anche le parole di papa Francesco ha aggiunto: “La dignità del lavoro e la dignità della preghiera siano la vostra forza per rompere i muri della diffidenza e della paura”.
Infine, il pontefice ha sottolineato una “vera e propria missione” che le popolazioni gitane - originarie dell’India settentrionale, poi diffuse in Europa e oltre - hanno all’interno della Chiessa. Cioè, essere “protagonisti del cambiamento d’epoca in corso, camminando insieme alle altre persone di buona volontà dei luoghi dove vi trovate, andando oltre la diffidenza reciproca, facendo conoscere la bellezza della vostra cultura, condividendo la fede, la preghiera e il pane frutto di lavoro onesto”. L’ultimo pensiero è per operatori, operatrici e diocesi. L’invito è di sviluppare “adeguate attenzioni pastorali dedicate alle comunità Rom, Sinti e Camminanti, per una vera crescita umana integrale”.
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