18/10/2007, 00.00
INDIA
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L’India ha il primato delle donne morte per maternità

di Nirmala Carvalho
Oltre 117mila decessi per gravidanza o parto nel 2005. Si partorisce in casa assistite da una levatrice, in alcuni Stati molte donne non vanno mai dal medico durante la gravidanza. L’impegno della Chiesa nelle zone rurali dove la sanità pubblica non arriva.

New Delhi (AsiaNews) – L’India ha il tragico primato delle donne morte durante la gravidanza o il parto, con 117mila decessi nel 2005, rispetto ai 59mila della Nigeria, i 32mila del Congo e i 26mila in Afghanistan. Secondo il rapporto sulla Mortalità materna pubblicato il 12 ottobre a cura dell’Organizzazione mondiale della sanità, la Banca mondiale, l’Unicef e il Fondo per la popolazione dell’Onu, l’India insieme ad altri 10 Paesi ha il 65% delle 536mila donne morte durante la gravidanza o di parto nel 2005. Si calcola che nel Paese una donna su 70 muore per problemi collegati alla gravidanza. Il 99% delle morti avvengono nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto nell’Asia meridionale, soprattutto per povertà, malnutrizione e malattie.

L’India ha una quota di mortalità materna (Mmq) di 450 per ogni 100mila nascite e nella regione la superano solo il Nepal con una Mmq di 830 e 6.500 decessi annui e il Bangladesh con 570 e 21mila, mentre il Pakistan ha una Mmq di 320 e un totale di 15mila e la Cina di 45 e 7.800. Lo Sri Lanka conta solo 190 morti con una Mmq di 58, mentre l’Afghanistan ha 1.800 decessi su 100mila nascite.

Un’indagine del ministero indiano della Sanità ha accertato che è scarsa l’assistenza sanitaria per le donne incinta: circa il 23% delle donne che hanno avuto figli negli ultimi 8 anni, non ha avuto cure e visite sanitarie durante la gravidanza, percentuale che va da “appena” l’1% circa in Kerala e Tamil Nadu al 66% nel Bihar. Almeno il 40% delle donne incinta non ha mai ricevuto assistenza sanitaria specifica in Jharkhand, Arunachal Pradesh e Nagaland. Inoltre circa il 60% dei parti avviene ancora in casa; il 37% delle donne è assistito da levatrici e il 16% solo da parenti o amici.

La ginecologa Wilma Carvalho dell’ospedale St. Ignatius a Honavar (Karnataka) spiega ad AsiaNews che “molte nascite avvengono nelle zone rurali con l’assistenza di una levatrice: se ci sono problemi, la madre non può raggiungere in tempo un ospedale. Per esempio non è possibile fare subito un taglio cesareo. Le donne incinta sono anche esposte a pratiche antigieniche e superstiziose e sono frequenti gli aborti operati da praticoni e impostori. Le emorragie post parto sono un’altra grave causa di mortalità, anche perché nelle banche del sangue talvolta sono scarse le riserve di plasma sicuro”.

Padre Alex Vadakumthala, segretario esecutivo della Commissione per la salute della Conferenza episcopale indiana, commenta ad AsiaNews che “sebbene l’India sia un’economia emergente, è ancora carente nei servizi sanitari di base, specie per le masse rurali. C’è carenza di medici, di laboratori di analisi, persino di medicine e manca un’educazione sanitaria. In Stati meridionali come Kerala, Tamil Nadu e Karnataka il 60% dei parti avviene in ospedali o altri centri sanitari e le morti di parto sono molto più basse. Ma al nord solo tra il 15 e il 20% dei parti avviene in centri sanitari. La Chiesa cattolica e l’Associazione cattolica per la sanità dell’India si prodigano per creare ovunque centri sanitari e per incrementare l’educazione sanitaria. La Chiesa ha circa 5mila centri sanitari nel Paese, che dedicano particolare attenzione alle donne incinta e ai bambini, per l’85% siti in villaggi remoti dove sono l’unica presenza sanitaria. Purtroppo non è sufficiente ed è urgente creare più centri sanitari e disporre di personale esperto. La Commissione per la salute ha creato 45 centri-comunità in 5 Stati settentrionali, dove le donne in gravidanza che hanno l’Hiv sono accolte e trattate con dignità e rispetto”.

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