04/11/2025, 11.43
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Spazio del Cielo: progetto ‘cristiano’ per ricostruire la società siriana devastata dalla guerra

di Dario Salvi

A lanciarlo la pedagoga e attivista Jina Achji, che ha voluto “offrire uno spazio” in grado di avvicinare e unire “tutte le comunità”. L’idea ha mosso i primi passi ad Aleppo nel 2012 e ora si è diffusa ad Hama e Homs. L’invito a vivere “il presente e la realtà” mettendo da parte il “sogno perduto […] per una terra immaginaria”. 

Milano (AsiaNews) - “Un progetto pedagogico e psicologico nato nel mezzo di un conflitto che sta lacerando la terra siriana” ancora oggi teatro di violenze contro minoranze (anche cristiani) e tensioni confessionali, grazie al quale “ho voluto offrire uno spazio” in grado di avvicinare e unire “tutte le comunità”. Così la pedagoga e attivista cristiana Jina Achji descrive ad AsiaNews “Espace du Ciel”, una realtà attiva da oltre un decennio “per riscoprire” e valorizzare i rapporti fra persone diverse “lontano dai tutti i pregiudizi e da quei pensieri che bruciano le relazioni” intossicandole. Una crisi dei rapporti acuita dalla guerra civile, che sono diventati “fattori e causa di annullamento dell’altro” a partire dalla religione e dalla etnia di appartenenza. L’idea, prosegue, ha mosso i primi passi “nel 2012 con l’inasprirsi della situazione ad Aleppo” a causa della guerra, e si è andata sviluppando tanto da “diffondersi nel tempo in altre città come Hama e, più di recente, a Homs”. “Questo metodo - aggiunge - ha mostrato la sua efficacia in 14 anni di lavoro come modello per vivere un cambiamento interiore, che può portare alla tolleranza e a una capacità speciale di accettare il modo di essere e la diversità dell’altro”. 

Spazio del Cielo

Il progetto, spiega l’educatrice cristiana, “si realizza attraverso programmi pedagogici e psicologici specifici, che spingono le persone ad aprirsi verso se stessi e gli altri” superando divisioni e barriere rappresentante dalla fede e dall’etnia. Jina Achji, 32enne appassionata di viaggi sin dalla giovinezza, ha dovuto interrompere la propria attività a causa dello scoppio della guerra civile in Siria. Archiviata la professione di guida turistica, la donna ha aperto nel 2012 ad Aleppo il centro Foshet Sama-Espace du Ciel, che riunisce giovani musulmani e cristiani per permettere loro di riprendersi dal trauma della guerra e del terremoto del 2023. Una iniziativa nata con l’obiettivo di restituire uno spazio di educazione e speranza (soprattutto) alle nuove generazioni di una nazione martoriata da oltre un decennio di guerra civile, valorizzando il percorso in pedagogia e guida spirituale sviluppato all’università Saint-Joseph di Beirut, in Libano. “Spazio del Cielo” si rivolge a bambini, giovani madri, sfollati e persone private di qualsiasi accesso all’istruzione.

Alla base del progetto, che si è sviluppato in parallelo al conflitto siriano divampato nella primavera del 2011, il proposito di aggregare ragazzi e ragazze di comunità diverse dando vita a un centro educativo, psicologico e sociale per arginare la frantumazione del tessuto sociale. Nel tempo si è trasformato in un modello di convivenza, garantendo insegnamento e sostegno a livello psicologico e umano a centinaia di persone. Dai 75 studenti del primo anno, si è passati così agli oltre 900 del 2023 sparsi nei sei centri, cinque dei quali ad Aleppo e uno ad Hama. Con lo scopo di rafforzare legami e contribuire alla nascita di una generazione capace di tramandare i valori della pace e della resilienza. Dal 2016 Foshet Sama beneficia del sostegno dell’ong cristiana L’Œuvre d’Orient e della collaborazione delle Chiese maronita e latina presenti in Medio oriente, a conferma dei valori cristiani e dell’importanza della fede nel favorirne lo sviluppo. Fra gli ultimi progetti vi è il corso di formazione sull’intelligenza emotiva e la valorizzazione del ruolo delle donne all’interno della società, restituendo loro dignità e fiducia. 

