02/03/2016, 11.07
COREA
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Corea, la tensione fra Nord e Sud condanna a morte 1.500 malati di tbc

I rapporti fra Seoul e Pyongyang sono al livello peggiore dai tempi della separazione della penisola. Le provocazioni militari del regime dei Kim e l’intolleranza cieca dell’amministrazione Park tagliano ogni ponte di dialogo. A farne le spese sono i cittadini nordcoreani, soprattutto quelli più vulnerabili. Centinaia di malati di tubercolosi non potranno ricevere le cure di una Ong cristiana perché la politica non firma i permessi necessari all’invio dei medicinali. Si teme una strage.

Seoul (AsiaNews) – Le provocazioni militari del regime di Pyongyang e la cieca intolleranza del governo conservatore sudcoreano stanno condannando a morte centinaia di nordcoreani malati di tubercolosi. Dopo l’aggravarsi delle relazioni bilaterali e l’interruzione di ogni canale di dialogo, infatti, Seoul sembra non voler concedere alla Fondazione Eugene Bell il permesso di inviare il regolare carico di medicinali destinati ai sanatori della parte Nord. I circa 1.500 pazienti seguiti dalla Ong rischiano dunque l'interruzione delle cure, la possibilità di infettare i propri familiari e la morte.   

Uno dei volontari che opera all’interno della Fondazione spiega ad AsiaNews che la situazione è disperata: “Lo scontro fra i due governi verrà pagato dalla parte più vulnerabile della popolazione civile. Rischiamo di assistere impotenti a una strage annunciata e senza senso. Motivata tra l’altro soltanto dalla politica: è vero che la situazione in Corea è tesa, ma di certo non al punto da poter impunemente condannare a morte degli ammalati soltanto in nome dell’intransigenza”.

La tensione fra le due Coree è esplosa all’inizio di febbraio con una serie di provocazioni militari che hanno portato alla chiusura del complesso industriale inter-coreano di Kaesong. Insieme ai tour sul monte Kumgang, alla “linea rossa” telefonica diretta e al “villaggio della pace” di Panmunjon, il complesso è stato per anni uno dei pochi ponti fra le due nazioni. Nonostante le relazioni siano state sempre altalenanti, non è mai successo che tutti i punti di contatto venissero interrotti contemporaneamente.

Per tenere il punto, il governo conservatore guidato da Park Geun-hye ha fatto capire che non permetterà più alcun interscambio – compresi quelli umanitari – fino alla capitolazione di Pyongyang e al suo impegno a rinunciare al programma nucleare e missilistico. E ha quindi bloccato il permesso di esportare i medicinali al Nord che da circa 20 anni veniva concesso con cadenza regolare alla Fondazione Eugene Bell.

L’attività della Fondazione si snoda su due binari. Da una parte c’è l’invio dei medicinali necessari alle cure continuate e continuative dei malati di tbc; dall’altra la gestione di diversi centri dedicati ai casi più gravi. I centri gestiti dalla Fondazione – racconta ad AsiaNews p. Gerard Hammond, missionario che ha dedicato la vita alla Corea – “al momento sono 11, ma il governo ci ha concesso la possibilità di costruirne altri cinque. Ognuno di questi può ospitare fino a 20 malati di tubercolosi”.

Il p. Hammond lavora da circa 25 anni con la Corea del Nord. Superiore regionale dei missionari Maryknoll, ha compiuto più di 50 viaggi nel Paese: nel 2014 ha ottenuto la cittadinanza sudcoreana, un onore rarissimo per un occidentale, proprio in considerazione del suo impegno umanitario e cattolico. Anche la Eugene Bell ha una lunga storia di aiuti al Nord. Nata nel 1995 per volontà di Stephen Linton, comprende una delegazione che due volte l'anno (di recente salite a tre) può visitare alcune zone della Corea del Nord.

Oltre a p. Hammond, della delegazione fanno parte diversi sacerdoti: “Non ci nascondiamo e non truffiamo nessuno. Io celebro la messa in Corea del Nord, certo all’interno dell’ambasciata polacca, ma sempre comunicandolo al governo”. Il Paese ha circa 22 milioni di abitanti, di cui la metà sotto la soglia della povertà. La tubercolosi, come spiega p. Hammond, "si propaga per via aerea e colpisce coloro che soffrono di malnutrizione o di generica debolezza organica. Stiamo cercando di fare il possibile per fermare il contagio”.

Lo stop imposto da Seoul rischia di vanificare tutti questi sforzi. Oltre al disastro immediato per i malati in cura, infatti, il rischio è che vada in frantumi il clima di fiducia e di collaborazione che la Fondazione e i suoi membri hanno con fatica costruito in questi decenni con il governo di Pyongyang.

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