23/06/2006, 00.00
FILIPPINE - IRAQ
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Meglio morire ricco in Iraq che senza un soldo a Mindanao

Lo dicono molti filippini, reclutati con alte paghe per servizi di sicurezza in Iraq.

Manila (AsiaNews/Scmp) – Per cinque mesi Victor Ocampo, filippino, ha dovuto fare la guardia all'ambasciata Usa a Baghdad, per pagare il college per la figlia. Ocampo considera questo lavoro non meno pericoloso che essere un esperto di esplosivi, il suo precedente lavoro per il quale ha guadagnato molto meno dei 1.000 dollari Usa mensili che riceve dalla sua datrice di lavoro, l'agenzia Triple Canopy Group.

"Oggi la vita è difficile – ha detto alla moglie e ai tre figli, salutandoli – meglio questo che morire di fame". Se potesse, tornerebbe in Iraq a fare questo lavoro, proprio come molti degli altri oltre 60 ex militari che con lui sono andati e sono poi tornati via.

Negli scorsi due anni in Iraq molti filippini sono stati reclutati come sorveglianti e guardie del corpo, nonostante un espresso divieto del Governo, emanato dopo il rapimento del filippino Angelo de la Cruz, conducente di camion, nel luglio 2004. Nell'agosto 2004, al momento del divieto, a circa 4.200 filippini, impiegati soprattutto nei campi militari Usa, è stato permesso di rimanere.

Oggi circa 5mila filippini – dice Gilbert Asuque, portavoce del dipartimento Affari esteri – ancora lavorano in Iraq.

Il senatore Biazon, ex capo delle forze armate filippine e ora presidente al Senato del Comitato per la difesa, denuncia il tentativo degli Stati Uniti di reclutare altri filippini per scopi militari, magari tramite agenzie di lavoro. A maggio la città portuale filippina di Subic ha raggiunto un accordo con la ditta americana Blackwater, che ha assunto personale in India, Fiji e Filippine, per addestramento di uomini. "La compagnia – denuncia Biazon, che promette indagini – vuole addestrarne almeno mille al mese". Questo accordo, precisa, viola la costituzione filippina che proibisce la presenza di armati stranieri sul suolo filippino. Ma "ho paura che gli alti salari offerti (da 1.500 a 5mila dollari al mese e circa 2 milioni di dollari in caso di morte) attirino molte persone 'disperate'".

L'offerta alletta soprattutto gli ex-militari, che sono preferiti dai datori di lavoro.

"Ci sono numerose dimissioni – ammette Samuel Pagdilao, portavoce della Polizia nazionale filippina – perché molti militari vogliono cercare fortuna in altri Paesi".

Soldati veterani delle battaglie contro gli islamici nelle Filippine meridionali ammettono che preferiscono andare in Iraq e magari morire ricchi, che essere uccisi senza un soldo a Mindanao. Le agenzie di sicurezza estere – conferma Rosanto Labayog, esperto del settore – preferiscono i soldati filippini.

Il Governo filippino non ha ritenuto di condannare il fenomeno. L'ambasciata Usa a Manila risponde che non è coinvolta.

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