01/06/2018, 11.27
VIETNAM-VATICANO
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Il campo di lavoro di mons. Marek Zalewski il nuovo nunzio per Hanoi

di J.B. An Dang

L’arcivescovo polacco è anche il nuovo nunzio a Singapore e succede a mons. Leopoldo Girelli. Mons. Joseph Nguyễn Chí Linh sulle relazioni tra Stato e Chiesa: “Vi sono ostacoli tra il governo e la comunità cattolica che non sono stati ancora rimossi”. Le restrizioni alla libertà religiosa e le dispute sulla terra sono tra le principali difficoltà che la Chiesa incontra in Vietnam.

Hanoi (AsiaNews) – Lo scorso 21 maggio, papa Francesco ha nominato l’arcivescovo polacco Marek Zalewski (foto 1) nunzio a Singapore e rappresentante non residente della Santa sede in Vietnam. Mons. Joseph Nguyễn Chí Linh (foto 2), arcivescovo di Huế e presidente della Conferenza episcopale vietnamita (Cbcv), ha accolto con favore la decisione. “L'arcivescovo Leopoldo Girelli ha concluso il suo mandato come rappresentante del Vaticano nel settembre 2017 e sono convinto che tutti i cattolici della nazione attendevano con ansia la sua sostituzione”, afferma il prelato. Con riferimento all'ex inviato papale, l'arcivescovo Joseph Nguyễn osserva: “Ero consapevole del fatto che il desiderio più ardente nell’incarico di Sua Eccellenza era poter elevare il rapporto tra la Santa Sede ed il Vietnam ad un livello superiore”.

“L'arcivescovo Girelli – prosegue mons. Nguyễn Chi Linh – consultava con regolarità la Conferenza episcopale vietnamita su ogni questione, dalla più grande alla più piccola, riguardante la Chiesa, ogni diocesi e ciascuna congregazione. In base ai regolamenti del governo vietnamita, il rappresentante non residente della Santa Sede può trattenersi nel Paese solo per un mese. Egli si è sempre attenuto con precisione alla regola diplomatica. Allo stesso tempo, come pastore, noncurante delle distanze o delle condizioni stradali, ha raggiunto parrocchie in aree remote ed isolate, visitando i diseredati e gli sfortunati, a prescindere dalla loro religione, per condividere amore”.

Riferendosi alla possibilità di una normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e il Vietnam, l'arcivescovo di Huế dichiara: “A partire dal 1957 nel Nord e dopo il 1975 nel Sud, il governo vietnamita non ha mantenuto rapporti con il Vaticano, cosa che avveniva invece con i precedenti regimi politici. Ma secondo gli accordi bilaterali, quando si presenta la necessità, una parte può inviare all'altra una delegazione per negoziare o scambiare informazioni. Dal 2011 alla Santa Sede è concesso di nominare un rappresentante in Vietnam, ma solo con uno status non permanente, cioè, ad un livello diplomatico più basso”.

“La storia recente del popolo vietnamita è complicata, resa tale della mentalità della guerra fredda, ancora radicata a fondo nelle menti di molti cittadini. Ciò è dovuto anche al fatto che le menti delle persone non sono all'unisono e alla pressione proveniente dall'Asia orientale e meridionale. I rapporti tra Vietnam e Santa Sede sono stati istituito in un contesto molto difficile, quindi non sorprende che incontrino molti ostacoli”, afferma il prelato. “Al momento – continua – uno degli obiettivi politici fissati dal governo è quello di promuovere l'integrazione del Paese nella comunità internazionale. Penso che le relazioni con la Santa Sede potranno migliorare, se le autorità vietnamite integreranno anche le loro posizioni diplomatiche, come avviene nella maggior parte degli altri Paesi del mondo”.

Il presidente della Cbcv affronta anche il tema delle restrizioni alla libertà religiosa, che la Chiesa vietnamita si trova ancora ad affrontare. “Di fatto, vi sono ancora molte limitazioni, soprattutto nel campo della nomina dei vescovi. Secondo l'accordo tra Santa Sede e governo del Vietnam, la proposta dei vescovi è un diritto del Vaticano, ma lo Stato può rifiutarla o approvarla. In passato, si trattava di una questione piuttosto difficile, ma devo riconoscere che oggi il compito più difficile è la nomina degli arcivescovi di Hanoi e Saigon. Nelle diocesi rurali, poiché le due parti sono diventate più sensibili l'una verso l'altra, la nomina dei vescovi è diventata piuttosto facile rispetto a prima”.

“Vi sono ostacoli tra il governo vietnamita e la comunità cattolica che non sono stati ancora rimossi: ad esempio, la comunità cattolica fino ad oggi non è stata autorizzata a promuovere il proprio coinvolgimento in attività sanitarie, educative o sociali a livello nazionale. Rispetto al periodo delle riforme, molte attività religiose sono in parte consentite, come le celebrazioni, le ordinazioni e le attività di costruzione. Tuttavia, speriamo che il governo continui ancora ad accelerare il processo di autorizzazione su una scala sempre più ampia”, dichiara mons. Nguyễn.

La questione spinosa più attuale sono le dispute sulla terra tra la Chiesa e il governo. “La terra è un argomento caldo – afferma l’arcivescovo di Huế – Non solo per la Chiesa in Vietnam, ma anche per molte altre componenti sociali. Le statistiche ufficiali mostrano che ben il 73% dei reclami riguardano la terra e l'abitazione. Ovviamente, su questioni relative alle proprietà della Chiesa, la Conferenza episcopale ha la responsabilità di parlare in un certo modo. Il problema è: come parlare e con chi? Penso che rivolgersi al pubblico e ai media sia un problema molto delicato. Senza un'adeguata considerazione, può rovinare le relazioni e le convinzioni. I cattolici sono sia cristiani che cittadini vietnamiti. Essere allo stesso tempo fedeli ad entrambi gli status in una società monolitica come il Vietnam non è una questione semplice. Ciononostante, la Conferenza episcopale deve prendere una posizione che deve esternare quando è necessario, parlare apertamente ma con delicatezza. Voglio dire, la sua voce deve essere ascoltata e riconosciuta come il messaggio di una comunità ben intenzionata che vuole costruire, migliorare, non attaccare e causare incomprensioni”.

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