30/06/2006, 00.00
Filippine
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Manila, una "messa per la vita" celebra l'abolizione della pena di morte

Al rito hanno partecipato i principali fautori dell'abolizione della pena capitale. Il vescovo di Pasig ha invitato i fedeli a non dimenticare i detenuti, che hanno bisogno di un nuovo modo per vivere la vita.

Manila (AsiaNews/Cbcp) – I principali fautori dell'abolizione della pena di morte nelle Filippine hanno voluto "ringraziare Dio per il suo aiuto nello svolgere questo compito" con una "messa solenne per la vita" celebrata il 28 giugno scorso nella parrocchia del Centro missionario Nostra Signora del Rimedio, a Manila.

La funzione è stata celebrata dal vescovo di Pasig, mons. Francisco San Diego, vice presidente della Commissione episcopale per la cura pastorale delle prigioni: erano presenti fra i fedeli diversi parlamentari fra cui il repubblicano Edcel Lagman, principale autore della petizione HB 4826 per l'abolizione della pena capitale.

"Le nostre ferite – ha detto il presule nel corso della sua omelia – sono state guarite dall'abolizione della pena di morte. Uccidere va contro l'insegnamento e la testimonianza di Gesù Cristo e nessuno ha il diritto di appropriarsi del dono della vita, dato all'uomo da Dio". "Il Paese – ha continuato – ha fatto il passo più importante per trasformare la sua giustizia da arma di morte ad arma di guarigione. Solo Dio ha il diritto di riprendersi la vita di un uomo".

Il vescovo ha poi voluto ricordare a tutti i fedeli la situazione delle carceri: "Fino ad ora il nostro scopo è stato far annullare la pena di morte, ma spero che rimarremo uniti anche nel voler aiutare coloro che sono in galera, che hanno bisogno di un nuovo modo di vivere la vita".

La decisione di abolire la pena di morte è stata presa dal Congresso filippino il 7 giugno scorso ed il decreto è divenuto legge con la controfirma della presidente Gloria Macapagal Arroyo, che lo ha siglato il 25 giugno.

Nel Paese ci sono 1.200 condannati a morte, tra i quali almeno undici terroristi collegati ad al-Qaeda. Nel momento in cui il decreto è divenuto legge, la pena è stata automaticamente commutata in ergastolo. Il governo filippino ha giustiziato sette persone fra il 1999 ed il 2000, ma subito dopo ha imposto una moratoria alle esecuzioni, sotto la spinta della Chiesa cattolica e dell'Unione europea.

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