18/09/2007, 00.00
LIBANO
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Sfeir: il presidente deve essere eletto, nessuno boicotti la nazione

Il patriarca maronita torna a chiedere che il futuro capo dello Stato, per il quale si voterà dal 25 settembre, sia equidistante tra le parti e possa unire il popolo. Attesa per la riunione di domani dei vescovi maroniti.
Beirut (AsiaNews) – L’elezione del nuovo presidente della repubblica libanese “deve svolgersi, nessuno può boicottare la nazione” e l’eletto deve avere una eguale distanza dagli opposti fronti politici, “avere le mani pulite e un cuore puro e poter unire il popolo”. Il patriarca maronita Nasrallah Sfeir è tornato a parlare della elezione del prossimo capo dello Stato, appuntamento fondamentale per la vita del Paese al quale si guarda con attesa e timore. Si tratta di un ruolo chiave nella vita politica ed intorno al voto dei deputati, che prenderà il via il 25 di questo mese sono in atto manovre interne ed internazionali.
 
Nell’alchimia politica del Paese dei cedri, il presidente della Repubblica è un cristiano maronita e ciò spiega l’attenzione con la quale tutte le parti politiche guardano al patriarca e le pressioni alle quali viene sottoposto. Da parte sua, il card. Sfeir, da poco rientrato da Roma, ha negato di aver parlato con Benedetto XVI delle elezioni presidenziali ed ha confermato di non avere l’intenzione di fare nomi. In questo quadro cresce l’attesa per la riunione mensile dei vescovi maroniti, in programma domani. I presuli, peraltro, non sono sembrati finora univoci sull’appoggio da dare all’uno o all’altro schieramento.
 
Se infatti, forte della maggioranza che ha in parlamento, il fronte antisiriano che fa capo a Saad Hariri è pronto a lasciar passare le prime tornate di voto – nelle quali è necessaria la maggioranza dei due terzi – per attendere il momento nel quale è sufficiente la maggioranza assoluta, l’opposizione insiste perché il capo dello Stato sia eletto dai due terzi dei parlamentari, il che la rimette in gioco. Di sfondo, il timore che l’attuale presidente Emile Lahoud approfitti delle divisioni per cercare di restare ancora in carica o la possibilità che ci si ritrovi con due presidenti, con il timore che possa riaccendersi quella guerra civile che per 15 anni, dal 1975 al 1990, distrusse il Paese e che si concluse con l’occupazione siriana, andata avanti per altri 15 anni. 
A rendere ancora più complessa e preoccupante la vicenda, l'attuale situazione della regione, con le tensioni politiche in vista della conferenza di pace voluta da Bush e le nubi di guerra che sembrano addensarsi sull'Iran. (PD)
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