02/11/2016, 15.38
INDIA – VATICANO
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Vescovo di Vasai: i 500 anni della Riforma per rafforzare i legami con i luterani

di mons. Felix Machado*

“Dobbiamo ringraziare papa Francesco, che ha inaugurato una nuova fase nelle relazioni ecumeniche”. Capire il contesto storico in cui è avvenuta la Riforma. Non esiste ancora “una soluzione comune”, ma è stato aperto un cammino verso la “piena unità”. Non celebriamo la Riforma protestante, ma riscopriamo che la Chiesa è sempre da riformare.

Mumbai (AsiaNews) – “In quanto figli dell’era ecumenica nella Chiesa, dobbiamo  afferrare l’occasione dei 500 anni della Riforma protestante avviata da Martin Lutero come un’opportunità per noi, e servirci di essa per creare legami ecumenici più stretti con i luterani e gli altri [protestanti]”. Lo dice ad AsiaNews mons. Felix Machado, arcivescovo di Vasai e presidente dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche (Fabc). Sulla scia del viaggio “ecclesiale” di papa Francesco in Svezia, in occasione della commemorazione dei 500 anni della Riforma, l’arcivescovo sottolinea l’importanza di un “dialogo autentico che ha interesse per la verità”.

Accanto alle polemiche che hanno accompagnato il viaggio di Francesco tra i luterani, durante il quale è stata firmata un’importante dichiarazione comune, mons. Machado ritiene che la cosa più importante non sia fomentare la divisione, ma “ascoltare e riconoscere la verità dell’altro, ammettere la propria debolezza e in maniera coraggiosa e paziente affermare la verità nella carità”. Di seguito il messaggio dell’arcivescovo.

Il prossimo anno si compiranno i 500 anni dalla Riforma protestante (1517-2017). Martin Lutero, nato il 10 novembre 1483, diede inizio alla Riforma. Cosa abbiamo a che fare noi cattolici con questo evento? Possiamo farlo passare come se non avessimo niente da dire e niente da fare? Quanto avvenuto nel 16mo secolo è stato solo il risultato di un dramma personale in una vita individuale, quella di Martin Lutero? Cosa lo ha condotto a questa “esplosione luterana”? Perché Lutero, finalmente in pace, ha dichiarato che “solo la giustificazione della fede in Gesù Cristo può salvarci, mentre le nostre opere non sono altro che i nostri peccati”? Da quel momento Lutero ha costruito l’intera “Verità della fede cristiana” sul principio unico della Parola di Dio. Diventando un riformatore, Martin Lutero ha guidato un immenso movimento religioso e così la sua ansia personale ha causato scossoni nell’intero mondo cristiano.

Voglio presentare ai lettori ciò che io stesso ho imparato dai cardinali Yves Marie Congar – mio professore, che ricordo con gioia – e Walter Kasper – mio amico e collaboratore in Vaticano.

Può essere interessante domandarci in che periodo storico è nato Martin Lutero. Purtroppo era un tempo di grandi mali nella Chiesa, e più di tutti il fatto che la religiosità stava diventando mediocre e superficiale. Serviva una riforma dai vertici fino all’ultimo membro della Chiesa. Lo Scisma d’Occidente (1378-1417) aveva profondamente danneggiato il papato ed esistevano allo stesso tempo tre papi, l’uno che scomunicava l’altro. C’era una grande confusione nel mondo teologico, soprattutto nella dottrina della grazia. Nel 15mo secolo c’era stato l’inizio di una “nuova era”, con la scoperta del nuovo mondo da parte di Vasco de Gama e Colombo. Lutero è nato a cavallo delle due ere: quella medioevale e quella moderna. Egli di sicuro è stato l’uomo della sua epoca, non della nostra. Era un tempo di crescita e decadenza. C’era anche stato un tentativo di riformare la Chiesa cattolica prima della riforma di Lutero. Da studente, Martin Lutero aveva conosciuto una “nuova religiosità” (devotio moderna), di cui era stato protagonista Giovanni Taulero (1361) in Germania. C’era già stato interesse verso la Bibbia prima ancora che Lutero intraprendesse il suo lavoro con la Riforma protestante. Si deve notare che Lutero non era entrato in un ordine religioso decaduto, ma era entrato nell’ordine riformato degli eremiti agostiniani di Erfurt. Egli crebbe sotto l’influenza di Bernardo di Chiaravalle. Pertanto il giovane Lutero fu un ardente cattolico pieno di desiderio di riforma. È stato anche influenzato da Erasmo da Rotterdam (1536), che aveva diffuso le idee dell’Umanesimo cristiano e non lesinava critiche a cristiani bigotti, monaci ipocriti e papi corrotti.

