09/03/2009, 00.00
VATICANO - ISRAELE
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Nunzio in Israele: il papa viene come pellegrino per la pace

Mons. Antonio Franco spiega i motivi e il valore del viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa, all’indomani dell’annuncio ufficiale. Non una mossa politica, ma un incoraggiamento a superare le difficoltà e trovare soluzioni ai problemi.

Gerusalemme (AsiaNews) – All’indomani dell’annuncio ufficiale del viaggio di Benedetto XVI in Terrasanta, mons. Antonio Franco, nunzio vaticano in Israele sottolinea che quello del papa “è un pellegrinaggio”, non una mossa politica, anche se “potrà favorire il processo di pace, la comprensione, la solidarietà per garantire un beneficio a questa terra”.

Il gesto del papa – che dall’8 al 15 maggio sarà ad Amman, Gerusalemme, Betlemme e Nazareth – accade dopo una serie di polemiche sull’Olocausto, dopo la levata della scomunica del vescovo lefebvriano Williamson, dopo l’offensiva israeliana su Gaza e in un momento di grande incertezza per lo Stato israeliano, in procinto di darsi un nuovo governo, e per l’Autorità palestinese, che sta tentando di riprendere i contatti con Hamas. Per il nunzio, il viaggio del pontefice potrà servire da “incoraggiamento a superare difficoltà e trovare soluzione ai problemi”.

Mons. Franco, sottolinea che anche per i difficili negoziati fra Santa Sede e Israele - che durano dal ’99 -  si sta “lavorando su tutti i fronti con molta onestà e stiamo ricercando delle soluzioni”. Personalità cattoliche avevano richiesto al pontefice di  compiere il suo pellegrinaggio solo a conclusione dei negoziati.

Ecco l’intervista che mons. Franco ha rilasciato ad AsiaNews.

 

Eccellenza, che significato ha questo viaggio?

È un viaggio dal significato molto particolare, in una regione con molti problemi. Nel darne l’annuncio il Santo Padre ha già dato il messaggio di fondo, che è una preghiera per la pace e l’unità fra le popolazioni, i Paesi, le Chiese  e all’interno stesso della Chiesa cattolica. Non dimentichiamo che in Terra Santa vi sono ortodossi e protestanti, ma anche 6 Chiese cattoliche. C’è bisogno di rafforzare i vincoli di comunione anche fra i cattolici.

Il viaggio del papa avviene dopo tante polemiche sull’Olocausto, polemiche e violenze fra Israeliani e palestinesi, fra i palestinesi fra di loro e fra gli israeliani tra di loro…

In questa terra i problemi ci sono e sarebbe astratto pensare a una soluzione nell’immediato futuro. Realisticamente dovremo vivere ancora per un po’ di tempo con questi problemi. Ma la visita del papa è significativa proprio perché vi sono queste situazioni di tensione e di difficoltà. Il papa può testimoniare la solidarietà con i diversi gruppi e dare un messaggio di incoraggiamento a superare difficoltà e trovare soluzione ai problemi. C’è bisogno di tanti sforzi di buona volontà da parte di tutti.

Questo viaggio viene definito “pellegrinaggio” e in esso vi è un messaggio religioso molto forte. Ma il mondo si attende una mossa politica. Il pellegrinaggio non ha una ricaduta anche sociale, se non politica?

Il pellegrinaggio si inserisce nella realtà delle situazioni cocenti di questi luoghi, non è una cosa astratta. Gli incontri che il papa farà sono rivolti a persone, a comunità umane. Occorre un impegno da parte di tutti noi nella preparazione perché questo viaggio sia significativo e possa essere accolto e avere un effetto nei cuori e nelle menti. Il pellegrinaggio potrà favorire il processo di pace, la comprensione, la solidarietà per garantire un beneficio a questa terra.

Nelle scorse settimane sono affiorate polemiche da parte dei cristiani, che non volevano che il papa venisse in Terra Santa, se non ci fosse stata l’attuazione all'Accordo Fondamentale fra Stato d’Israele e Santa Sede.

[La Commissione bilaterale e] tutti noi stiamo lavorando su tutti i fronti con molta onestà e stiamo ricercando delle soluzioni. Le soluzioni potranno arrivare non so quando, ma gli orientamenti sono precisi. Spero proprio che il lavoro incominciato continui, vista anche la situazione difficile.

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