11/10/2023, 10.21
VATICANO
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Papa: ostaggi israeliani siano subito rilasciati, preoccupazione per l'assedio totale di Gaza

Nuovo appello di Francesco a israeliani e palestinesi all’udienza generale: "Prego per le famiglie che hanno visto trasformare un giorno di festa in giorno di lutto. È diritto di chi è attaccato di difendersi, ma anche a Gaza vi sono molte vittime innocenti. Medio Oriente non ha bisogno di guerra ma di una pace costruita su giustizia, dialogo e fraternità". "Sia aiutato l'Afghanistan colpito dal terremoto". Nella catechesi l'esempio di santa Giuseppina Bakhita l'ex schiava che il perdono ha reso "donna pacificia e pacificatrice".

Città del Vaticano (AsiaNews) - Un appello per l’immediata liberazione delle decine di ostaggi israeliani trattenuti da Hamas. Ma anche profonda preoccupazione per l’assedio totale in cui vivono i palestinesi di Gaza. E l’orizzonte di una pace “costruita sulla giustizia, sul dialogo e sul coraggio della fraternità” come unica soluzione. Questa mattina è tornato a parlare della guerra tra Hamas e Israele e del suo pesante carico di vittime papa Francesco al termine dell’udienza generale tenuta in piazza San Pietro davanti ai fedeli.

“Continuo a seguire con dolore e apprensione quanto sta succedendo in Israele e Palestina - ha detto il pontefice -. Tante persone uccise altre ferite. Prego per quelle famiglie che hanno visto trasformare un giorno di festa in giorno di lutto. Chiedo che gli ostaggi vengano subito rilasciati. È diritto di chi è attaccato di difendersi – ha aggiunto- ma sono molto preoccupato per l’assedio totale in cui vivono i palestinesi a Gaza, dove pure vi sono state molte vittime innocenti. Il terrorismo e gli estremismi non aiutano a raggiungere una soluzione al conflitto tra israeliani e palestinesi, ma alimentano l’odio, la violenza e la vendetta e fanno solo soffrire gli uni e gli altri. Il Medio Oriente non ha bisogno di guerra ma di pace, di una pace costruita sulla giustizia, sul dialogo e sul coraggio della fraternità”.

Ieri pomeriggio p. Gabriel Romanelli, parroco della parrocchia latina della Sacra Famiglia a Gaza, aveva reso nota una telefonata compiuta da Francesco alla piccola comunità cattolica della Striscia, ancora una volta in prima linea in questo conflitto. Mentre oggi – esortando alla preghiera del Rosario per la pace – il pontefice ha invitato tutti a non dimenticare neanche di fronte a queste nuove drammatiche notizie di morte la martoriata Ucraina.

All’udienza generale ha anche voluto rivolgere un pensiero speciale alla popolazione dell’Afghanistan colpita in queste ore da un devastante terremoto che ha provocato migliaia di morti. “Invito tutte le persone di buona volontà ad aiutare questo popolo già così tanto provato – ha detto Francesco - contribuendo in spirito di fraternità ad alleviare le sofferenze della gente e a sostenere la necessaria ricostruzione”.

Nella sua catechesi – proseguendo il ciclo di riflessioni sulla passione per l’evangelizzazione – il pontefice ha centrato l’attenzione sulla figura di santa Giuseppina Bakhita (1869-1947), l’ex schiava della regione sudanese del Darfur poi liberata e divenuta religiosa, “testimone della forza trasformatrice del perdono di Cristo”.

“Le sofferenze fisiche e morali di cui è stata vittima da piccola l’hanno lasciata senza identità – ha ricordato il papa -. Ha subito cattiverie e violenze: sul suo corpo portava più di cento cicatrici. Ma lei stessa ha testimoniato: ‘Da schiava non mi sono mai disperata, perché sentivo una forza misteriosa che mi sosteneva’. Qual è il segreto di Santa Bakhita? - si è chiesto Francesco -. Sappiamo che spesso la persona ferita ferisce a sua volta; l’oppresso diventa facilmente un oppressore. Invece, la vocazione degli oppressi è quella di liberare sé stessi e gli oppressori diventando restauratori di umanità. Solo nella debolezza degli oppressi si può rivelare la forza dell’amore di Dio che libera entrambi”.

“Il perdono l’ha resa libera - ha osservato il papa -. Il perdono prima ricevuto attraverso l’amore misericordioso di Dio, e poi il perdono dato l’ha resa una donna libera, gioiosa, capace di amare. Si tratta quindi di una liberazione personale dall’oppressore che è dentro di sé e che non permette di vivere, di assaporare la gioia dei gesti semplici e del quotidiano, dell’attenzione all’altro, del servizio umile e delle relazioni sincere. Così Bakhita ha potuto vivere il servizio non come una schiavitù, ma come espressione del dono libero di sé. Questo è molto importante: fatta serva forzatamente ha poi scelto liberamente di farsi serva, di portare sulle sue spalle i fardelli degli altri. Durante i periodi drammatici delle due guerre mondiali, ha portato conforto e speranza alla gente di Schio, in Veneto. Il perdono – ha concluso - l’ha resa donna pacifica e pacificatrice, donna libera e liberatrice. La sua vita è davvero un miracolo di Dio”.

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