16/09/2023, 12.07
IRAN
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Teheran ‘grazia’ un pastore cristiano. Arrestato (e rilasciato) padre di Mahsa Amini

In un primo momento Joseph Shahbazian aveva ricevuto una sentenza a 10 anni, ridotta a due a maggio. Egli ha sofferto di problemi di salute in prigione, il rilascio anticipato (forse) legato a una grave patologia in atto. Attivista cristiano parla di “rara” buona notizia a fronte di “una impennata di arresti”. A un anno dall’uccisione fermato il padre della 22enne curda, proibito il ricordo. 

Teheran (AsiaNews) - Il pastore armeno-iraniano Joseph Shahbazian ha ricevuto la grazia ed è stato rilasciato dopo poco più di un anno di detenzione nel carcere di Evin, alla periferia di Teheran. A riferirlo è Article18, sito specializzato nel documentare le repressioni in atto nella Repubblica islamica contro le minoranze religiose, soprattutto quella cristiana. Ma in concomitanza col primo anniversario dall’uccisione di Mahsa Amini che ricorre oggi, in mattinata le autorità hanno arrestato (e rilasciato) il padre della giovane, mentre i reparti della sicurezza presidiano i punti nevralgici del Paese per prevenire manifestazioni. E cancellare il ricordo della giovane, la cui morte ha innescato una vera e propria battaglia per la libertà e i diritti. 

Secondo quanto riferisce l’ong Hangaw, i Guardiani della rivoluzione (Pasdaran) hanno prelevato il padre della 22enne curda, fermata all’uscita di una metro della capitale il 16 settembre dello scorso anno dalla polizia della morale perché non indossava correttamente l’hijab, il velo obbligatorio, e poi morta per le percosse subite. Alcuni uomini si sono presentati davanti alla casa di Amjad Amini e lo hanno condotto in una località sconosciuta, rinnovando il monito di non organizzare alcuna celebrazione o ricordo pubblico e sui social. La vicenda è una ulteriore conferma del pugno di ferro attuato dalle autorità contro ogni forma di protesta o ricordo della giovane, la cui morte ha innescato manifestazioni represse nel sangue con l’uccisione di decine di manifestanti (alcuni dei quali condannati a morte), centinaia i feriti come gli arresti in un crescendo di repressione.

Tornando alla vicenda del pastore cristiano, nell’estate del 2022 i giudici avevano inflitto una condanna a 10 anni per aver tenuto delle funzioni religiose nella sua casa; tuttavia, già nel maggio scorso aveva ottenuto una riduzione della pena. Nei 13 mesi di detenzione il leader cristiano ha sofferto problemi di salute, ma per lungo tempo gli sono state negate visite e cure mediche e ancora oggi non gli è stata comunicata la diagnosi relativa alla malattia, scoprendo solo di recente e per caso che potrebbe essere affetto da un brutto male. Di contro, non è dato sapere se la scelta di scarcerarlo in anticipo sia collegata proprio alle condizioni di salute dell’uomo. Il pastore Joseph aveva i requisiti per la liberazione condizionale, avendo scontato più di un terzo della sua pena in seguito alla riduzione. Tuttavia, non ne aveva fatto richiesta perché fra le condizioni del rilascio vi era quella di non impegnarsi nelle attività religiose che avevano determinato il suo arreso, ovvero organizzare e ospitare incontri di chiese domestiche con convertiti cristiani.

Agli iraniani di famiglie armene e assire è concesso un certo grado di libertà di culto - nelle loro lingue native - ma le chiese che promuovevano funzioni religiose in lingua persiana sono state in più occasioni chiuse negli ultimi 15 anni. Di conseguenza, gli iraniani che desiderano praticare il culto nella lingua nazionale - siano essi convertiti, armeni o assiri - spesso non hanno un luogo per farlo. Questo ha portato alla nascita delle cosiddette “chiese domestiche”, incontri di culto privati in case come quella del pastore Joseph poi messe fuorilegge e i loro promotori equiparati a “gruppi nemici” con arresti sistematici secondo l’accusa di “agire contro la sicurezza nazionale”. 

“Non avrebbe mai dovuto essere imprigionato” solo per aver esercitato “il diritto costituzionale” al culto, sottolinea il direttore di Article18, Mansour Borji, commentando la liberazione del pastore che definisce comunque una “rara buona notizia”. Al contempo egli ricorda la “impennata di arresti che hanno coinvolto più di 100 cristiani solo negli ultimi tre mesi. Speriamo - conclude - che le aspirazioni di libertà del popolo, dimostrate dalle proteste in corso secondo il motto “Women, Life, Freedom” [per ] si realizzino e mettano finalmente fine a ingiustizie come queste”. 

In sette settimane fra giugno e luglio decine di cristiani, in maggioranza convertiti dall’islam ma non mancano casi di assiro-caldei battezzati sin da piccoli, sono stati arrestati dalle autorità della Repubblica islamica in 11 diverse città. Oltre a quanti hanno lasciato la fede musulmana per il cristianesimo non mancano casi - almeno due accertati, ma potrebbero essere di più - di fermi e prigionia a carico di armeni iraniani, che professano la fede in Cristo sin dalla nascita. L’ondata di arresti (e di spionaggio) fra i cristiani è coincisa con una nuova repressione della comunità baha’i, che insieme ai convertiti cristiani è un gruppo religioso minoritario non riconosciuto da Teheran.

(Foto tratta dal sito articleeighteen.com)

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