Progetto che cresce

Aleppo, Hama e Homs sono i centri in cui si è sviluppato in questi anni il progetto, ma molto ancora resta da fare per rispondere ai bisogni e favorire una reale integrazione, tenendo conto delle esigenze specifiche e delle peculiarità di ogni realtà. “Ogni città - racconta Jina Achji - ha un aspetto molto diverso dalle altre, perché ciascuna possiede un proprio carattere. Ad esempio, Hama è una città molto conservatrice ma, al tempo stesso, molto accogliente. Di contro, Aleppo è una grande città che comprende tutte le classi sociali e tutte le mentalità, il che la aiuta ad adattarsi rapidamente. Infine Homs, che è una città semplice e aperta a qualsiasi novità”. Analizzando la propria “missione” le preme sottolineare come “in qualsiasi parte della mia patria, mi vedo capace di lavorare e coltivare [rapporti e progetti] perché amo questa terra e le peculiarità dei siriani” che, potendo vivere “in condizioni normali”, potrebbero dar sfogo alla loro “creatività”. “Perché quello che abbiamo vissuto negli ultimi anni - avverte - è stato tutt’altro che facile. Mi chiedo sempre: se a qualcuno fossero offerte le condizioni per crescere in maniera sana ed equilibrata, perché dovrebbe diventare un criminale?”.

Anche questo è parte di un presente e di un futuro (sinora) negato ai siriani costretti a subire la guerra, la bomba della povertà e le sanzioni, le violenze dei gruppi jihadisti come lo Stato islamico (SI, ex Isis), tensioni confessionali e instabilità diffusa anche dopo la caduta di Bashar al-Assad. Per questo il suo augurio è che “il centro si espanda e raggiunga il maggior numero possibile di siriani che hanno bisogno di crescere in un ambiente sano, consapevole e tollerante”. Un bisogno, avverte, che “aumenta col deterioramento della coscienza e la crescita di un quadro di discriminazione su base religiosa e confessionale”. In questa prospettiva si è rivelato fondamentale nel tempo il contributo di realtà come “L’Oeuvre d’Orient che è sempre stata presente al nostro fianco e ci ha presentato diverse associazioni come Aiuto alla Chiesa che soffre (Acn) che, di recente, ci ha aiutato in più occasioni”. 

La fede

Per avviare e promuovere nel tempo un progetto così articolato capace di espandersi in altri centri del Paese, si è rivelato essenziale l’elemento religioso. “L’ho lanciato e vi ho dedicato il mio tempo- racconta - partendo proprio dalla mia appartenenza cristiana e dalla fede nell’uomo, che il cristianesimo stesso mi invita a scoprire”. Una ricerca, prosegue, di “un nuovo aspetto” o di una peculiarità presente nell’essere umano “qualsiasi essa sia la religione di appartenenza”. Ed è stata proprio la fede in Gesù, l’affidarsi alla Vergine e il seguire il cammino tracciato dalla Chiesa a permetterle di affrontare numerose difficoltà: “Ogni anno - ammette Jina Achji - abbiamo vissuto e sperimentato uno stress diverso, una sofferenza diversa ma al centro di tutta questa sofferenza vi è sempre una vita che prende il suo corso e inizia a sbocciare, nonostante le criticità”. Oltre al conflitto, vi è anche l’esempio delle devastazioni legate al terremoto del 2023 in cui emerge sempre “questo dualismo tra la vita e la morte che camminano insieme sulla terra siriana ed è stata una grande esperienza per coloro che si trovano al suo interno”.

Il progetto Espace du Ciel ha poi favorito l’incontro fra persone di estrazione sociale diversa, con studenti che ne hanno beneficiato nel loro cammino scolastico potendo condividere tempo e quotidianità con “medici e ingegneri” presenti in mezzo a loro. A questo si aggiunge “il cambiamento del cuore” per quanti nutrivano “un odio nascosto e represso” che ha saputo trovare ascolto e comprensione, favorendo in questo modo “un graduale ritorno alla vita”. Resta in sospeso il futuro, dei cristiani e di tutta la Siria in una regione contraddistinta da tensioni persistenti, divisioni irrisolte e rischio di nuovi conflitti: “Penso che il futuro dei cristiani, come quello di tutti gli altri, dipenda dal loro atteggiamento e dalla loro efficacia” osserva l’attivista cristiana. “Nessuno può imporre un modo di comportarsi, se siamo consapevoli della nostra presenza su questa terra. Se continuiamo a inseguire un sogno perduto nella nostra mente per una terra immaginaria, questo inghiottirà la nostra esistenza nel rimpianto. Dobbiamo vivere - conclude - il presente e la realtà, e quando avremo l’occasione di viaggiare, saremo liberi nelle nostre decisioni e non schiavi di un sogno che qualcuno ha coltivato per noi”. 

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