24/06/2004, 00.00
giordania
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"O diventi musulmana, o perdi i figli"

Una vedova cristiana rischia l'arresto se non consegna i figli al tutore musulmano

Amman (AsiaNews) – Sembra non avere fine la vicenda di Siham Qandah, la vedova cristiana che in base alla legge giordana, rischia di perdere i suoi figli su istigazione del tutore musulmano. Contro Siham pende un mandato di arresto emesso in base alla denuncia del tutore dei ragazzi, cognato della donna. Siham dovrebbe essere imprigionata fino a quando non consegnerà i figli al cognato. Middle East Concern riferisce che per ora l'esecuzione dell'arresto è stata sospesa. Si attende l'esito di un'altra controversia giudiziaria al tribunale della shari'a di Amman fra Siham e il cognato al-Muhtadi, denunciato dalla donna per aver sottratto soldi dal fondo destinato ai figli. A tal riguardo, Middle East ha attivato una campagna in favore di Siham con l'invio di lettere di appello al re giordano Abdallah.

Per Siham e i suoi due figli - Rawan, 16 anni e  Fadi, 15 - i problemi sono iniziati nel novembre del 1994 quando muore Husam Rasmi Issa Jibreen, il marito di Siham. Jibreen a quel tempo era in missione in Kosovo per conto dell'Onu. In seguito Siham inizia le pratiche per ricevere la pensione del marito e scopre che l'uomo nel 1991 si sarebbe convertito all'Islam. Ma nel certificato di conversione non compare la firma di Jibreen, c'è solo un'anonima X e il marito non aveva mai fatto presente a Simah l'intenzione di convertirsi all'Islam. Anzi, nel 1994 era anche tornato a casa dal Kosovo per il battesimo del figlio Fadi. "Come avrebbe potuto prenderci in giro per tre anni?" chiede Qandah, che non ha mai creduto alla conversione islamica del marito. La Corte civile di Irbid aveva riconosciuto che "nessuno, ad al-Husn - dove la famiglia risiede - era a conoscenza della conversione di Jibreen". Il defunto è stato seppellito nel cimitero cristiano ortodosso del suo paese: il certificato di sepoltura lo definisce "cristiano".

La legge però dice che i figli, per ricevere i benefici economici elargiti dall'esercito, devono essere sotto la custodia ufficiale di un adulto musulmano. Nell'aprile 1995 Qandah chiede al cognato, al-Muhtadi, di assumersi questo incarico: ritiene che, sebbene musulmano, egli può rispettare la volontà dei nipoti di restare cristiani.

Ma al-Muhtadi non versa gli assegni ai nipoti e si oppone alla decisione di Siham di mandare i figli a una scuola cristiana. Nel 1998 al-Muhta si rivolge al tribunale della shari'a per ottenere la patria potestà sui nipoti perchè la madre non li educherebbe come buoni musulmani ma come cristiani. Nel giugno 2001 la Corte civile di Irbid decide in favore di Al Muthadi, giudicando che "il padre era musulmano e quindi lo sono anche i suoi due figli. La signora Qandah non può educare i ragazzi come buoni musulmani".

Nel gennaio 2002, la Corte d'appello ratifica questa sentenza citando l'articolo 155 del Codice civile giordano: "Una tutrice deve essere di età matura, sana di psiche e affidabile. Benché una madre abbia il diritto di educare i suoi figli, Qandah ha dimostrato di non essere una tutrice adatta per i suoi figli rifiutando loro i rituali e gli insegnamenti islamici. Far loro frequentare una scuola cristiana, impartire loro insegnamenti cristiani e portarli in chiesa è contrario a ciò che si intende con il termine affidabile".

A poco è valsa la pressione internazionale in favore di Qandah: il  principe Hassan ha dichiarato che la magistratura giordana è indipendente e quindi non è in suo potere intervenire.

Per sfuggire all'arresto, a Siham è stata posta questa alternativa: "O diventi musulmana anche tu, oppure cedi i tuoi figli". La donna ha risposto tra le lacrime: "Non posso scegliere né l'una né l'altra". (LF)

 

 

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