23/03/2010, 00.00
ISRAELE- USA-PALESTINA
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No di Netanyahu alla richiesta Usa di fermare gli insediamenti a Gerusalemme est

Oggi l’incontro con Obama. Il premier israeliano parlando ieri sera alla più importante lobby filoisraeliana degli Stati Uniti è tornato a sottolineare la “minaccia” iraniana, chiedendo l’intervento della comunità internazionale e ribadendo il diritto del suo Paese alla autodifesa.
Washington (AsiaNews/Agenzie) - Benjamin Netanyahu non cede alle pressioni dell’amministrazione Obama di fermare le nuove costruzioni nella parte araba di Gerusalemme. “Gerusalemme non è un insediamento, è la nostra capitale”, ha detto ieri sera, aggiungendo che tutti i governi israeliani, di destra o di sinistra, dal 1967, quando la città è interamente passata sotto il controllo dello Stato ebraico, ne hanno permesso l’espansione. “Il popolo ebreo - ha affermato – ha costruito Gerusalemme 3mila anni fa e continua a costruirla oggi”.
 
Il premier israeliano è da ieri negli Stati Uniti per una visita di tre giorni, vista come un’occasione per ricucire lo strappo creato nei rapporti con Washington dall’annuncio del via libera alla costruzione di 1.600 nuove abitazioni a Ramat Shlomo (nella foto), un insediamento nella periferia di Gerusalemme est, fatto nel corso della visita in Israele del vicepresidente Usa Joe Biden.
 
Netanyahu, al quale il segretario di Stato Illary Clinton ha chiesto di compiere scelte “difficili, ma necessarie” per far ripartire il processo di pace, ieri sera parlava ha avuto un incontro con l’American Israel Public Affairs Committee (AIPAC), la principale lobby pro-israeliana degli Stati Uniti.
 
Nel suo lungo intervento - 75 minuti – il premier israeliano da un lato ha molto sottolineato l’amicizia del suo Paese con gli americani e la fiducia che ripone in essi, dall’altro è tornato a puntare l’attenzione sulla “minaccia” iraniana, chiedendo un significativo intervento della comunità internazionale. Israele, ha detto in proposito, “si aspetta che la comunità internazionale agisca in maniera rapida e decisiva” per fermare la minaccia nucleare iraniana e “si riserviamo sempre il diritto di difenderci da soli”.
 
Nella sua visita negli Usa, Netanyahu oggi vedrà Obama e ieri ha avuto un colloquio con la Clinton. In proposito, il portavoce del Dipartimento di Stato, Philip J. Crowley, ha detto che i due esponenti politici “hanno avuto una discussione sulle specifiche azioni che possono essere intraprese per migliorare il clima”, senza dare ulteriori dettagli.
 
Da parte sue, Netanyahu, ieri, si è detto convinto che le nuove costruzioni a Gerusalemme “non precludono la soluzione dei due Stati”, aggiungendo che Israele vuole che i palestinesi siano “i nostri vicini, che vivano in libertà” e ha chiesto l presidente dell’Anp, Mahmoud Abbas, di tornare al tavolo della trattativa.
 
L’odierno incontro con il presidente Obama dovrebbe evidenziare se - e quanto - l’attuale governo israeliano è pronto a compiere passi concreti per far ripartire il processo di pace, fermo dal 2008.
 
Il sostanziale rifiuto fin qui opposto da Netanyahu alle richieste americane di fermare gli insediamenti, secondo qualche osservatore potrebbe in realtà essere motivato dal disegno del premier israeliano di indebolire la linea di politica estera di Barack Obama, mentre negli Usa si avvicinano le elezioni di mezzo termine, con l’obiettivo di mettere in secondo piano la questione palestinese e riportare al centro dela questione mediorientale la “minaccia iraniana”, come accaduto durante la presidenze Bush.
 
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