08/10/2025, 11.37
VATICANO
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Papa sulla vita consacrata: 'Audacia missionaria per strade nuove di evangelizzazione'

Prevost all'udienza generale ha rinnovato l'invito a pregare il Santo Rosario "per la pace nel mondo". Ieri sera alla stampa: "Ridurre l'odio, tornare alla capacità di dialogare". Il viaggio in Turchia è "per guardare avanti"; in Libano per "annunciare messaggio di pace in Medio Oriente". La catechesi sulla Resurrezione: "Nessuna notte è eterna". 

Città del Vaticano (AsiaNews) - Un mercoledì soleggiato, circa 60mila persone in piazza San Pietro hanno accolto papa Leone XIV, che poco prima dell’udienza generale delle 10 ha portato saluti e benedizioni sulla papamobile. Tra loro religiosi e religiose partecipanti al Giubileo della Vita Consacrata - dall’8 al 12 ottobre 2025 - a cui il pontefice si è rivolto: “Vi sorto a essere segni eloquenti dell’amore di Dio e strumenti di pace in ogni ambiente. Non stancatevi mai di testimonianze la speranza sulle tante frontiere del mondo moderno, sapendo individuare con audacia missionaria strade nuove di evangelizzazione e di promozioni umana”. 

Nei saluti dedicati alle persone di lingua tedesca Prevost ha ricordato che il mese di ottobre è dedicato alla preghiera del Santo Rosario: “Invito tutti voi a recitare ogni giorno il rosario per la pace nel mondo”. E sulla pace, tanto necessaria per alleviare le sofferenze dei popoli, Leone XIV ieri sera rispondendo alle domande di alcuni giornalisti ha detto: “Bisogna ridurre l’odio, bisogna tornare alla capacità di dialogare, di cercare soluzioni di pace”. Sul secondo anniversario dell’attacco terroristico di Hamas, ha aggiunto: “Bisogna pensare molto a quanto odio che esiste nel mondo, e cominciare con noi stessi con la domanda: perché esiste? Che possiamo fare noi”. E ancora: “Poi, in due anni […] 67mila […] palestinesi […] sono stati uccisi anche: è veramente una cosa da far pensare a quanta violenza e quanto male è capace l’uomo”. 

Papa Leone XIV sempre nella serata di ieri ha commentato anche le parole del card. Pietro Parolin, criticate dall’ambasciata israeliana presso la Santa Sede. “Il cardinale ha espresso molto bene l’opinione della Santa Sede”, ha detto. Parlando dell’annuncio del primo viaggio apostolico, in programma per la fine di novembre, ha affermato che quella in Turchia, a Iznik, in occasione dei 1700 anni dal Concilio di Nicea, è una visita "che papa Francesco voleva fare”, e che “non è per guardare indietro, ma per guardare in avanti”. In Libano invece si presenta l’opportunità di “annunciare di nuovo il messaggio di pace in Medio Oriente”. Anche qui Bergoglio voleva andare, per dare un “abbraccio al popolo del Libano dopo l’esplosione (al porto di Beirut il 4 agosto 2020, ndr), dopo tutto quello che hanno sofferto”, ha aggiunto ieri sera il pontefice. 

La catechesi condivisa questa mattina - che rientra nel ciclo giubilare dedicato a “Gesù Cristo nostra speranza” - è ispirata al brano evangelico di Luca sui discepoli di Emmaus. In particolare, Leone XIV ha sottolineato l’“umiltà” che caratterizza la Resurrezione di Cristo, in quanto Egli “non fa nulla di spettacolare”, anzi, “si avvicina con discrezione”. “Noi ci saremmo aspettati effetti speciali, segni di potenza, prove schiaccianti. Ma il Signore non cerca questo: preferisce il linguaggio della prossimità, della normalità, della tavola condivisa”. Così accade con Maria di Magdala, con i discepoli di Emmaus, e con Pietro e gli altri pescatori, che non lo riconoscono. 

“Fratelli e sorelle, in questo c’è un messaggio prezioso: la Risurrezione non è un colpo di scena teatrale, è una trasformazione silenziosa che riempie di senso ogni gesto umano”, ha affermato il pontefice. “Nella Pasqua di Cristo, tutto può diventare grazia. Anche le cose più ordinarie: mangiare, lavorare, aspettare, curare la casa, sostenere un amico. La Risurrezione non sottrae la vita al tempo e alla fatica, ma ne cambia il senso e il ‘sapore’”.

Leone XIV ha sottolineato un “ostacolo” che “impedisce di riconoscere questa presenza di Cristo nel quotidiano: la pretesa che la gioia debba essere priva di ferite”. I discepoli di Emmaus, nonostante sappiano che il sepolcro è vuoto, non riescono a gioire. “Fratelli e sorelle, la risurrezione di Cristo ci insegna che non c’è storia tanto segnata dalla delusione o dal peccato da non poter essere visitata dalla speranza - ha continuato nella catechesi odierna il pontefice -. Nessuna caduta è definitiva, nessuna notte è eterna, nessuna ferita è destinata a rimanere aperta per sempre. Per quanto possiamo sentirci lontani, smarriti o indegni, non c’è distanza che possa spegnere la forza indefettibile dell’amore di Dio”. 

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