Manila: Marcos rilancia la legge anti-dinastie. Il card. David: 'Ora tocca al Parlamento'
Il presidente filippino ha chiesto ai deputati di dare priorità a quattro riforme, tra cui la legge che limita il potere dei grandi clan politici. La Chiesa ha accolto con favore l’iniziativa. Ma resta il dubbio che un Congresso dominato da questi stessi potenti clan dominati da poche famiglie accetti di ridurre la propria influenza.
Manila (AsiaNews) - Il presidente delle Filippine, Ferdinand Marcos Jr., ha chiesto al Parlamento di dare priorità assoluta a quattro riforme, tra cui l’Anti-Dynasty Bill, una legge che mira a limitare il potere delle grandi famiglie politiche radicate nel sistema istituzionale filippino.
L’annuncio è arrivato dopo un incontro del LEDAC, l’organo consultivo che coordina l’agenda legislativa dell’esecutivo. “Il presidente ha chiesto al Congresso di prioritizzare le seguenti misure legislative: la legge anti-dinastia, la legge sulla commissione popolare indipendente, la legge sulla riforma del sistema delle liste di partito e la legge sull’accesso dei cittadini e la divulgazione delle spese per la responsabilità nazionale (CADENA)”, ha dichiarato Claire Castro, sottosegretaria dell’ufficio stampa presidenziale. “Il presidente ha chiesto a entrambe le Camere di esaminare attentamente i quattro disegni di legge e di accelerarne l’approvazione”, ha aggiunto Castro.
Tra i primi a commentare la mossa del governo è stato il card. Pablo Virgilio David, già presidente della Conferenza episcopale filippina e attuale vescovo di Kalookan: “Mai troppo tardi. Ora la palla passa al Congresso e al Senato”, ha detto il prelato. Il cardinale ha osservato che, dopo settimane in cui sembrava che l’esecutivo volesse ridurre il ruolo degli organismi indipendenti di controllo, la decisione di Marcos rappresenta “un cambiamento inaspettato, ma comunque molto gradito. Ora chiariamo anche l'ordine di urgenza, perché alcune riforme rendono finalmente applicabili le altre”.
Parlando della legge sulla Commissione popolare indipendente, il cardinale ha affermato: “Nessuna riforma può funzionare senza un organo di controllo indipendente. Questa legge crea un organismo permanente di cittadini incaricato di indagare sulla corruzione e sugli abusi di potere”. Riguardo alla CADENA (acronimo dall’inglese Citizens Access and Disclosure of Expenditures for National Accountability), David ha sottolineato che “la trasparenza nella finanza pubblica permette di risalire alle responsabilità. Se i cittadini possono vedere dove vanno a finire i soldi, gli abusi diventano più difficili da nascondere”, mentre riguardo alla riforma del sistema elettorale proporzionale ha ricordato che “a rappresentanza deve tornare a chi era destinata: i settori marginalizzati, non i surrogati politici dei potenti”.
Il cardinale David si è poi soffermato sulla legge contro le dinastie, che “strangolano la democrazia alle radici. Questa legge serve a riequilibrare il campo di gioco e ad aprire spazio al vero servizio pubblico”.
Le Filippine sono uno dei Paesi in cui il potere politico è maggiormente concentrato nelle mani di pochi grandi clan. Già la Costituzione del 1987 vieta le dinastie politiche, ma l’assenza di una legge attuativa ha poi permesso ad alcune famiglie di monopolizzare il potere. Oggi circa l’80% dei deputati e il 50% dei funzionari locali proviene da clan politici, un aumento che si è registrato anche nelle ultime elezioni del 2022. Tra i governatori di provincia la percentuale supera anche le stime dell’80-85%. Una recente analisi dell’Istituto filippino per gli studi sullo sviluppo (PIDS) ha evidenziato come le cosiddette “fat dynasties”, famiglie che controllano più cariche contemporaneamente, siano in crescita e risultino particolarmente presenti nelle province che registrano livelli più alti di povertà, violenza e scarsità di servizi pubblici.
Sono famiglie come quella dei Marcos (l’attuale presidente è figlio del noto dittatore Ferdinand Marcos) e dei Duterte, con le loro alleanze e rivalità, a influenzare l’economia e la politica. L’attuale vice presidente, Sara Duterte, è figlia dell’ex presidente Rodrigo e da tempo si sta scontrando con Marcos per il potere. Questa situazione, combinata con disuguaglianze economiche e istituzioni fragili, ha favorito la concentrazione di ricchezza e potere nelle mani di pochi, e alimentato un ciclo di corruzione, clientelismo e povertà per la maggior parte della popolazione. Diversi membri della famiglia Marcos ricoprono cariche politiche: il figlio del presidente, Ilocos Norte Sandro Marcos, per esempio è deputato, mentre la sorella, Imee Marcos, è senatrice e di recente si è espressa a favore della famiglia Duterte contro il fratello.
Anche parecchi cugini e nipoti del presidente sono attivi in politica e sono stati coinvolti nei recenti scandali di corruzione del Paese. Un ulteriore elemento che spiega la mossa di Marcos è infatti lo scandalo di corruzione nelle opere pubbliche che nelle ultime settimane ha messo sotto pressione l’intera amministrazione. L’opinione pubblica ha subito puntato il dito contro diverse dinastie, coinvolte (direttamente o indirettamente) nelle inchieste in corso.
Il cardinale David ha poi posto la domanda che in questi giorni domina il dibattito pubblico filippino: “I membri del Congresso e del Senato sceglieranno il proprio interesse e la convenienza politica, oppure prenderanno la decisione storica di approvare misure che davvero tutelano il bene comune?”
Anche se il governo Marcos sembra intenzionato a presentarsi come promotore di una nuova stagione riformista, non è chiaro se il Congresso, dominato dalle dinastie, accetterà di approvare misure che finirebbero per ridimensionare il suo potere. Lo stesso Marcos Jr. in campagna elettorale aveva difeso le dinastie sostenendo che “le elezioni sono il modo migliore per sbarazzarsene”, ma che non vi era nulla di intrinsecamente sbagliato nella loro presenza nel panorama politico. Ora, però - ha ammesso il presidente attraverso la sua portavoce -, gli abusi di potere da parte di alcuni clan rendono necessaria una legge che offra ai cittadini una “scelta fondata sul merito, non solo sul cognome”.
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