23/06/2022, 11.07
AFGHANISTAN
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Terremoto a Khost: soccorsi e aiuti umanitari faticano ad arrivare

Il governo non è in grado di gestire un'altra crisi. Il nodo della tragedia resta lo stallo della comunità internazionale sull'invio di denaro a un Paese nelle mani dei talebani. Nel distretto di Gayan, quello più colpito, il 70% delle case è andato distrutto; alcune sono collassate anche a causa delle forti piogge. Difficile stimare il numero di persone che potrebbero ancora essere intrappolate sotto le macerie.

Kabul (AsiaNews/Agenzie) - Non bastavano in Afghanistan la fame, la povertà e la devastazione di decenni di guerra: ieri mattina le province sud-orientali di Khost e Paktika sono state colpite da un terremoto di magnitudo 6. Gli afghani che vivono nei villaggi rurali al confine con il Pakistan si sono svegliati verso le due di notte in mezzo alla devastazione totale: secondo valutazioni indipendenti nel distretto di Gayan, quello più colpito, il 70% delle case è andato distrutto. 

I talebani hanno comunicato che i morti sono almeno 1.000 e i feriti oltre 1.500. L’Ufficio delle Nazioni unite per gli affari umanitari (Ocha) ha confermato un numero minore di vittime, ma il bilancio è destinato a salire mentre gli aiuti e i soccorsi faticano ad arrivare. 

L'attuale governo di Kabul non sembra essere in grado di gestire la situazione e le immagini diffuse finora mostrano che la popolazione si sta arrangiando con barelle improvvisate, rifugi di fortuna e sepolture di massa. Alcune case, formate soprattutto di mattoni di fango, sono collassate in un secondo momento a causa della pioggia. Molte persone sono ancora intrappolate sotto le macerie. "Date le forti piogge fuori stagione e il freddo, i rifugi di emergenza sono una priorità immediata", hanno affermato i funzionari dell’Ocha.

Il portavoce dell'Emirato islamico dell'Afghanistan ha fatto appello alla comunità internazionale, ma quello degli aiuti continua a restare il grande nodo della tragedia. Dopo la riconquista talebana e il ritiro delle forze americane, il flusso di valuta estera che finiva nelle casse dello Stato afghano si è arrestato: gli aiuti internazionali rappresentavano quasi l’80% del budget nazionale. L'intero Paese è sprofondato nella povertà, quasi 20 milioni di persone - circa metà della popolazione - soffre oggi la fame acuta, le conquiste in termini di diritti umani sono state spazzate via. I talebani, che hanno posato il fucile per occupare gli uffici statali, non riescono a far fronte a una crisi umanitaria dietro l’altra: le posizioni di governo sono state affidate a fanatici religiosi o ex combattenti e i funzionari stranieri ancora presenti nel Paese ne ammettono l'incapacità di governo.

"Non possiamo raggiungere la zona. Le reti sono troppo deboli; stiamo cercando di ottenere aggiornamenti", ha detto alla Reuters Muhammad Ismail Muawiyah, portavoce del comanddo militare nella provincia di Paktika, riferendosi alle reti di telefonia mobile.

Le aree remote e montagnose colpite dal terremoto sono soggette a frane. Già prima dell’arrivo al potere degli "studenti coranici" gli operatori umanitari facevano fatica a raggiungere queste zone, anche a causa di decenni di guerriglia. Le province sud-orientali, roccaforti della rete Haqqani - la fazione più spietata e intransigente dei talebani - sono state in passato teatro di scontri e lo sviluppo economico non è mai arrivato: per forza di cose la popolazione è quindi povera e le abitazioni sono mal costruite.

Oggi il ministero degli Esteri della Corea del Sud ha promesso un milione di dollari di aiuti umanitari; il Pakistan, - che ha riportato 30 vittime - invierà un convoglio di 8 camion carichi di farmaci, tende e coperte. Il Qatar ha inviato un aereo e l'Iran due. Gli Stati Uniti e l’Unione europea hanno espresso su Twitter la loro vicinanza al popolo afghano, ma ancora faticano a gestire l’imbarazzo della situazione, perché l’invio di aiuti significherebbe collaborare con il governo dei talebani. Le Nazioni Unite hanno dichiarato che forniranno assistenza medica ma hanno anche aggiunto di non avere capacità di ricerca e soccorso in Afghanistan.

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