19/12/2017, 13.21
ITALIA-BANGLADESH
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Le suore missionarie non esistono?

di Franca Nava

Suor Franca Nava, storica segretaria di p. Piero Gheddo, lancia una sfida: si parla e si pubblica troppo poco delle suore missionarie. La cosa è avvenuta anche in occasione della visita del papa in Bangladesh. Il racconto della partenza per il Bengala e degli anni di missione delle Missionarie dell’Immacolata, “gli asinelli che portano Gesù”.

Milano (AsiaNews) - La visita di Papa Francesco in Myanmar (26-30 novembre 2017) e in Bangladesh (30 novembre-2 dicembre 2017) ha suscitato un certo interesse sui mass media internazionali. Ma non era ancora successo che una suora missionaria contestasse la stampa e i siti internet, sul come hanno presentato l’avvenimento, dimenticando le suore missionarie.

Pochi giorni dopo il ritorno di papa Francesco in Vaticano, ricevo la mail di suor Franca Nava, Missionaria dell’Immacolata (le suore del Pime, nate nel 1936), infermiera caposala, specializzata in ginecologia e in leprologia. Ha lavorato in Bengala (Bangladesh dal 1972) e poi in India. Tornata in Italia per gravi mali fisici nel 1973, nello stesso anno divenne la mia segretaria, quando ero direttore di “Mondo e Missione”; e poi negli altri compiti che ho svolto per il Pime fino ad oggi. Ho 88 anni e sono ricoverato in una casa di cure e di riposo. Suor Franca ha ereditato il mio grande ufficio e continua il suo lavoro al mio servizio. Nell’ottobre 2017 ha compiuto 96 anni. L’ho definita “il bastone della mia   vecchiaia”. Ecco la sua lettera.

Piero Gheddo

 

 

Carissimo Padre Piero, molte grazie della lettera che ha scritto e del materiale internet di siti cattolici che mi ha mandato sulla visita di papa Francesco in Bangladesh. Bella davvero la Chiesa del Bangladesh, la mia prima missione. La mia partenza per la missione avvenne con una strana destinazione. Erano state destinate 4 suore per il Bengala, ma all'ultimo momento una si era ritirata. Io purtroppo non ero fra le partenti. Passai la visita da tre specialisti ma da tutti lo stesso verdetto: “La Tbc è sempre presente, anche se clinicamente la suora è migliorata, non è prudente mandarla in missione”.

Ma il Signore ha le sue vie: in Bangladesh avevano bisogno di 4 suore e per di più di un’infermiera. Era l'agosto 1948, arriva mons. Balconi (già Superiore generale del Pime, che aveva ispirato la nascita della Congregazione femminile missionaria), e mi fa chiamare. Nessun preambolo, mi chiede: ”Se ti si manda in missione hai paura di morire di Tbc?”. Rispondo: “Tutt'altro, l'unica paura è di non partire”. Nell'età giovanile non si fanno certi conti: morire a 28 anni o a 58 che differenza fa? “Ebbene, mi dice Monsignore, se parti volentieri, il Signore ti aiuterà e resisterai”. Così infatti è avvenuto.

Mi spiace che non si parli delle suore, gli asinelli che portano Gesù. Si parla dei missionari uomini, vescovi, preti, fratelli, le suore missionarie sono citate al fondo, senza raccontare le loro storie. Ma in Cielo vedremo tante luminosissime stelle, sono le eroiche e sante Missionarie dell'Immacolata, e parlo solo delle mie consorelle che ho conosciute. Eravamo davvero povere, non avevamo nulla da mangiare, oltre al misero cibo dei tribali bengalesi. All’inizio, per mangiare carme, ci arrampicavamo sulle piante alla ricerca dei nidi di uccelletti e prendere quei poveri pulcini. Noi ci siamo salvate con le banane, frutto nutriente. Suor Teresa Galleani, arrivata in Bengala giovanissima, non poteva mangiare banane, mangiava quasi solo riso bollito, guadagnandosi una cirrosi epatica per mancanza di proteine ed è andata in Paradiso giovanissima, sorridendo alla vita.

Attualmente, al Boschetto nella Casa delle ammalate a Monza, ve ne sono 5 con gravi malattie e sofferenze, dopo una vita interessante di missione. Stanno aspettando allegramente di volare in Paradiso. Ma chi racconterà le loro storie, per far capire la bellezza e felicità della vocazione missionaria?

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