11/09/2009, 00.00
CINA
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Operai cinesi: occupazioni e blocchi stradali, unico modo per avere giustizia

Non tutelati dal sindacato e senza altri mezzi per farsi sentire, spesso bloccano la fabbrica e le vie intorno per avere l’attenzione delle autorità. Queste poi mediano con la ditta. Il sindacato governativo spicca per la sua assenza. Parte terza del dossier.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Secondo dati ufficiali, nel 2008 in Cina ci sono state non meno di 87mila proteste di massa per motivi economici. Spesso sono stati i lavoratori a fare sciopero e bloccare la fabbrica e anche le vie circostanti, per difendere diritti economici elementari. In genere il sindacato nemmeno interviene.

Mancano dati ufficiali sulle proteste, ma il prestigioso China Labour Bullettin, pubblicazione che difende i diritti dei lavoratori, in un recente studio ha elencato decine di casi in cui i lavoratori sono scesi in piazza, di frequente scontrandosi con la polizia mandata dalle autorità a difendere gli interessi della produzione.

A Shenzhen (Guandong) il 19 agosto 2007 oltre 10mila dipendenti della fabbrica Feihuang Electronics hanno fatto blocchi stradali in protesta contro l’imposizione di tagli salariali e aumento delle ore di lavoro. La polizia li ha dispersi. Si ignora se abbiano ottenuto qualcosa.

Nell’Henan nel settembre 2007 sono scesi in piazza circa 10mila lavoratori del Luoyang White Horse Group contro la corruzione dei dirigenti e per ottenere un’equa indennità di buonuscita.  La polizia ha disperso i blocchi stradali. Poi è intervenuto il governo locale che ha mediato e ottenuto benefici soddisfacenti.

A Dongguan (Guangdong) il 27 novembre 2007 in migliaia hanno bloccato le strade contro l’aumento delle detrazioni dal salario per la mensa. Anche qui, dopo che la polizia li ha cacciati, il governo ha convinto la ditta a ritirare tali detrazioni.

A volte ci sono stati scontri violenti con la polizia, come il 3 dicembre 2008 a Zhuzhou (Hunan) dove circa 1000 dipendenti della Prince Group hanno bloccato le strade chiedendo il pagamento di paghe arretrate.

Comunque il copione è sempre lo stesso: i lavoratori, frodati delle loro paghe o di altri diritti economici, sono scesi in piazza, per ottenere l’attenzione del governo che in precedenza magari era stato sordo alle loro petizioni. Solo allora il governo locale è spesso intervenuto e parecchie volte ha ottenuto dalle ditte il riconoscimento dei diritti chiesti. Ma l’All-China Federation of Trade Unions (Acftu), sindacato unico dei lavoratori, alle dipendenze del Partito, in genere nemmeno interviene, non tutela i lavoratori, tanto meno media tra le loro richieste e le imprese. Nel Paese non sono consentiti altri sindacati, nemmeno nelle singole fabbriche.

Questa lotta-di-piazza è ormai adottata non solo per chiedere i salari arretrati, ma per qualsiasi importante problema: cambiamenti arbitrari delle condizioni di lavoro, mancata applicazione delle leggi del settore e così via.

L’Acftu raccoglie 212 milioni di lavoratori, ma è raro che intervenga e agisce piuttosto come organo politico. Per esempio ha concluso un contratto collettivo con la multinazionale estera Wallmart. Ma non media tra i lavoratori e le ditte locali.

Esperti osservano che anche il sindacato è controllato dal Partito comunista, che pure sceglie i funzionari dei governi locali. In tal modo il sindacato agisce secondo criteri simili a quelli delle autorità locali, che privilegiano i diritti della produzione e dello sviluppo economico immediato rispetto a quelli dei lavoratori. I lavoratori, lasciati soli, scendono in piazza, rischiando scontri con la polizia e arresti.

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