Oggi, in quanto figli dell’era ecumenica nella Chiesa, dobbiamo considerare e afferrare l’occasione dei 500 anni della Riforma protestante avviata da Martin Lutero come un’opportunità per noi, e servirci di essa per creare legami ecumenici più stretti con i luterani e gli altri [protestanti]. Lo stesso Lutero non era una persona ecumenica, nel senso in cui noi oggi intendiamo l’ecumenismo; e non lo erano neanche i suoi avversari del tempo. Entrambi erano inclini a polemiche e controversie. Dal momento che Martin Lutero aveva notato che i papi e i vescovi rifiutavano di effettuare la riforma – ed era convinto di una sua assoluta necessità – egli decise di portarla avanti, avendo piena fiducia che la verità evangelica si sarebbe imposta da sola e lasciò le porte aperte per una possibile riforma. A tutto ciò si deve aggiungere che a quel tempo, da parte cattolica, non esisteva una singola struttura ecclesiastica armonica (esistevano solo approcci e una sorte di dottrina sulla gerarchia) a fronteggiare la sfida di colui che era stato chiamato a riformare.

Il movimento ecumenico di oggi ha aperto un po’ di più le porte. Ora controversie e polemiche sono state sostituite dal dialogo cordiale e amichevole. Ovviamente il dialogo non significa gettare il bambino insieme all’acqua sporca. Un dialogo autentico ha interesse per la verità, è uno scambio di doni. Pertanto la cosa più importante è ascoltare e riconoscere la verità dell’altro, ammettere la propria debolezza e in maniera coraggiosa e paziente affermare la verità nella carità.

A distanza di 50 anni, il Concilio Vaticano II non è stato ancora “recepito” (l’accoglienza non è completa). Dobbiamo ringraziare papa Francesco, che ha inaugurato una nuova fase nelle relazioni ecumeniche. Egli sottolinea “l’ecclesiologia del popolo di Dio in viaggio (pellegrinaggio)”; spiega il significato della fede della Chiesa per il popolo di Dio; esplora le strutture sinodali della Chiesa per continuare il viaggio; corre dei rischi e percorre nuovi approcci per collaborare con gli altri, anche se sa bene che l’obiettivo della reale unità sembra ancora lontano. Papa Francesco non immagina l’unità della Chiesa come cerchi concentrici attorno al “Centro di Roma”, ma come una realtà sfaccettata; non un enigma da risolvere dall’esterno, ma un insieme che riflette la luce di Cristo. Ancora una volta papa Francesco ha ripreso il concetto di “diversità riconciliata” (cfr. O. Cullman). In Evangelii Gaudium (2013) il Santo Padre ci invita alla conversione, non come cristiano singolo ed individuale, ma come conversione dell’episcopato insieme con il primate. È qui che troviamo il contributo di Martin Lutero che spinge a riprendere il nostro dialogo, vale a dire il suo appello al Vangelo di grazia e misericordia e l’invito alla conversione e al rinnovamento. Non solo non abbiamo ancora ultimato “l’accoglienza” del Concilio Vaticano II, ma non abbiamo raggiunto nemmeno la fine della “storia dell’accoglienza” della Riforma protestante (dei luterani e delle altre Chiese protestanti).

A differenza di Zwingly, Martin Lutero è rimasto assolutamente fedele alla comprensione reale dell’Eucaristia, comprensione che non può essere bloccata in maniera rigida in una religione di pura interiorità. Lutero ha aperto anche alla questione della successione storica dell’episcopato. Perciò se vogliamo comprendere Martin Lutero, non dobbiamo fare riferimento solo alle polemiche e alle dispute, ma dobbiamo guardare anche l’altra faccia. Dobbiamo e possiamo riprendere la questione – fondamentale per il bene dell’ecumenismo – della comprensione della relazione tra la Chiesa, il clero e l’Eucaristia (cfr. Catholic Conference of Bishops of USA and Lutheran Church in USA: Declaration on the Way. The Church, Ministry and Eucharist, 2015).

I vari scritti di Martin Lutero indicano una sua tendenza mistica. Dobbiamo prendere sul serio quegli scritti. Martin Lutero si distingue per gli scritti mistici, non solo da giovane, ma anche da deciso riformatore. Questo può aprirci al dialogo che arricchisce entrambi. In effetti l’unità e la riconciliazione non provengono dalla mente, ma dal cuore, dalla devozione personale praticata nella vita quotidiana e nell’incontro con le persone oltre i propri confini. Abbiamo bisogno di un ecumenismo cordiale e accogliente, invece che freddo e rigido; dobbiamo essere pronti a imparare dall’altro. Solo in questo modo la Chiesa cattolica potrà realizzare in modo concreto e pieno la sua “cattolicità”. Non abbiamo ancora una soluzione comune, ma è stato aperto un cammino verso la piena unità.

Il più importante contributo di Martin Lutero al dialogo ecumenico è nel suo originale orientamento per il Vangelo di grazia, la misericordia di Dio e l’appello alla conversione. Il messaggio di misericordia di Dio è stato la risposta alla sua personale ricerca, problemi ed esigenze. La verità è che solo la misericordia di Dio può guarire le profonde ferite che le divisioni hanno causato al corpo di Cristo e alla Chiesa. La misericordia di Dio può trasformare e rinnovare i nostri cuori, e così potremo essere ben disposti alla conversione. Attraverso la grazia di Dio possiamo crescere e perdonare reciprocamente le ingiustizie del passato. Così saremo utili al cammino verso l’unità nella “diversità riconciliata” (cfr. papa Francesco, conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, 25 gennaio 2016).

Non dobbiamo perdere di vista la visione escatologica. A Martin Lutero viene attribuita la frase: “Anche se sapessi che domani il mondo finirà, io pianterò un germoglio di mele nel mio giardino”. Colui che pianta un piccolo albero, coltiva molta speranza; noi abbiamo anche bisogno di pazienza. Dobbiamo andare alle origini e alle radici (ad fontes et ad radices). Oggi abbiamo bisogno di ecumenismo spirituale nella lettura comune delle Scritture e nella preghiera comune. Non possiamo “produrre” l’ecumenismo di noi stessi. Non possiamo organizzare l’ecumenismo o pretendere noi stessi di imporlo. L’ecumenismo è dono di Dio nello Spirito Santo. Lo Spirito di Dio ha iniziato il lavoro di unità. Egli lo porterà a compimento, non l’unità che noi vogliamo, ma quella che Egli vuole. Il piccolo germoglio deve crescere molto. Ciò significa che dobbiamo consentire l’unità di una grande riconciliazione multipla e dare al mondo di oggi una testimonianza comune di Dio e della sua misericordia.

Oggi l’unità dei cristiani è più vicina di quanto non fosse 500 anni fa. Non dobbiamo pensare a noi nel 2017 come se fossimo ancora nel 1517! Quello è stato il momento sfortunato della separazione. Fortunatamente oggi siamo sulla via dell’unità. Continuiamo il viaggio con coraggio e pazienza. Il 2017 è un’opportunità sia per i protestanti che per i cattolici. Dobbiamo sfruttare questo momento di grazia di Dio. Dobbiamo dare al mondo una testimonianza comune. Facciamolo con la grazia e la misericordia di Dio.

Tra i cattolici in Asia, come in altre parti del mondo, vi è la tendenza a pensare che Lutero sia stato un problema e la Riforma protestante qualcosa di malvagio. Il fatto che la Chiesa si sia divisa è una storia triste. Ma bisogna comprendere le circostanze e la storia. Non vi è alcun tentativo di legittimare la riforma, ma allo stesso tempo non si possono negare le cose positive che da essa sono emerse.

Questa è la ragione per cui, nonostante la tristezza della divisione, dobbiamo riconoscere il buono che è emerso. Ora dobbiamo lavorare per la riconciliazione e l’unità della Chiesa. Gli sforzi del dialogo tra luterani e cattolici stanno portando frutti. Il documento sulla Giustificazione ne è la prova.

In Asia non abbiamo sentito l’impatto di tale riforma perché molte Chiese sono giunte nei Paesi asiatici solo di recente (dopo la Riforma protestante) e pertanto qui il problema non è avvertito come in Europa. Non c’è grande entusiasmo per la celebrazione dei 500 anni della Riforma protestante. Allo stesso tempo non si deve pensare in modo errato che vogliamo “celebrare” la Riforma protestante. Al contrario, in quanto cattolici, vogliamo cogliere l’opportunità di promuovere l’unità delle Chiese. Molto di ciò che si chiedeva nella Riforma è avvenuto e sta avvenendo. Perciò ora le Chiese non devono essere compiaciute di quello che è avvenuto 500 anni fa. Sforziamoci di vivere il mistero della Chiesa come “ecclesia semper riformanda est” (L'unica Chiesa di Cristo vive sempre nella riforma).

*arcivescovo di Vasai

(Ha collaborato Nirmala Carvalho)

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